POTENZA PICENA - La terza edizione del Memorial Scarfiotti (grande pilota di Osca, Ferrari, Cooper, Eagle e Porsche morto in un incidente in prova l’8 giugno del 1968) ha dedicato un intero weekend al ricordo dell’ultimo vincitore italiano del Gran Premio d’Italia, ma soprattutto alla “riscoperta” della figura di Elio de Angelis, pilota romano di grande valore morto il 15 maggio 1986 per le conseguenze di un incidente sulla pista francese del Paul Ricard durante un test al volante della Brabham BT55.
“Elio De Angelis, la velocità nel sangue, l’arte e lo stile nell’anima”. Questo il titolo dato all’happening della memoria svoltosi a Potenza Picena, nel cuore delle Marche, con la partecipazione di alcuni piloti come Emanuele Pirro e Beppe Gabbiani e testimoni di prima fila come Pino Allievi, firma storica della Gazzetta, Nestore Morosini (del Corriere), Ezio Zermiani, Lino Ceccarelli e Gianfranco Palazzoli, indimenticabili volti e voci della Rai.
Significativa la partecipazione di Clive Chapman, figlio del fondatore della Lotus, il mitico Colin, il quale ha tenuto a sottolineare il forte legame che aveva con De Angelis. «Quando mio padre lo assunse, io ero un ragazzo di 18 anni ed Elio divenne ben presto mio grande amico. Mi presentò anche la ragazza che è poi diventata mia moglie e di lui conserverò sempre il ricordo di un grande pilota e di un uomo leale e sensibile. Non dimenticherò mai la prova di attaccamento a noi quando decise di rimanere in squadra dopo la morte di mio padre».
Proprio come lo ha descritto Chapman junior, Elio era, al di là del pilota di valore, un ragazzo dal tratto signorile, di grande charme. Un ragazzo di buona famiglia (il padre Giulio, costruttore, era stato campione di motonautica) che sapeva dominare un bolide da 300 e passa km/h, ma amava anche la musica classica e suonava magnificamente il pianoforte. Si era promesso a Ute, splendida ragazza tedesca, che lo seguiva in giro per il mondo. Dopo la morte del compagno, lei si dedicò al giornalismo e un giorno tornò in Italia, a Napoli, per intervistare Diego Armando Maradona, che del pilota romano era stato tifoso e amico e con lui aveva disputato anche una partita di beneficenza al San Paolo.
Il momento più emozionante è stato quando sono state scaricate dal bilico proveniente dalla Gran Bretagna e messe in moto le monoposto di F1, la Lotus 91 con cui Elio vinse il GP d’Austria del 1986, e la Lotus 88 del 1981: un’auto, quest’ultima, di straordinario interesse storico, essendo rimasta una sorta di “fantasma” in quanto proibita dalla federazione per via del doppio telaio. Indossati casco e tuta, Pirro l’ha guidata dando spettacolo lungo il rettilineo del corso principale di Potenza Picena, dove la famiglia Scarfiotti conserva legami profondi e può contare sulla collaborazione dell’amministrazione comunale per organizzare il Memorial. All’edizione 2017 ha collaborato attivamente anche la famiglia De Angelis, visto che Luigi Scarfiotti ha voluto dedicare la manifestazione alla figura di Elio, ricordato come “un grande campione che ha avuto dalle corse meno di quanto avrebbe meritato”.
Lungo le strade cittadine adattate a palcoscenico rombante, tra due ali di folla incredula e festante, si sono esibiti anche Beppe Gabbiani e il collezionista svizzero Giacomo Talleri, al volante della Chevron B38 e della Ralt Rt1 motorizzate Toyota con cui Elio De Angelis aveva gareggiato in Formula 3, ottenendo numerosi prestigiosi successi, tra i quali le vittorie a Monza nel 1977 e a Montecarlo l’anno dopo.
A completare l’esibizione, anche il passaggio, nel ruolo di “apripista”, della Porsche 928 che Elio utilizzava come auto personale. Nell’occasione l’ha guidata il fratello Roberto, che per questo evento celebrativo si è speso molto, con l’obiettivo di riaccendere sulla figura di Elio luci rimaste per troppo tempo spente, oppure oscurate da una immagine distorta: l’immagine di un giovane privilegiato, sostenuto dagli aiuti economici del padre, che nella parte iniziale della carriera lo aveva messo in condizione di acquistare le auto migliori spingendolo fino alla Shadow di F1.
In proposito, Nestore Morosini ha ricordato un episodio significativo. «Quando Elio, nel ‘77, vinse il Gran Premio Lotteria a Monza, con la Formula 3, il Corriere pubblicò un titolo che diceva più o meno così: “Un miliardario vince la lotteria”. Anni dopo, quando ormai era un pilota affermato in Formula 1 e vinse il Gran Premio d’Austria con la Lotus, me lo rinfacciò, dicendomi che non me l’aveva mai perdonata. Appartenere a una famiglia benestante – mi disse – non mi ha impedito di applicarmi per diventare un professionista capace di conquistarsi un posto in una squadra come la Lotus, dove ho guadagnato sufficientemente per restituire a mio padre tutto ciò che mi aveva dato a inizio carriera. Mi vergognai un pò» ha ammesso l’ex inviato speciale del Corriere, riconoscendo a Elio qualità professionali e umane fuori del comune.
