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ROMA - Ricordate la Mercedes 190? Nacque all’inizio degli anni 80 del secolo scorso con l’obiettivo, ardito per l’epoca, di conquistare un target molto più giovane rispetto a quello tradizionale della Stella: conservava la classica configurazione di berlina tre volumi, ma era di dimensioni compatte, più piccola delle sue progenitrici. Insomma, molto prima della Classe A si proponeva come una sorta di baby Benz adatta a diffondere il marchio tedesco in un segmento di mercato fino ad allora inesplorato. L’operazione ebbe successo. E in seguito incoraggiò la Mercedes a intraprendere una strada ancor più rischiosa: trasformare l’entry level della gamma in una sportiva ad alte prestazioni.
Nacquero così, in seguito, le evoluzioni più ardite, in alcuni casi spregiudicate, della “piccola” Mercedes. Motori, assetti, aerodinamica, tutto veniva rivisitato in funzione della sportività e delle prestazioni, fino ad approdare nel 1990, giusto 30 anni fa, alla 190 E 2.5-16 Evolution 2, lo step più evoluto e potente della prima Baby Benz high performance della Stella: un modello che trova molte analogie, per dimensioni, stile e “vocazione”, nelle versioni più potenti dell’attuale CLA e della Classe A Sedan firmate AMG, la factory di Affalterbach che si occupa del DNA sportivo della Casa di Stoccarda.
Le attuali sportive sono però auto prodotte in numero ridotto ma non circoscritto a una tiratura limitata; la EVO 2, come venne subito ribattezzata la sportiva dell’epoca, fu realizzata invece in soli 502 esemplari. Erano verniciati tutti dello stesso colore, blu-nero metallizzato, e sotto al cofano ruggiva il più potente quattro cilindri con la Stella di quei tempi: un 4 cilindri da 235 cv, che rappresentò la base di partenza per le auto da corsa impiegate nel DTM, il campionato velocità Turismo tedesco che all’epoca valeva come un campionato europeo.
Il segno di riconoscimento più vistoso di quell’auto era l’ala posteriore: un’appendice aerodinamica di dimensioni ragguardevoli, che regalò alla Mercedes una riconoscibilità paragonabile forse soltanto a quella della 300 SL Gullwing, l’auto con l’apertura delle portiere ad ala di gabbiano. Quell’alettone così grande fu sviluppato dall’ingegnere aerodinamico Rudiger Faul assieme al professor Richard Läpple dell’Università di Stoccarda. Faceva parte di un progetto mirato ad ottimizzare la deportanza stabilizzante sull’asse posteriore, ma non solo: anche le bandelle laterali e le appendici anteriori rientravano nel piano di ottimizzazione dell’aerodinamica. E infatti la deportanza massima dell’EVO 2 arrivava fino a 57,1 chilogrammi sull’asse posteriore; fino a 21,2 sull’anteriore.
Altro valore aggiunto della 190 EVO 2 fu l’incremento di potenza del motore, l’ultimo progettato nel reparto di sviluppo della Mercedes-Benz prima che il lavoro sui propulsori prestazionali venisse delegato alla AMG. “Tutto ciò – tengono a ricordare in casa Mercedes – ha fatto da banco di prova utile per il trasferimento alla produzione di serie di soluzioni sperimentate in gara, nel campionato DTM dell’epoca”.
Le vetture da corsa derivate dalla 190 E 2.5-16 EVO 2 rispettarono pienamente le aspettative che la loro immagine aggressiva quanto vistosa prometteva. Basti dire che nella stagione 1992 i piloti Mercedes al volante della EVO 2 vinsero ben 16 gare del DTM su un totale di 24 e che l’immagine della Mercedes, in precedenza fortemente ancorata a quella delle berline grandi, comode e lussuose, acquistò una freschezza giovanile fino ad allora sconosciuta.
Per il 2020 era stato programmato di celebrare a Ginevra i 30 anni della Mercedes 190 EVO 2, schierando nel mega stand del Salone svizzero la storica progenitrice della sportività accanto alle attuali Mercedes CLA e CLA Sedan negli allestimenti AMG, auto concepite per esaltare la guida sportiva in due diverse declinazioni, e con due diversi livelli di potenza: 387 e 421 cavalli nella versione S. Di più: se non fosse stato cancellato, il Salone svizzero avrebbe ospitato anche la versione A35 AMG da 306 cv. Ma il Coronavirus ha fermato tutto. Rinviati a fine quarantena una visita agli showroom e, magari, un test drive al volante delle eredi della mitica 190 EVO 2.