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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
La Tesla Model 3: manutenzione zero

Tesla Model 3, 150mila km al volante: azzerati i costi di manutenzione

di Giorgio Ursicino

“Long test”, 150 mila chilometri percorsi con un gioiello completamente green. Con il modello più diffuso del pianeta, la Tesla “Model 3”. L’ultimo tassello che mancava alla mobilità ecologica per dimostrare la sua superiorità su quella con il tubo di scarico. Un verdetto annunciato perché i progressi della tecnologia, se usati con raziocinio e responsabilità, raramente hanno deluso. La “fase due” dell’auto elettrica sta scaldando i motori. Non è un aspetto da far passare sottogamba dopo la partenza fra tante polemiche solo sul finire del decennio scorso. Molto presto arriverà la seconda generazione delle vetture alimentate solo a batteria e, a conferma dell’enorme potenziale futuro, i progressi rispetto all’esordio saranno sorprendenti. Per quasi tutti i costruttori, esclusa la Tesla e pochi altri, si tratterà del debutto delle piattaforme native ad elettroni, indubbiamente un vantaggio rispetto a quelle multienergia utilizzate finora.

Cosa necessaria, il listino dei veicoli scenderà, il peso sarà più contenuto, gli ingombri ridotti. Gli accumulatori vanteranno una densità maggiore e saranno in grado di immagazzinare più energia. Anche l’autonomia crescerà e, finalmente, saranno disponibili pure le citycar ad un costo accessibile. In attesa della vera rivoluzione, quindi, si può tentare un bilancio dello scenario che è ai titoli di coda. E, non c’è dubbio, lo stato “avanzamento lavori” è in vantaggio su tutte le previsioni. Gli elementi che confermano questa sensazione sono molteplici: tecnologici, finanziari, commerciali e, soprattutto, l’entusiasmo con cui l’innovazione è stata accolta dagli automobilisti, in modo particolare quelli appassionati di motori e di guida. Chi l’avrebbe mai detto? L’auto zero emission fu accolta come una soluzione per rispettare l’ambiente, azzerare la CO2 e consentirci di respirare nella grandi città.

Valori che avrebbero presentato il conto sul piano dell’emozione con un crollo quasi verticale della passione che aveva accompagnato un primo secolo abbondante di storia della mobilità. Fortunatamente non è stato così. Il fiore all’occhiello del muoversi ecologico sono diventate proprio le prestazioni, mettendo in un angolino, anche da questo punto di vista, le “antiche” signore col motore a scoppio. Più potenza e più coppia. Per di più, immediatamente disponibile. Performance neanche paragonabili, con il baricentro bassissimo e un’agilità garantita dall’accelerazione bruciante che ha dell’incredibile. Inoltre, il silenzio, che nella convulsa esistenza attuale va sicuramente considerato un plus. Anche perché l’inquinamento acustico “necessario” può essere sostituito solo per i passeggeri dal sound artificiale su misura dell’impianto audio che si può attivare a scelta. Un bilancio, dall’angolazione del veicolo, è certamente positivo.

Poi c’è l’aspetto finanziario affatto trascurabile. Tesla da sola, il simbolo dell’auto elettrica, è riuscita ad attirare capitali finora sconosciuti al settore automotive, facendo diventare il geniale Elon Musk l’uomo più ricco del globo. È arrivata a superare i mille miliardi di capitalizzazione (nessuno nel settore ha mai raggiunto neanche un terzo) ed ha nel mirino, a un tiro di scoppio, i cento miliardi annui di fatturato ed i due milioni di veicoli nell’esercizio, con un “ritorno” di quasi il 20%. L’andatura di una casa di nicchia con volumi da grande produttore. Quando andranno a regime i due nuovi impianti di Berlino ed Austin, l’obbiettivo è tutt’altro che precluso. Commercialmente le auto con la spina (100% elettriche e ibride plug-in) hanno guadagnato il loro spazio. In particolare in Europa, il continente che si è autoproclamato apripista del cambiamento virtuoso.

Nell’ultimo mese le “ricaricabili” hanno raggiunto una quota di mercato di grande valore, non solo in Norvegia e Olanda, ma nei paesi importanti che rappresentano la maggiorana delle vendite: 40% del totale in Germania, quasi 30% nel Regno Unito, il 25% in Francia, a conferma che, con un’offerta adeguata, i clienti sono più che pronti a cavalcare la tigre. L’Italia non fa testo e questa percentuale è ancora ad una sola cifra. Ma, su questo quadro ideale, ci sarà un problema? Certo che sì e pure bello grosso. La rete di ricarica, indispensabile per una diffusione capillare della transizione energetica. Le colonnine pubbliche e le wall box nei garage privati prima non c’erano ed è comprensibile che, per istallarle in modo progressivo, serviranno anni. Almeno, pero, bisogna far vedere ai consumatori che il processo è in atto e c’è qualcuno che lo sta guidando, facendo un piano di sviluppo credibile e certo.

