Una folla addolorata lo ha accompagnato nella cerimonia di stato che si è svolta in suo onore a Mumbai, dove è stato cremato: tutta l'India ha reso omaggio a Ratan Tata, l'imprenditore visionario che è riuscito a guidare il gruppo omonimo verso un'espansione globale. Tata è morto a 86 anni la notte scorsa, lasciando un conglomerato attivo in oltre cento paesi, dal fatturato totale di 165 miliardi di dollari, con oltre 660mila dipendenti, e dalla vocazione filantropica ineguagliata: due terzi del capitale sociale della holding Tata Sons sono detenuti da fondazioni. Per tutta la giornata personalità di primo piano non solo indiane si sono unite all'addio a una personalità definita «leggendaria» con innumerevoli messaggi di cordoglio, tutti all'insegna del rispetto per le sue doti umane, per lo stile di vita modesto, per la spontaneità di cui il capitano d'industria ha dato spesso prova.
L'arrivo di Ratan Tata al vertice del colosso di Mumbai era coinciso, nel 1991, con la svolta della politica economica del paese e con lo smantellamento dell'economia statalista del premier Nehru. Tata, che veniva da un infanzia difficile e che, anche per la sua laurea in architettura, era stato ritenuto inadatto alla leadership di un'azienda centenaria, in poco tempo stupì tutti. Con uno stile tutto suo, senza rotture clamorose diede all'azienda la sua impronta indelebile, svecchiando il management, aprendo a nuovi settori, affiancando al core business dell'acciaio, delle auto e delle miniere, catene di hotel, moda, lusso, elettronica. E telecomunicazioni: la Tata Consultancy Services, creata nel 1996 approdò in borsa nel 2004. Tra le mosse più clamorose dei suoi appena vent'anni alla guida della conglomerata, l'acquisto della società britannica di tè Tetley e dell'acciaieria anglo-olandese Corus, la più grande acquisizione di una società straniera da parte di un'azienda indiana.
Nel 2008 il lancio della Nano, l'utilitaria che avrebbe dovuto traghettare la nascente classe media indiana dalle due ruote alla comodità di un abitacolo capace di ospitare tutta la famiglia, fu l'avverarsi di un sogno. Ma il sogno si trasformò in delusione: la piccola automobile, che costava meno di 1200 euro, fu un flop e la sua produzione cessò definitivamente nel 2018. Nel frattempo, con quella che molti interpretarono come una rivincita sul passato coloniale, Tata aveva strappato alla Ford la Jaguar e la Land Rover, era entrato nell'alta gioielleria, nell'alta moda e in partnership con Starbuck aveva portato le caffetterie social nelle metropoli indiane. Fino a tornare al dominio dei cieli, con la low cost Vistara, e la riacquisizione di Air Inda, l'ex compagnia di bandiera.