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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Una fabbrica di auto

Auto, una tempesta in un bicchiere d'acqua: il voto di Strasburgo non cambia nulla, la nuova mobilità arriverà in ogni caso

di Giorgio Ursicino

Non è quasi cambiato nulla, ma la notizia è diventata ufficiale (si è accesa la luce rossa). Conviene mettersi all’opera perché, prima o poi (forse non nel 2035), il cambiamento arriverà veramente. Prima il clima, poi la tecnologia, infine l’Unione Europea: hanno sentenziato che l’auto “zero emission” potrebbe essere meglio di quella con il tubo di scarico. Tutti quanti dovremo saltare la barricata viaggiando nel silenzio. Siamo nella UE e bisogna cercare di muoversi all’unisono, ma è evidente che fra la Germania e la confinante Polonia ci passa qualche generazione, soprattutto come reddito e potere d’acquisto. Quindi sarebbe sensato inserire le scadenze a scaglioni e non accendere la luce in tutto il continente nello stesso momento. E noi? Siamo grandi e grossi, ma su certi parametri stiamo un po’ nel mezzo. Fra questi, sicuramente, c’è la mobilità.

Ma come, non siamo un popolo di poeti, navigatori e piloti automobilisti? Quanto a passione ed ampiezza del parco circolante non ci sta dietro nessuno, ma ci siamo un po’ “adagiati”. Le italiche 40 milioni di vetture che circolano nella Penisola sono diventate vecchiotte e alcune sono dei veri e propri rottami. Non vengono sostituite per un solo motivo: mancanza di soldi. Quindi il problema è precedente alla transizione energetica ma, seriamente, non è stato mai affrontato. Un groviglio che ha anche dei risvolti sociali perché, non dimentichiamolo, la mobilità deve essere per tutti. Un diritto irrinunciabile. Veniamo ai punti deboli del nostro Paese che, a meno di un notevole scatto di reni, ci faranno trovare impreparati al D day.

Forse sarebbe meglio spostare l’asticella un pochino più in alto. Noi, ma non tutti. Nelle discussioni in sede di Consiglio non c’è nulla di più facile che ottenere una deroga. Esiste già nella detraibilità dell’Iva sulle vetture aziendali, da tempo immemorabile. Che vuoi che sia. Sicuramente non posticiperanno Germania e Francia seguite da tutto il Nord Europa. Difficile che lo chiedano i nostri politici in prima linea nella lotta alla CO2. Molti Paesi, quello che dovrebbe diventare obbligatorio nel 2035, lo stanno già facendo ora. In Italia, diciamolo chiaramente, le colonnine per rifornirsi sono merce rara e poi abbiamo un’inclinazione per la “doppia velocità”. Al Nord, arrampicandosi sugli specchi, si può provare a viaggiare in elettrico.

Da Roma in giù sarebbe da folli avventurarsi. Le auto elettriche (ora, non nel 2035) costano molto di più di quelle termiche che i costruttori, però, hanno già smesso di produrre (siamo nel 2022...). Prova ne sia che, nonostante il crollo delle vendite, sono introvabili se non aspettando mesi (per questo c’è la richiesta di estendere a 180 giorni la validità degli ecobonus). Con poche macchine a batteria, nessuno investe sulle colonnine visto che un piano governativo è ancora molto sfocato. Il dilemma è un altro. Noi, oltre ad essere consumatori di auto un po’ affannati, abbiamo una tradizione industriale invidiabile e, soprattutto, una componentistica eccellente che spinge il Pil e dà lavoro a tantissime persone.

Chi parla di mettere in difficoltà questo comparto, è evidente che non sa quello che dice. Va blindato, difeso con le unghie e con i denti, rinnovato affinché possa restare all’avanguardia, un asset fortissimo per l’export. Mercoledì il Parlamento europeo ha votato. Fra il testo formulato dalla Commissione e quello proposto dalle destre c’era pochissima differenza: 100% di auto elettriche o 90%. Per la grande industria, che le auto le deve produrre, è la stessa cosa. Nessuno si metterà mai a lavorare sul 10% del mercato per produrre vetture vecchie di 20 anni che, magari, costeranno di più e saranno irrivendibili.

Che affare è? Tutte le Case che operano in Europa, infatti, hanno già annunciato che smetteranno di produrre motori a scoppio nel 2030 prendendosi 5 anni di margine per gestire le rimanenze. Dobbiamo salvare i nostri fornitori che soddisfano i costruttori europei e creare le condizioni per restare competitivi. Il resto lo faranno loro con inventiva, passione e professionalità restando un punto di riferimento. 

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Sabato 11 Giugno 2022 - Ultimo aggiornamento: 13-06-2022 08:24 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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