Questo in Italia sembra non sia ancora avvenuto e ci sono parecchi scettici che ciò avverrà. È uno dei motivi principali (l’altro è economico dovuto alla crisi in presenza di prezzi più alti) del mancato decollo della nuova mobilità nonostante l’UE abbia stabilito l’obbligo di vendita delle vetture elettriche nel 2035 e, quasi tutti i costruttori, lo abbiano anticipato al 2030. Ma torniamo alla “fase uno”, quella ancora attuale. C’è sul tavolo un argomento decisivo per confrontare il “cambio di passo”. Stanno arrivando i primi report sulla durata, i costi di gestione e l’affidabilità che prima mancavano perché, essendo i veicoli al debutto, non c’era uno storico reale da consultare. Visto che le prime vetture a batteria vendute in numeri significativi iniziano ad avere 3 o 4 anni sono sempre di più gli utilizzatori “normali” che hanno percorso 150 mila o 200 mila chilometri ad emissioni zero.

E il consuntivo, anche da questa particolare angolazione, è rassicurante, quasi completamente positivo. Sia per i guasti, enormemente diminuiti rispetto all’era degli idrocarburi, sia per i costi di manutenzione. Sia infine per i disagi che bisogna affrontare quando l’amica auto deve fermarsi in officina. Il test è stato effettuato seguendo, quasi quotidianamente, la vita di una Tesla di un proprietario molto fidato che si è prestato a fare da “collaudatore”. Per iniziare uno screening del profilo del cliente. Come può una persona sana di mente, che utilizza con costanza l’auto (circa 50 mila km l’anno, una quantità diverse volte superiore alla media), nella primavera del 2019 comprarsi una vettura a batterie di un brand quasi sconosciuto? Per di più in Italia? La domanda è lecita, la risposta tutt’altro che scontata. Col senno di poi, rifarebbe la stessa scelta. Mai tornerebbe indietro. Sia come tipologia, sia come costruttore che prevede un processo di acquisto e un’esperienza di possesso alquanto originale.

Ingegnere cinquantenne che per lavoro segue la digitalizzazione di una delle più grandi aziende tricolori. Senza dubbio attratto dall’innovazione e dalla tecnologia e, sicuramente, pure dai cambiamenti. Il suo punto favorevole è avere le colonnine di ricarica, sia a casa che al lavoro. Quello sfavorevole di percorrere un buon numero di km al giorno e spostarsi per lunghi tratti. Nel “day by day” nessun problema: anche nella semplice presa di casa con impianto a 3 kWh durante la notte si rifornisce per quasi 30 kWh sufficienti per fare 150 km. In ufficio ancora meglio perché la colonnina, pur non essendo certo una ultrafast, ha una potenza maggiore. Si vive, invece, nell’ecosistema a corrente continua e nelle colonnine HPC (High Power Charger) quando si lascia l’aria di casa.

Tesla ha la sua rete dedicata anche nella Penisola e i dispositivi informativi di bordo ti accompagnano direttamente al rifornimento che incide per poco tempo sulla tabella di marcia dell’itinerario. La colonnina è certo che sia immediatamente disponibile e l’operazione rapidissima, giusto il tempo di prendersi senza fretta un caffè e fare un pit stop fisiologico. Anche la procedura è semplice semplice. L’ingegnere ha fatto anche la prova con il papà un po’ anziano a cui ha lasciato la Tesla per un viaggio senza dargli alcuna spiegazione. Anche il nuovo utilizzatore è rimasto soddisfatto e non ha segnalato inconvenienti nel raccontare l’inedita esperienza.

L’auto, oltre ad accompagnarti al punto giusto, non ha bisogno di nessun aiuto, basta attaccare la presa e lei dialoga direttamente con la colonnina. Ma la cosa che ha lasciato più sorpreso il nostro collaudatore è stata l’affidabilità con una totale assenza di manutenzione. In 150 mila km (ed oltre tre anni) un vantaggio enorme rispetto alle auto termiche, sia di tempo, sia di denaro. Secondo i suoi calcoli un po’ deformati dalla professione, nel conto economico triennale, sommando tutti i costi di utilizzo (compresi quelli dell’alimentazione) ed il valore residuo, la Tesla è costata meno di qualsiasi vettura termica...

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Lunedì 26 Dicembre 2022 - Ultimo aggiornamento: 28-12-2022 19:39 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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