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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Lewis Hamilton festeggiato sul podio in Turchia dove ha conquistato il suo settimo Mondiale di Fomula 1

Hamilton il divino: «Io sono leggenda». E' lui il pilota più vincente di tutti i tempi

di Giorgio Ursicino

Divino. La personalità immensa di Lewis Hamilton si allunga sempre di più sulla Formula 1. Una presenza devastante, quasi soprannaturale. Non ha rivali. Ormai corre solo contro se stesso per cercare di allungare i mille record che ha già messo in cassaforte. A differenza di quanto faceva da giovane, non ama più duellare. Un Re non lo fa. Non è bello. Si muove solitario come un Faraone e, quando sposta il manettino nella posizione “hammer time”, non guida, ma pennella poesia. Ieri l’apoteosi. Su una pista infida al limite del praticabile, che forse non si era mai vista nel campionato delle monoposto più veloci del mondo, si è andato a prendere la sua settima corona iridata con una lectio magistralis.

Ha uguagliato Schumi che sembrava inarrivabile e, quasi certamente, lo staccherà. Per portare a casa il risultato bastava passeggiare fino al traguardo. L’unico avversario che poteva impensierirlo navigava nelle retrovie dopo aver fatto una sagra di testacoda tanto da finire doppiato. Un’umiliazione. Al via, sotto il diluvio, si erano scatenati tutti i rampolli rampanti, giovani di bellissime speranze e tanto talento come Max Verstappen e Charles Leclerc. Vuoi vedere che oggi con il sovrano sazio, e la sua spaziale Freccia Nera non in grado di scaricare a terra il suo enorme potenziale, c’è gloria anche per gli altri? Così via allo spettacolo, con testacoda, controsterzi e uscite sul prato manco fosse il Rally di Montecarlo.

Il Maestro guardava disinteressato, navigava in posizione anonima. Non è così che si guida una F1. Non è così che si tratta una Mercedes. Intanto Lewis, come un computer, registrava nel suo casco le infinite varianti del circuito allagato: l’aderenza, le pozze, i rischi di acquaplaning. Poi, al pit stop per il cambio gomme, il cambio marcia: andiamoci a prendere la coppa, a modo mio. Vederlo guidare era una meraviglia: macchina sui binari tanto da sembrare di essere su un tracciato diverso, nessuna sensazione di precarietà, il controllo era assoluto. Gli altri, per andargli dietro, provavano a cambiare di nuovo le gomme, ma non era quello. Lewis continuava con le intermedie diventate slick fino alla bandiera a scacchi.

Per gli amanti degli incidenti, una mezza delusione; per i puristi della guida, una vera libidine. Ci sarà un motivo se nelle ultime centinaia di gare ha messo le ruote fuori pista soltanto in Spagna nel 2016 per aver fatto la corrida col compagno Rosberg? E se quest’anno ha vinto 10 gare su 13 (9 volte è partito dalla pole) acciuffando il titolo con tre gare di anticipo? Dopo il traguardo i lacrimoni più che di gioia di emozione. Ha cancellato senza volerlo le imprese dei suoi idoli, da Senna a Schumi che, nel 2013, gli ha lasciato la Stella tedesca per consacrarsi fenomeno. Fermata la Mercedes un po’ sporca, ma intatta, nessuno aveva il coraggio di interrompere un momento tanto solenne: il Re Nero solo con se stesso.

A rompere gli indugi è stato Vettel che, dall’alto dei suoi 4 mondiali, si è inchinato al pilota più vincente di tutti i tempi, lo ha abbracciato con slancio e referenza, cancellando in un attimo i vecchi rancori. Ha vinto più di tutti, ma soprattutto ha conquistato tutti. Non c’è più nessuno che non riconosce che il principe della velocità sia lui. Un padrone assoluto che ha preso per mano lo sport più globale del pianeta e lo sta portando verso nuovi territori. Mai sgarbato. Mai sopra le righe. È tempo che non si ricordi una sua polemica, una mancanza di rispetto per i colleghi. Ai piedi del podio l’Hamilton pensiero, che non sembra quello di uno sportivo, ma di un politico.

Nel giorno della consacrazione, non dà importanza alle imprese sportive: «Ringrazio tutti i ragazzi dei box e quelli in fabbrica, senza il loro lavoro questi risultati non sarebbero stati possibili. Un pensiero anche alla mia famiglia: mi è sempre stata vicino». Poi parla del futuro, con discrezione, senza enfasi. Non un accenno all’ottavo titolo che è quasi scontato: «Il prossimo anno mi piacerebbe essere ancora qui, mi trovo bene, mi diverto ancora. Ho programmi in piedi molto coinvolgenti con la Mercedes che mi piacerebbe molto portare avanti. La lotta alle disuguaglianze e al razzismo, quest’anno abbiamo fatto cose importanti, ma c’è ancora molto da fare. E poi la svolta energetica e la mobilità sostenibile sulla quale è impegnata la nostra Casa. Ci credo molto, mi piacerebbe essere il testimonial, è una sfida appassionante».

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Lunedì 16 Novembre 2020 - Ultimo aggiornamento: 18-11-2020 12:40 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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