ROMA - Auto storiche e futuro del collezionismo: un tema sempre d’attualità, visti i ripetuti attacchi di benpensanti poco informati sul valore d’un patrimonio innanzitutto culturale, che testimonia le tradizioni sociali, tecnologiche, industriali, con particolare riguardo a un made in Italy fatto di genialità progettuale, di impareggiabili firme del design, di aziende uniche e inimitabili: una ricchezza che non ha pari nel mondo e andrebbe sempre più tutelata e protetta, come le opere d’arte custodite nei migliori musei.
Certo, anche il motorismo storico ha i suoi musei, ma le auto da collezione, quelle con più di 20 anni di vita regolarmente certificate dall’ASI, hanno diritto a muoversi, a circolare di tanto in tanto, per partecipare ad eventi, raduni, mostre, gare di regolarità, nel pieno rispetto di normative adeguate. E invece, su questo punto, non mancano discussioni e polemiche. Le politiche a salvaguardia dell’ambiente sempre più stringenti e la tumultuosa avanzata dell’innovazione legata alla diffusione della mobilità elettrica hanno conquistato ormai da tempo la priorità nella scala dei valori dell’opinione pubblica e delle istituzioni. Le auto storiche vengono considerate da molti “vecchi catorci insicuri e inquinanti, inadeguati alla libera circolazione”.
Dal mondo del collezionismo arrivano però insistenti segnali di “autotutela”, con la FIVA (Federazione Internazionale dei Veicoli Storici) e l’ASI (Automotoclub Storico Italiano) in prima linea nel difendere, a tutti i livelli, il patrimonio rappresentato dai veicoli storici. Di recente l’associazione nazionale ha ottenuto, in Piemonte, l’approvazione di una legge regionale dedicata proprio alla “valorizzazione dei veicoli di interesse storico e collezionistico”: in particolare li esenta dai blocchi alla circolazione che scattano solitamente nei mesi invernali, sulla falsariga di quanto fatto a Milano, a partire da giugno 2020, con una delibera che riguarda la libertà di circolazione in città (in particolare nell’area B).
Ma si tratta di casi isolati, pure eccezioni, mentre nella gran parte del Paese si continua a discutere sulla legittimità di certi provvedimenti. Ad originare le polemiche un colossale equivoco: molti credono infatti che al ventesimo anno di vita un’auto sia catalogabile automaticamente come “storica”. Ma nell’imminenza del passaggio tra 2020 e 2021 l’ASI ha diffuso un comunicato con l’intento di spiegare, una volta di più, che le cose non stanno affatto così, ovvero che va fatto un distinguo tra veicoli che hanno superato i 20 anni dalla prima immatricolazione e quelli ufficialmente riconosciuti come storici.
“Va fatta una netta distinzione tra le due categorie – si legge nella nota dell’ASI -. I veicoli storici sono quelli in possesso del Certificato di Rilevanza Storica introdotto dallo Stato e rilasciato da enti indicati all’articolo 60 del Codice della Strada (Automotoclub Storico Italiano, Federazione Motociclistica Italiana, Registri Storici Fiat, Lancia e Alfa Romeo). In questo senso, come previsto anche dalla FIVA, gli unici criteri che devono essere riconosciuti come valore storico assoluto sono l’anzianità e l’originalità di ogni singolo esemplare. L’originalità – viene puntualizzato - è un valore, è la condizione fondamentale che permette di tutelare i veicoli storici con serietà e visione a lungo termine”.
Nella nota diffusa dall’ASI viene inoltre osservato che “se da una parte è corretto incentivare la rottamazione delle auto vecchie, dall’altra è altrettanto giusto tutelare quelle davvero storiche, che rappresentano una percentuale minima del parco veicolare circolante in Italia e percorrono annualmente poche centinaia di chilometri, quindi pressoché ininfluenti in termini di impatto ambientale”.
A tal proposito vale la pena ricordare i numeri: secondo i dati diffusi dall’ASI in Italia risultano circolanti 38 milioni di automobili, 7 milioni delle quali hanno più di vent’anni di età; di queste ultime, sono 50.000 quelle certificate e registrate alla Motorizzazione come “storiche”, ovvero lo 0,13% del totale circolante e lo 0,70% del totale ultraventennale.
“Questi dati giustificherebbero e meriterebbero un approccio normativo di tutela a livello nazionale – sottolinea Alberto Scuro, presidente dell’ASI – che, basandosi sul riconoscimento della storicità già regolamentato dal Codice della Strada, possa garantire il futuro di questo straordinario museo viaggiante. Tutelare il motorismo storico – prosegue il numero uno dei collezionisti italiani - implica la salvaguardia dei singoli veicoli, i quali, per loro natura e definizione, necessitano di regolare movimentazione e utilizzo. I Certificati di Rilevanza Storica sono strumenti concreti e funzionali e la loro recente registrazione presso la Motorizzazione fa sì che i nostri veicoli entrino definitivamente nel sistema per una gestione sempre più semplice e mirata.”
Rimane il fatto che, sebbene storici, i veicoli con oltre 20 anni di età possano risultare non adeguati alla mobilità moderna e - secondo i vertici di ACI Storico (associazione alternativa all’ASI) – andrebbe perciò stilata una “lista chiusa” elaborata da esperti in grado di attestare l’effettivo interesse collezionistico di alcuni modelli, escludendone tout court altri, a prescindere dall’età. Su questo punto, però, l’ASI dissente, difendendo a spada tratta il privilegio di certificare autonomamente la storicità delle auto, così come previsto dalla normativa vigente. Evitando ulteriori polemiche, il presidente Scuro spiega dunque come si concilia, a parere dell’ASI, l’utilizzo delle auto ultraventennali sulle strade di oggi e di domani.
“I veicoli storici – sostiene Scuro - hanno dai vent’anni in su, va da sé che le caratteristiche progettuali e costruttive rispecchino quelle della loro epoca. Ma va detto che la loro funzione attuale è totalmente differente: non sono veicoli di uso quotidiano o professionale, vengono utilizzati nel tempo libero, in condizioni ottimali (atmosferiche e di traffico) e con molta prudenza da parte dei collezionisti. Vengono usati raramente, sia per questioni di usura e di conseguente manutenzione, sia per mantenere il più possibile le loro caratteristiche di originalità, che stanno alla base della certificazione di storicità. Queste sono pensate per dare un futuro ai mezzi del passato che tutti noi amiamo e conserviamo, senza pensare nemmeno lontanamente di usarli nel traffico di tutti i giorni.”
“Stiamo dimostrando di essere guidatori virtuosi – conclude Scuro – e stiamo dimostrando che l’impatto ambientale dei veicoli storici è pressoché nullo. Inoltre, stiamo dimostrando che il motorismo storico è un volano di valori positivi e di un notevole indotto economico. Insomma, facciamo la nostra parte con estrema serietà e competenza, ricevendo giorno dopo giorno riscontri concreti dalle istituzioni che stanno accogliendo le nostre proposizioni per mantenere vivo un settore che fa parte delle eccellenze italiane riconosciute in tutto il mondo.”