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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Mattia Binotto, ex team principal della Ferrari

Binotto lascia la Ferrari ma, per il momento, resta al comando: un addio del tutto concordato

di Giorgio Ursicino

Il pit stop è arrivato. Il capolinea, questa volta, non si poteva proprio evitare. Mattia Binotto, garbato ingegnere nato in Svizzera, ha ceduto alla pressioni (interne ed esterne) rimettendo il suo mandato. Un gesto imposto e “condiviso” con i vertici dell’azienda, per evitare lo strappo del licenziamento che avrebbe sentenziato un divorzio troppo amaro per un amore durato 28 anni. Tutto sommato, reciproco. Tante sono state le primavere in cui Mattia ha dato la biada al rampante Cavallino modenese. La Ferrari è la nazionale dei motori. Per il mister lasciarsi sfuggire il Titolo troppo a lungo è come mancare la qualificazione ai Mondiali pallonari: si solleva la marea rossa. Se non sei l’eroe che ha appena conquistato l’Europeo, nessuno può salvarti.

Purtroppo un quadriennio è passato invano. Il digiuno dai trionfi che contano si è ulteriormente allungato. Pertanto la fine era certa, quasi inevitabile. Un atto dovuto al quale i mortali non possono sottrarsi. Specialmente se durante il regno sono arrivate pure delle sonore batoste. Quando la folla è infuriata, nemmeno l’imperatore più acclamato può salvare la vita al gladiatore. Al predecessore di Binotto, il duro Maurizio Arrivabene, era accaduta la stessa cosa: disarcionato dal puledro più purosangue della Motor Valley alla fine del 2018. Con il titolo di vicecampione Piloti (di Vettel) e Costruttori in saccoccia, appena conquistati.

Fin qui l’evolversi di una legge non scritta. Non può essere irriverente, però, pensare che la scena finale poteva (anzi doveva) essere dipinta diversamente. Diciamo, un po’ meglio. Far passare una strettoia obbligata per una soap opera non era indispensabile. Tutte le grandi squadre, non solo in F1, a fine anno fanno i loro bilanci e prendono le conseguenti decisioni. I commentatori dicono la loro, a volte azzeccando a volte no. A che serve smentire categoricamente una situazione che già bolliva in pentola? Anzi, era quasi scotta, visto la tempistica con cui si è concretizzata. Certo il Presidente aveva le sue gatte da pelare con le dimissioni di tutto il Cda della Juventus che è cosa ben più rilevante dell’avvicendamento di un team principal. Le due società, infatti, sono entrambe controllate dalla Exor.

Cosa accadrà adesso? Secondo il comunicato ufficiale non dovrebbe esserci nessun interim del ceo Benedetto Vigna in quanto Mattia ha avuto l’onore delle armi ed ha confermato di essere una persona affidabilissima perché le dimissioni non sono immediate, ma il manager resterà in sella fino al 31 dicembre. A quel punto il nome del successore dovrà venire fuori. Sarebbe strano iniziare una stagione impegnativa come la prossima senza un “pilota” nell’abitacolo. Non si può negare che, comunque vada, si ricomincia da capo. Non si può certo imporre a chi arriverà di vincere al primo colpo, con una monoposto voluta ed impostata dal giubilato Mattia. Sul tavolo c’è un solo nome credibile, ma Elkann potrebbe tirare fuori dal cilindro una sorpresa come Vigna che nessuno dava fra i favoriti nel ruolo di ad.

Frédéric Vasseur è un uomo di corse eccellente, plurivittorioso nel motorsport come nessun altro. Vicino alla Ferrari ed ai vertici della galassia perché sono anni che guida l’Alfa Romeo. Una pedina quasi scontata che sarebbe strano non coinvolgerla da subito, nella costruzione della monoposto per il 2023. Frédéric inoltre, è un vero leader. Formidabile quando deve guidare in battaglia, ma meno incline a muoversi in una struttura complessa. Il primo quarto di secolo in Rosso Binotto lo ha trascorso nell’ombra. Nelle segrete e affascinanti “stanze tecniche” che sono le più ambite del pianeta. Un vero punto di arrivo per chi si occupa di meccanica. Poi l’avvento del geniale Sergio Marchionne, che fiutava talenti come fossero tartufi, lo inchiodò sotto i riflettori. «Fatemi parlare con Mattia, lui chiacchiera poco ma ci capisce...», confidava il manager dei due mondi prima di promuoverlo ai vertici dell’ingegneria di Maranello. Il resto è cronaca. La promozione del gennaio 2019 è arrivata da Elkann, il presidente che è stato costretto a rimuoverlo.

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Mercoledì 30 Novembre 2022 - Ultimo aggiornamento: 01-12-2022 09:32 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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