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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Fca

Intesa pronta all'ok per il prestito Fca. La palla passa alla Sace, al Mit e al Governo

di Giorgio Ursicino

Oggi si riunisce il consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo per decidere sul maxi finanziamento da 6,3 miliardi a Fiat-Chrysler. Sul via libera dell’istituto di credito all’erogazione alla filiale italiana dell’asse Torino-Detroit non dovrebbero esserci problemi anche perché le due parti si sono parlate a lungo e sembra ci sia accordo anche sui dettagli. L’iter per finalizzare l’operazione, però, non è affatto concluso e la palla passa alla parte del governo. Le accese polemiche che ci sono state al momento dell’annuncio del finanziamento, però, potrebbero creare diverse posizioni sul fronte politico e rischiano tuttora di far incagliare l’operazione.

In realtà, benché la manovra sia nata da un decreto del governo, voci di protesta si sono levate soprattutto dalla maggioranza, mentre l’opposizione ha mostrato il gradimento di un prestito ritenuto fondamentale per dare liquidità ad un’azienda e una filiera operanti Italia, quindi a tutela di oltre centomila addetti che operano in Italia. Con l’ok del cda di Intesa, il dossier passerà alla Sace (controllata dalla Cdp) che garantisce la cifra. Poi approderà al ministero dell’Economia che dovrà emettere un decreto per formalizzare il tutto. Sull’argomento l’azienda non ha parlato, silenzio assoluto.

È certa di essersi mossa sulla linea che il Decreto Liquidità ha tracciato per tutti. Se qualcosa non va, è l’esecutivo ad aver cambiato idea e allora si vedrà. Lo scoglio sono le garanzie pubbliche: Fca è sicura che le richieste al governo sono blindate dalla legge, per questo ha proceduto senza tentennare. Fondamentalmente gira tutto intorno a come verranno utilizzate le risorse erogate da Intesa e garantite da Sace: devono restare in Italia. E su questo Fca è pienamente d’accordo visto che serviranno non solo per Fiat-Chrysler ma per tutta la filiera automotive italiana, 5.500 aziende che occupano oltre 200 mila dipendenti. Alcuni esponenti politici considerano l’impegno insufficiente, chiedono altre assicurazioni.

La più gettonata è la rinuncia spontanea al dividendo straordinario che spetta ai soci Fca nel processo di fusione paritetica con Psa. Altri, ma si tratta di voci isolate, hanno chiesto che per prendere tutti quei soldi l’azienda deve riportare la sede in Italia dopo il trasferimento in Olanda. Come detto, dalla sede torinese di Fca Italy (il soggetto che formalmente prende il prestito) non è arrivato nessun commento; qualche cenno, non polemico, è giunto solo dal presidente di Fca America, John Elkann. All’assemblea degli azionisti di Exor, la holding della famiglia Agnelli che controlla la casa italo-americana, ha affermato che la maxi-cedola non si tocca, fa parte delle fondamenta dell’accordo siglato con i francesi ed «è scritta nella roccia».

Della sede non ha parlato, ma ci sono zero possibilità che tocchi il quartier generale di una società che ha il tre quarti del business negli Usa anche perché, in caso di trasloco, gli americani la vorrebbero a Detroit. Ci sono gli importanti investimenti che Fca sta facendo nel nostro aese ma, anche se il management non li ha mai messi in dubbio, difficilmente Elkann farà diventare un obbligo una libera scelta aziendale, per di più in una fase emergenziale scatenata dal coronavirus. Gli altri governi danno aiuti, il nostro chiede impegni. 

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Martedì 26 Maggio 2020 - Ultimo aggiornamento: 28-05-2020 10:21 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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