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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Max Verstappen con la sua Red Bull in Texas

Verstappen, torna il duello con Hamilton. Leclerc e la Ferrari ancora senza feeling con le gomme

di Giorgio Ursicino

Un gran premio spettacolare, forse il più bello della stagione. Non ci sono tattiche per il Mondiale, il titolo è già stato assegnato. I ragazzi corrono liberi, per il solo piacere di farlo. In realtà, ci sono dei record da lucidare che, per questi fenomeni, possono trasformarsi in una marcia in più. Max, messa la seconda corona in bacheca in quel di Suzuka, nella tana della Honda, ha motivazioni massime: vuole il tredicesimo trionfo stagionale, per eguagliare il Michael Schumacher del 2004 e il Sebastian Vettel del 2013 quando riuscì a vincere addirittura nove corride di fila. E, cosa ancor più motivante, vuole dedicare il dominio a Dietrich Mateschitz, il patron della Reb Bull scomparso a 78 anni. Per Max l’imprenditore visionario era qualcosa in più di un proprietario di team, ha significato molto nella sua ancor giovane carriera.

Il genio austriaco, formidabile nello scegliere gli uomini, intuì che, quel bambino olandese cresciuto nel vivaio di Helmut Marko, meritava che gli venissero affidate le chiavi di uno dei team più prestigiosi. E il tulipano ha ripagato con gli interessi, compresa l’ovazione di ieri. Anche l’Imperatore Lewis Hamilton aveva messo nel mirino il GP texano per non perdere un primato che solo lui ha nella storia della Formula 1: aver vinto una gara in tutte le stagioni a cui a preso parte, ad esclusione di questa (la sedicesima). Poteva essere anche la giornata della Ferrari e soprattutto di Carlos Sainz che sabato aveva conquistato la terza pole position della stagione ed anche della carriera.

Lo spagnolo si è fatto precedere alla prima curva da Verstappen e dietro aveva il tandem della Mercedes alla ricerca della vittoria di tappa ancora latitante nel 2022 dal carniere dei due talenti britannici. Russell toccava la Ferrari e rimediava 5 secondi di penalizzazione, ma per la SF-75 del giovanotto di Madrid la corsa finiva lì. Charles era molto più indietro, scattava dalla dodicesima casella dello schieramento per aver sostituito sia la power unit termica sia il turbo. Max e Lewis andavano in fuga, Leclerc recuperava approfittando di un paio di safety car. La cosa interessante era che almeno tre squadre si battevano per la vittoria perché, oltre alla spaziale Red Bull (forse aiutata da uno sforamento del budget cap) brillava il Cavallino e la Stella di Stoccarda.

Le Frecce d’argento, non c’è dubbio, sono cresciute soprattutto in gara e ad Austin erano competitive anche rispetto alle monoposto austriache. Uno scenario che lascia ben sperare per un 2023 ancora più elettrizzante. Maranello, invece, ha confermato di non essere all’altezza con le gomme usurate, mentre il bolide con le Pirelli nuove ed a serbatoi vuoti è forse la più rapida. Anche ieri il predestinato ha infilato Perez come un tordo ed ha combattuto con il bicampione del mondo in carica in alcune fasi della battaglia. Quando l’asfalto usura il battistrada, però, non c’è niente da fare, tocca alzare bandiera bianca. Gli uomini di Maranello dovranno trovare una terapia, altrimenti anche la nuova stagione potrebbe iniziare in salita.

Nel finale in testa c’era Hamilton, complice una buona strategia del muretto tedesco ed uno dei rari errori dei meccanici Red Bull che non riuscivano a riavvitare la ruota anteriore sinistra della vettura numero uno. Max guidava alla Max ed infilava prima il ferrarista poi il baronetto britannico. Il monegasco nel finale si doveva difendere anche dal ritorno di Perez per salvare il podio. La Mercedes, forse, è stata troppo conservativa mandando in pista l’inglese con le gomme dure mentre Verstappen sceglieva le medie. E le gialle sono apparse più a loro agio delle bianche per coprire quella distanza niente affatto esagerata.

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Lunedì 24 Ottobre 2022 - Ultimo aggiornamento: 25-10-2022 09:56 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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