L’energia elettrica ha sedotto l’automobile. Dopo oltre un secolo di storia gloriosa, la mobilità riceve una scossa che non aveva mai conosciuto in precedenza. L’alimentazione ad elettroni per spingere i veicoli, la parte più vigorosa della forza necessaria, è un passaggio ormai metabolizzato. Ma è solo la punta dell’iceberg. L’industria automotive ha sposato in toto questa svolta da quasi un decennio, puntando forte sulla transizione e quasi abbandonando a se stesso tutto quello che è stato il passato. Non è una mancanza di riconoscenza, per carità. Il piatto dove si è mangiato così a lungo merita senz’altro rispetto. È l’energia dell’innovazione e del progresso che la giovane tradizione industriale conosce nei meandri.
Quando il nuovo avanza, inutile essere nostalgici, non ha senso conservare le cose peggiori frenando un virtuoso mutamento. Mai una sterzata così vigorosa aveva ricevuto tanti consensi. La risposta dei costruttori è stata unanime. E la mobilità, come ha lasciato in pace i cavalli oltre un secolo fa, si dovrà preparare a mandare con onore il pensione i motori che mangiano idrocarburi. I vantaggi del motore silenzioso, d’altra parte, sono enormi. Quello ambientale è solo il portavoce. Ci sono notevoli benefit anche per la sicurezza, la riduzione dei costi, il piacere e la fluidità di guida. Insomma, l’elettrico non ha punti deboli. Fare un paragone sarebbe scorretto. Quasi indecoroso. Le grandi navi sono tutte passate alla propulsione elettrica (i diesel servono da generatore), sarebbe impossibile manovrare centinaia di tonnellate con lo scorbutico motore a scoppio. Come ingiusto e anacronistico sarebbe paragonare un Frecciarossa ad una vetusta locomotiva a vapore (o anche diesel...).
Il Freccia entra in stazione a passo d’uomo, non ha emissioni e potrebbe raggiungere i 400 km/h, performance a tutti gli altri precluse. Ma le doti dei propulsori elettrici non si limitano a spingere. I centri tecnici lo sanno da decenni. Questo nuovo connubio con la power unit principale (quella dedicata al movimento”, però, ha accelerato la diffusione sui veicoli dei propulsori ad induzione estremamente duttili. Sia perché agiscono in tempo reale, sia perché dialogano magnificamente con l’elettronica, la porta della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale. Più motori elettrici si mettono a bordo, più si possono eliminare impianti meccanici o idraulici, con immensi vantaggi per il funzionamento e l’inquinamento. Il passaggio dell’innocua energia elettrica è senz’altro più rispettoso per l’habitat di qualsiasi circuito idraulico che funziona ad olio, necessità di manutenzione e, quanto meno, inquina.
Il sogno di tutti i progettisti va, pian piano, a coincidere con i target dell’industria. Non è mai stato così. Il veicolo ideale, nemmeno tanto in prospettiva, sarà una «batteria con le ruote». Il resto è destinato ad uscire di scena. D’altra parte, diceva Colin Chapman (fondatore della Lotus e grande mago della Formula 1): «tutto quello che non c’è, non si rompe...». All’interno di ogni ruota, o nelle vicinanze, ci sarà tutto quello che serve. La batteria farà da base e avrà anche funzione strutturale. Tutto il resto è lasciato libero per scegliere la più efficace forma aerodinamica e lo spazio a bordo per passeggeri e bagagli, tenendo presente che l’auto sarà sempre più un «oggetto da vivere», una bolla ambientale dove si è connessi con tutti e con tutto.
Su questo percorso già molto avanti, sono imminenti altri due passi fondamentali che allontano gli organi dal cuore della vettura, avvicinandoli alle ruote che stanno diventando, sempre più, delle «centrali elettriche». Sono due impianti fondamentali che hanno sempre fatto parte della meccanica dei veicoli, sin dall’inizio. Parliamo dei freni e dello sterzo che, si sono certamente evoluti, ma in tutti questi anni non hanno mai negato la propri presenza. Ad azionarli, con un collegamento meccanico o idraulico, è sempre stato chi era al posto giuda. Bene, presto non sarà più così. Grazie allo sviluppo dei motori elettrici, che non saranno più collegati indissolubilmente con il ponte di comando, ma con le centraline in grado di pilotare le vetture a guida autonoma.
I freni sono molto cresciuti, ma hanno ancora l’impianto idraulico che, tanti decenni fa, aveva preso il posto del comando metallico, a barre o fili. Servofreno, Abs, Esp, tante sono state le evoluzioni, ma a spingere il pedale collegato con il materiale d’attrito, è stato sempre il pilota. Ora Brembo, la multinazionale italiana del settore (famosa in tutto il mondo per la sua eccellenza), sta alla fase finale di sperimentazione di un rivoluzionario impianto che andrà in produzione fra poco più di un anno. Con Sensify by Brembo, non c’è più legame fra uomo e freni. Sotto il pedale (che potrebbe essere disposto anche da un’altra parte), c’è solo un sensore che invia il comando elettrico ad una centralina delegata a comandare singolarmente i vari dischi elettromeccanici.
Attraverso un motorino elettrico che gestisce direttamente la pinza dei dischi. Progresso più o meno simile per lo sterzo, finora indissolubilmente collegato meccanicamente al volante. D’ora in avanti non sarà più così. Anzi, già non è più così perché l’innovazione è presente su un’auto di serie è presto si diffonderà partendo dell’alto di gamma. L’assenza per la prima volta del piantone non richiede più una “demoltiplicazione”. Così il volante si trasforma in cloche cambiando anche il disegno della plancia. Al rapido sviluppo del dispositivo senz’altro hanno contribuito le quattro ruote sterzanti, ormai molto diffuse sulle auto grandi e costose. Con le ruote posteriori che sterzano, l’agilità aumenta in maniera esponenziale.
Le “four wheel steering” (quasi tutte, se non le prime nei decenni finali del secolo scorso) non hanno un collegamento meccanico a differenza delle anteriori, ma sono gestite tramite degli attuatori elettrici. Ora la sterzata elettrica si impadronisce anche delle ruote anteriori. Vale la pena di ricordare i vantaggi anche dal punto di vista della sicurezza. Anche se progressivamente ridotte negli anni, le conseguenza del piantone nell’abitacolo erano una delle principali problemi in caso di incidente violento. Lo “steering by wire” fa il suo debutto su un’auto del futuro, la prima Lexus “nativa elettrica”, la RZ.