La Dakar è riuscita a sparigliare anche il poker d’assi. Sappiamo che non è possibile ipotizzare chi sia il favorito della maratona del deserto. Si può tranquillamente dire, senza paura di essere smentiti, che alla partenza c’erano quattro piloti con un curriculum decisamente superiore agli altri. Peterhansel e Sainz dell’Audi, Sébastien Loeb sull’Hunter della Prodrive e l’emiro-samurai che da qualche anno difende i colori del Gazoo Racing di Toyota. Chi è il più forte? Difficile immaginare. Si può ipotizzare chi è il più in forma attualmente, in questa fase della carriera e per il feeling con il suo bolide che si deve sposare perfettamente con le caratteristiche del driver. Ebbene, non appare azzardato supporre che il professore della Dakar in questa fase storica sia Nasser Salih Abdullah Al-Attiyah, principe del Qatar, medaglia olimpica nello skeet ai Giochi di Londra nel 2012. Nasser è uno sportivo nato.
Uno che sorride sempre e si batte come un leone. Il principe ha anche l’età giusta che fra le varie categorie dell’automobilismo è senz’altro le più alta. Dove serve la resistenza e l’esperienza, gli anni in più bilanciano i riflessi e la velocità (il coraggio chissà) della gioventù. Al Attiyah ha festeggiato 52 anni a dicembre, quasi 10 meno di Sainz (61 primavere il prossimo aprile) e sensibilmente più ragazzo di Peterhansel, 58 candeline l’agosto che verrà. L’unico più “piccolo” è Sébastien che brinderà al 49° compleanno alla fine di febbraio. Per le regole non scritte della Dakar, però, Seb è ancora un rookie poiché, nonostante partecipi alla corsa dal 2016, non è stato mai scelto dalla maratona come vincitore (ha chiuso due volte secondo). Nasser, invece, quest’anno punta al quinto trionfo, staccando il finnico Ari Vatanen (4) ed andando a caccia di Stephane che nelle auto è fermo a 8 Trofei (che salgono a 14 grazie ai 6 in moto).
Sulla carta l’emiro avrebbe le possibilità di acciuffare il francese, ma Peterhansel ha confidato che si sarebbe ritirato in caso di vittoria invece, avendo concluso con un incidente, tornerà ancora nel deserto. Nasser è decisamente l’uomo giusto per queste dune che per lui sono il giardino di casa. I mari di sabbia sono tutti simili, ma non uguali e l’Emiro è nato proprio all’estremità della penisola Arabica che si getta nel Golfo. È un’autentica miscela esplosiva. Tosto all’inverosimile, veloce quanto basta, concentratissimo anche sulle lunghe distanze (le tappe sfiorano i mille chilometri). Ma il suo vero punto forte nell’ultimo periodo è la capacità di non sbagliare mai. È l’unico fra i grandi a non aver commesso errori negli ultimi due anni e quindi si è visto poco armeggiare come meccanico sulla sua macchina. Resta lontano dai guasti ed anche dagli incidenti. Insomma un principe quasi bionico.