Un altro episodio lo ha ricordato Ezio Zermiani. «Per celebrare degnamente, con una intervista a caldo, la vittoria di Elio a Zeltweg, m’intrufolai sul podio facendomi lanciare il microfono da un operatore che era rimasto di sotto. Ma fui scoperto dagli addetti alla sicurezza e scaraventato giù. Per fortuna l’altezza non superava il metro e mezzo e me la cavai, ma Elio s’infuriò e cominciò a menare gli energumeni che mi avevano buttato di sotto. Lui era così, un amico gentile, spontaneo, generoso. Mi disse anche di non preoccuparmi delle critiche di certi giornali, che mi accusavano di deconcentrare i piloti sulla griglia di partenza. Se noi ti diamo l’ok significa che non c’è problema. Nelson Piquet – ha aggiunto Zermiani – lo capì talmente bene che le interviste in griglia diventarono un abituale piccolo show pre gran premi».
Ciò che non digerì mai Elio fu la rivalità con Ayrton Senna all’interno del team Lotus, dopo la morte di Chapman. In proposito, il fratello Roberto ha raccontato: «Ducarouge favoriva platealmente il brasiliano, facendo in modo che accumulasse pole position una dopo l’altra. Era una scelta che faceva apparire Elio più lento in qualifica. Ma noi sapevamo quanto forte fosse mio fratello, visti anche i precedenti con Nigel Mansell, che prima di approdare in Ferrari soffrì non poco la rivalità interna con Elio. Ma Nigel fu sempre corretto. Senna, invece, quando la Renault affidò a Elio un nuovo motore sperimentale, dunque tutto da scoprire per rendimento e affidabilità, ci affrontò nei box urlando “mafiosi italiani”».
Nato il 26 marzo del 1958, Elio De Angelis avrebbe compiuto 60 anni l’anno prossimo. Invece la sua vita fu stroncata ad appena 28 anni, nell’incidente sul circuito francese di Le Castellet, al volante della Brabham BT55: un’auto poco sicura, che tuttavia il pilota romano volle testare chiedendo a Patrese di sostituirlo nella sessione di prove programmata per lui al Paul Ricard. Una scelta fatale. La macchina tradì platealmente De Angelis perdendo l’alettone sul filo dei 300 km/h. Il ritardo e l’inadeguatezza dei soccorsi risultarono decisivi per la sorte del giovane pilota romano, spirato qualche ora dopo nell’ospedale di Marsiglia. Da quel giorno la FIA modificò le regole sui test, obbligando gli autodromi a predisporre misure di sicurezza e di soccorso nelle sessioni di prova come nelle gare ufficiali.
Prima di passare alla Brabham, agli esordi in F1 – come detto - Elio aveva corso con la Shadow ed era poi approdato alla Lotus, dove rimase per sei anni, diventando il pupillo di Colin Chapman e ottenendo due vittorie, dieci podi, tre pole position. Memorabile il Mondiale dell’84, quando si classificò terzo alle spalle di Lauda e Prost. Nell’85 si trovò anche in testa al campionato, salvo essere poi scalzato da Michele Alboreto, con la Ferrari.
C’è stato anche un momento in cui de Angelis sfiorò l’approdo in Ferrari. Accadde quando Minardi caldeggiò il suo arrivo a Maranello in sostituzione di Villeneuve, reduce da una serie di incidenti gravi quanto spettacolari che avevano incrinato la fiducia del Drake. Elio aveva accettato, in precedenza, di gareggiare in Formula 2 con il motore Dino (poco competitivo) e aveva strappato a Ferrari la mezza promessa di un posto in Formula 1. Perciò tutto sembrava evolversi nella direzione giusta. Me nel colloquio decisivo Enzo Ferrari sottopose l’ingaggio ad una condizione che Elio, e soprattutto suo padre, non accettarono: fare qualche gara di apprendistato nel team di John Surtees.
Lodovico Scarfiotti, invece, è stato l’ultimo italiano a vincere con la Ferrari nel GP d’Italia a Monza. Era il 1966. Il pilota marchigiano però sarebbe poi passato alla Porsche, dove veniva impiegato prevalentemente nelle cronoscalate. E fu proprio durante le prove di una corsa in montagna, a Rossfeld, in Germania, che Scarfiotti trovò la morte, l’8 giugno 1968, al volante della Porsche 909 Bergspyder. Ne seguirono molte polemiche, legate alle diverse versioni sulle cause del fatale incidente, attribuite dalla casa tedesca ad un errore del pilota, mentre tutto lasciava capire che s’era trattato d’una defaillance meccanica legata alla fragilità dello sterzo.