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SANT’AGATA BOLOGNESE - L’ultimo tabù - vedrete - prima o poi verrà violato anche a Maranello, dove pare che si stia lavorando nella massima riservatezza, tra smentite e mezze ammissioni, a un Suv Ferrari ad altissime prestazioni ipotizzabile per il 2020. Intanto tutti o quasi i produttori di auto sportive hanno imboccato la strada delle ruote alte e delle 4 porte+portellone per soddisfare le esigenze di un mercato che tira maledettamente da questa parte.
La vera progenitrice. In genere si è portati a ricostruire la storia di questa rivoluzionaria inversione di tendenza ricordando l’arrivo della Porsche Cayenne (2003), poi seguita dalle varie Maserati, Jaguar, Bentley, Alfa Romeo. Ma in realtà la prima azienda produttrice di sportive ad alte prestazioni dedicatasi alla costruzione di un Suv è stata la Lamborghini con la LM002 prodotta tra il 1986 e il 1993 in sole 300 unità: un’auto esclusiva, che a Sant’Agata Bolognese non hanno affatto dimenticato, al punto da averne restaurato un esemplare per il proprio museo, affidandole il compito di fare da testimonial a Urus, il nuovo Suv della Lambo, ormai definito in tutti i dettagli e pronto a debuttare in anteprima mondiale il prossimo 4 dicembre.
Tra storia e futuro. A Sant’Agata c’è grande fermento attorno al progetto super Suv: a differenza della storica progenitrice, la Urus dovrebbe essere prodotta infatti in un numero di esemplari decisamente superiore per contribuire ad incrementare le vendite, finora circoscritte in una nicchia che non supera le 3500 unità/anno. Ciò detto, le armi su cui puntano nella factory emiliana di proprietà Audi sono comunque riconducibili alla progenitrice del secolo scorso: “Proprio come avvenne con la LM002 – si legge infatti in una nota diffusa dall’azienda - anche con Urus nasce una nuova classe di super Suv dalla potenza e coppia incredibili, un design inconfondibile e una presenza imponente. Urus – informa ancora la Casa - offrirà una dinamica di guida e prestazioni straordinarie, interni lussuosi e, come la LM002, vanterà eccezionali capacità off-road, anche su sterrato, ghiaia e neve”.
Il ruolo del museo. Per mettere in bella evidenza similitudini e vocazione comune, in casa Lamborghini hanno dunque deciso di recuperare al meglio la LM002 nera del proprio museo (numero di telaio #12231), affidandone il restauro al Polo Storico, il reparto dedicato ai modelli classici. Il lavoro è ormai completato, e a Sant’Agata, come detto, fervono i preparativi per l’anteprima della Urus, in calendario per il 4 dicembre. Una accanto all’altra, la LM002 e la sua erede testimonieranno l’evoluzione dello stile e della tecnologia nel campo dei Suv ad alte prestazioni.
Progetto militare. La storia della LM002 – vale la pena ricordarlo - iniziò alla fine degli anni 70 come un progetto finalizzato alla messa a punto di un fuoristrada dalle prestazioni elevate per uso militare. Inizialmente si chiamava Cheetah. Giulio Alfieri, ingegnere dello staff Lamborghini, recuperò il progetto nel 1981 e realizzò un concept innovativo, con motore in posizione posteriore, cui seguì il prototipo LMA, su cui invece il gruppo di propulsione venne collocato in posizione anteriore.
La svolta di Bruxelles. Il modello destinato alla produzione della LM002 fu presentato per la prima volta al Salone di Bruxelles nel 1986, andando così a definire il progetto finale, che prevedeva una carrozzeria dalle forme piuttosto squadrate, in alluminio e fibra di vetro (realizzata in Spagna, da un’azienda di Bilbao), l’impiego del motore V12 di 5167 cc da 450 cavalli derivato dalla Countach Quattrovalvole e la trazione integrale con differenziale centrale autobloccante. La velocità massima era indicata in “oltre 200 km/h” e, tra le caratteristiche salienti, la Casa indicava anche la capacità di superare pendenze del 120%. Per superare i terreni più impervi, il super Suv della Lambo era inoltre equipaggiato con pneumatici Pirelli Scorpion progettati ad hoc. Erano invece custom gli interni, ovvero realizzati sulla base delle specifiche esigenze del cliente.