L'Alfa Romeo 6C 1750

Alfa Romeo 110 anni: le meraviglie della 6C 1750, l’auto degli anni 30 che anticipò il futuro

di Sergio Troise
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ARESE - Ci sono auto belle, auto importanti, auto di valore. E poi ci sono le icone. Quelle che hanno conquistato un posto esclusivo nella storia della motorizzazione, dimostrandosi capaci di primeggiare per stile, bellezza, tecnologia, eleganza, prestazioni. Soprattutto, per la capacità di emozionare chi le guida e chi le guarda. La numero 1, in questo campo elitario, era – e lo è tuttora, come regina dell’heritage - l’Alfa Romeo 6C 1750 degli anni Trenta, protagonista della seconda puntata della web-storia diffusa on line dalla casa del Biscione.

Per comprendere perché quest’auto meriti un posto di riguardo nella storia dell’Alfa Romeo (ma sarebbe meglio dire nella storia dell’industria automotive) basterebbe citare ciò che avvenne nella Mille Miglia del 1930 (13 aprile, giusto 90 anni fa), come giustamente hanno fatto i curatori della web-collana dedicata all’epopea del Biscione. In quell’edizione della mitica Freccia Rossa sul percorso Brescia-Roma-Brescia ben quattro 6C 1750 si piazzarono nei primi 4 posti della classifica (guidate da Nuvolari, Varzi, Campari e Ghersi), 8 nei primi 11! Un risultato di squadra formidabile, che all’epoca venne forse non del tutto apprezzato, visto il clamore con cui venne salutata la furbata di Nuvolari, che a pochi chilometri dal traguardo spense i fari, raggiunse nel buio il leader della corsa, Achille Varzi, e lo sorpassò cogliendolo di sorpresa.

Con quel trionfo, tra l’altro, venne infranto per la prima volta, nella Mille Miglia, il muro dei 100 km/h di media (100,45 km/h), un record a cui venne dato grande risalto. E l’impresa, in quella stagione straordinaria, non restò isolata: la supremazia della 6C 1750 venne infatti ribadita con il monopolio del podio nella 24 Ore di Spa, in Belgio, e con la vittoria al Tourist Trophy di Belfast. Era l’auto più veloce dell’epoca.

Ma non solo: l’Alfa 6C 1750 è stata anche una regina dei concorsi d’eleganza, come viene ben raccontato nel secondo capitolo della web-storia dell’Alfa Romeo, lì dove si parla delle “variazioni sul tema” affidate ai carrozzieri. Fino agli anni trenta, infatti, era normale che dagli stabilimenti produttivi uscissero telai nudi, attrezzati con motore, cambio e sospensioni. Il cliente acquistava l’auto, poi si rivolgeva all’allestitore per farsi creare un modello su misura, praticamente unico al mondo. Solo nel 1933 al Portello venne aperto un reparto di carrozzeria interno, per affiancare (ma non sostituire) la produzione di chassis meccanizzati venduti direttamente a clienti e carrozzieri.

La più rara e sofisticata creazione dell’epoca fu sicuramente la 6C 1750 GS Touring Flying Star allestita per la milionaria Josette Pozzo, modella e protagonista degli eventi mondani. Verniciata in bianco in tutte le sue parti, compreso il sottoscocca, i raggi, il volante e la selleria (non il cruscotto, rimasto nero) l’auto vinse la Coppa d’Oro al Concorso d’eleganza di Villa d’Este, dove madame Josette si presentò vestita a sua volta di bianco, come il suo gioiello a quattro ruote. La web-storia della Casa non ne parla, ma di quell’auto – realizzata in esemplare unico – si son perse le tracce fino al 2007, quando il collezionista messicano Arturo Keller la esibì nell’edizione dedicata alle auto storiche del Concorso sulle rive del Lago di Como. Era proprio lei? Non se ne ha certezza, alcuni esperti sostengono che si trattasse d’una copia, sia pure realizzata su un autentico telaio Alfa Romeo.

La web-storia del Biscione fa invece una accurata ricostruzione della “famiglia” 6C, ricordando che è stata la prima creatura di Vittorio Jano, dal 1926 responsabile di tutta la progettazione Alfa Romeo. Il mandato era creare “una vettura leggera con prestazioni brillanti” – capace di arrivare prima nelle corse, di farsi ammirare, ma anche di aprire nuovi mercati. Nella ricostruzione ci si sofferma sulla capacità di Jano di “estrarre cavalli da motori piccoli” e si parla dunque delle origini del “downsizing” e della capacità di ottenere il miglior rapporto peso/potenza, nonché della maneggevolezza e della tenuta di strada: qualità che – viene sottolineato – “diventate leggendarie”.

Il racconto ricostruisce anche il debutto sulla scena della 6C 1750, presentata per la prima volta nel gennaio del 1929 al Salone dell’automobile di Roma. “Il motore – si legge nel testo - è un’evoluzione del precedente 1500 sei cilindri in linea e viene prodotto in versioni diverse, monoalbero e bialbero, con compressore volumetrico e senza, e la potenza va dai 46 cavalli della versione Turismo ai 102 cavalli della Gran Sport Testa Fissa. Quest’ultima è una “special version” prodotta in pochissimi esemplari, la testata è fusa in blocco col basamento cilindri per eliminare le guarnizioni (e il rischio di bruciarle), il peso è di soli 840 kg e la velocità massima di 170 km/h”.

Vengono ricostruite anche le soluzioni d’avanguardia studiate per il telaio, le balestre, l’assetto, l’impianto frenante, il serbatoio (arretrato per ottenere un maggior carico sul posteriore). E viene ricordato che le vittorie nelle gare diventano una cassa di risonanza per la supremazia tecnica del modello. Che dal 1929 al 1933 viene prodotto al Portello in 2.579 esemplari. Numero significativo, considerando che l’auto costava dalle 40 alle 60 mila lire: circa sette anni di uno stipendio medio!

 

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Mercoledì 29 Aprile 2020 - Ultimo aggiornamento: 30-04-2020 10:42 | © RIPRODUZIONE RISERVATA