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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Una fabbrica di auto

Stop all'auto termica nel 2035. Parlamento Europeo diviso, a rischio la strategia della Commissione

di Giorgio Ursicino

Le auto elettriche attualmente non si vendono. Almeno in Italia. Il prezzo è alto, le colonnine di ricarica sono poche. Chi le usa può soffrire di ansia di autonomia. Fra quasi 15 anni, però, si dice che lo scenario sarà diverso e che non è il caso di frenare proprio ora. Alle turbolenze della post pandemia si sono aggiunti gli effetti di una guerra nel cuore dell’Europa. Le incertezze pesano come un macigno sulla mobilità, un’attività parecchio energivora. Il Parlamento europeo di Strasburgo dovrà deliberare in queste ore sul pacchetto “Fit for 55” per tagliare drasticamente le emissioni di CO2. Fra le misure previste c’è il totale stop alla vendita di auto termiche entro il 2035. Al COP26 di Glasgow, che si è svolto in Scozia lo scorso novembre, l’Ue si è candidata, fra l’acclamazione di tutti i principali Stati membri, ad essere l’area geografica leader nel processo di decarbonizzazione che dovrà passare fra le strette gole della transizione energetica.

Dal punto di vista del pianeta una mossa encomiabile. Anche se è sempre stata cosa nota che cambiamenti tanto repentini hanno sicuramente un costo. Dettagli soppesati a lungo visto che la Commissione lavora da tempo immemorabile sul tema. Correre troppo sul piano ambientale, senza tener presenti anche dettagli delle ricadute sociali, sarebbe un errore imperdonabile. È ovvio che le fasce più deboli della popolazione non possono essere tagliate fuori e la mobilità deve restare un diritto irrinunciabile per tutti. Sulla carta, quindi, tutti d’accordo e i costruttori (questi iter hanno processi industriali particolarmente lunghi), spinti dalla politica, si sono messi da tempo a lavorare sul nuovo corso nel quale si trovano molto più avanti di quanto si possa immaginare.

Conoscendo la delicatezza del passaggio per l’automotive, costretta a ripensare se stessa cogliendone anche le opportunità, le varie case si sono tutelate sventolando in più occasioni il senso unico della svolta: i costi sono talmente alti che sul trasporto ecologico non si torna indietro. Ora lo scenario è sfuocato ed il fronte potrebbe sfaldarsi, come è successo su altre vicende. Alcuni, i più ottimisti, sostengono che gli imprevisti avvenimenti in atto accelereranno il processo di transizione e il distacco dall’energia russa favorirà l’affermarsi di fonti alternative soprattutto pulite, quindi in primis l’energia elettrica. Gli improvvisi frenatori mettono sul tavolo argomenti altrettanto validi: il caro energia ha creato e creerà problemi economici che avranno risvolti sociali. È meglio, quindi, andarci cauti e spostare in avanti alcune date ormai diventate di dominio pubblico.

Anche per i più timorosi il dossier rimane ostico perché, a questo punto del guado, non è affatto chiaro quali potrebbero essere i veicoli che costeranno meno all’alba del 2035. Le vecchie auto termiche, sulle quali non viene più investito un euro da un lustro, o quelle elettriche sulle quali sono confluiti investimenti ciclopici provenienti anche da altri settori? La risposta non è affatto scontata. Gli esperti sostengono che le curve dei costi delle vetture termiche ed elettriche (quindi zero emission) si incroceranno nel 2026. Un decennio prima della fatidica scadenza. Quindi non è affatto folle immaginare che nel 2035 il futuro sarà molto più economico del passato.

Sia come sia, nei piani decennali di tutti i costruttori già nel 2030 c’è una quota del tutto marginale di veicoli con motore a scoppio. Almeno in Europa. A Glasgow nessuno è stato categorico quanto il Vecchio Continente. Alcuni dei Grandi si sono adagiati sulla data del 2050 con una parte significativa che ha buttato sul tavolo l’azzeramento della CO2 addirittura al 2070 (è un diritto dei paesi sovrani). Chi ha ragione? La politica europea ha deciso che essere primi sarà un vantaggio.

Il vicepresidente della Commissione vicario e commissario europeo al Clima e al Green Deal, il politico-diplomatico poliglotta olandese Frans Timmermans, ha ammonito di non esitare e continuare il percorso intrapreso da tempo. Su una decisione del genere, in una contingenza così esplosiva, entreranno in gioco, però, anche le politiche locali e nulla è sicuro in uno schema che prevede l’unanimità è c’è lo spettro del diritto di veto. Comunque è una partita meno sentita di quella bellica che è attuale e coinvolge interessi più diversi. La soluzione deve essere buona per tutti e sembra difficile che i protagonisti si impantanino sull’auto.

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Mercoledì 8 Giugno 2022 - Ultimo aggiornamento: 09-06-2022 11:37 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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