
Auto ibrida dominante, si è impossessata del mercato: durante la transizione sarà l'unica alternativa all'elettrica
Dai e dai, il ribaltone è avvenuto. Si ricorda con nostalgia quanto avvenuto poco più di un quarto si secolo fa, alla fine del millennio scorso. Takeshi Uchiyamada, rispettato ingegnere della Toyota, mise su strada un’auto molto curiosa, equipaggiata con una motorizzazione apparentemente altrettanto stramba. L’“invenzione” del geniale tecnico, tuttora presidente del consiglio di amministrazione di Nagoya per riconoscenza eterna, ci mise parecchio per farsi apprezzare ed uscire dalla nicchia dove era stata incubata. Sicuramente la semplice intuizione una volta resa disponibile sul mercato ha impiegato molto meno a farsi largo diventando rapidamente indispensabile. I motivi di questo cambio di passo sono gli stessi che ispirarono Uchiyamada all’affannosa ricerca di una risposta da dare alla richiesta, per certi versi impossibile, della sua azienda: trovare qualcosa affinché le auto Toyota consumassero meno carburante delle altre, rispettando l’ambiente e salvaguardando il portafoglio.
Il progettista giapponese mise al centro del suo universo un aspetto che, tutto sommato, ognuno già sapeva: una vettura in viaggio è una bomba di energia cinetica che i veicoli dell’epoca gettavano al vento senza preoccuparsi. Bastava recuperarne una parte e la sfida era vinta. E così è stato. Oggi tutti i costruttori sono consapevoli che realizzare un veicolo senza qualche forma di ibridizzazione è quasi follia e, tempo pochi anni, i mezzi di trasporto di questo tipo, cioè solo termici, non esisteranno più. Ecco che la soluzione originale diventata dominante è destinata a trionfare per mancanza di concorrenti. Non si potrà più dire «mi compro un’auto ibrida» semplicemente perché sarà un obbligo, non esisteranno alternative. Qualche numero evidenzia lo stato dell’arte di una strada senza ritorno.
In questa prima parte del 2025 in Italia tutte le ibride hanno raggiunto la metà delle vendite con il trend che continua a rafforzarsi mese per mese. A maggio, ultimo periodo di cui si hanno i dati, il mercato totale è rimasto stabile (-0,2%), mentre tutte le ibride senza spina, la categoria di gran lunga più corposa (oltre 60 mila immatricolazioni, quasi il 44% del totale), è cresciuta dell’8,4%. Con volumi più contenuti (9 mila unità) sono addirittura raddoppiate (+94%) le consegne delle ibride plug-in, con il solo benzina in calo del 19% e il diesel puro del 32% che ha portato dopo tempo immemorabile la sua quota a cifra singola. Ancora maggiore l’espansione dell’ibrido in Europa allargata (i paesi UE più gli Efta e UK) dove ormai le vetture con la spina (BEV più PHEV) sono oltre il 27%, con punte di più del 33% (un’auto su tre) in Gran Bretagna.
In quest’area geografica da gennaio a maggio le vetture solo a benzina hanno di poco superato il milione e mezzo, mentre le ibride senza spina hanno sfiorato i due milioni ai quali va aggiunto il quasi mezzo milione di plug-in. Per intuire quanto sia cambiato lo scenario basta ricordare che le auto diesel, fino a poco tempo fa regine incontrastate, hanno un volume inferiore rispetto alle PHEV. Continuando con questo passo non ci vorrà molto a prendersi tutta la torta e il termine ibrido non avrà più ragione d’esistere. La differenza sarà fra termico (chiaramente solo hybrid) e full electric, ad emissioni zero, vetture alimentate solo a batterie (le fuel cell ad idrogeno, anche loro totalmente ecologiche, sono ancora un miraggio).
I maestri della Toyota proseguono per la loro strada, introducendo gli opportuni correttivi. L’ibrido della casa giapponese è sempre “full”, ma gli orientali hanno introdotto anche il PHEV che, in alcune circostanze, consente di andare anche ad emissioni zero utilizzando pure energia perfettamente pulita. Non si sono fatti attrarre più di tanto dalle formule light come “mild” o la più recente “middle”. Queste, a differenza delle prime, hanno il motore elettrico con più kW e riescono ad andare solo con il propulsore a batteria per più tempo delle mild anche se non arrivano alle potenzialità delle full. Le full, però, avendo maggior potenza ad elettroni, costano di più. Nel nostro paese le mild rappresentano il 62% del totale hybrid, le plug-in il 27% e le full meno del 10%. Ci sono anche le “Range Extender” (l’e-Power di Nissan), interessanti perché hanno un comportamento stradale come una vettura elettrica, quindi più sofisticato, ma la loro quota è quasi inesistente, meno di mezzo punto in percentuale.
Toyota, proprio in questi giorni, ha presentato la nuova generazione di Aygo X e, manco a dirlo, ha abbandonato il precedente motorino a combustione, per introdurre la stessa motorizzazione della Yaris considerata molto efficiente e prestigiosa. La Aygo X è la prima citycar (segmento A) full-hybrid, aumentano indubbiamente le prestazioni, ma forse anche il prezzo. Le plug-in sono le più interessanti anche perché, essendo le uniche con la spina, possono avere numerose agevolazioni. In parte meritate. Certo le PHEV sono anche le vetture più complesse, quindi più costose poiché sono a tutti gli effetti “due veicoli in uno”. Possono viaggiare per un importante numero di chilometri sia con il motore termico sia con il solo elettrico.
Quindi la parte ad induzione è generosa, sia il propulsore che l’accumulatore. Di conseguenza, se usate come si deve, offrono dei grandissimi vantaggi. Ricaricando con puntualità (ottima soluzione per chi ha la ricarica casalinga), consentono la possibilità di muoversi a zero emission quotidianamente non avendo l’ansia di ricarica per improvvise esigenza diverse. Non ricaricando mai, invece, si portano a spasso inutilmente pesi e costi. Le ultime generazioni delle PHEV hanno fatto passi da gigante, hanno un’autonomia solo elettrica che supera i 100 km avvicinandosi ai 200. In più, la soluzione plug-in è amata dalle supercar in quanto le unità ad elettroni aggiuntive garantiscono una spinta immediata senza pari.