Fca, il gruppo scommette sulle proprie forze ma la via delle alleanze sembra obbligata

Fca, il gruppo scommette sulle proprie forze ma la via delle alleanze sembra obbligata

di Giorgio Ursicino
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ROMA - Ormai quasi tutti sostengono che i cambiamenti che avverranno nel prossimo decennio non si sono mai visti in oltre un secolo di storia dell’auto. Qualcuno arriva addirittura a sostenere che la svolta sarà simile a quella che dalle carrozze trainate da cavalli ha portato alle vetture con il motore a scoppio.
La squadra Fca è strutturata, abituata a giocare insieme e può vantare protagonisti di spicco nei vari ruoli. Dovrà abituarsi a muoversi in campo senza il capitano, il goleador poiché per il momento Mike Manley non può sostenere il confronto con Marchionne. Sergio lascia una Fiat Chrysler sana e in buona forma, fondamenta solide su cui costruire il futuro. Il debito è stato azzerato, il risultato operativo non è ancora quello di Toyota o Volkswagen, ma è tornato assai interessante, come è ormai simile ai concorrenti il “ritorno” sul fatturato.

Marchionne, che guardava sempre la cima degli alberi, nell’ultimo periodo aveva cambiato strategia ed Elkann, come quasi sempre è avvenuto, ne aveva appoggiato le scelte. Niente più ricerca a tutti costi di un partner, ma massima concentrazione sull’attuazione dei propri programmi poiché il ritardo è stato annullato ed ora si può giocare il match alla pari con i rivali. «Che la GM abbia rifiutato la nostra proposta di matrimonio è stato un bene, ora siamo più forti di prima», aveva ripetuto Sergio nei suoi ultimi show ai Saloni. E nel nuovo piano presentato il primo giugno ci sono tutte le chiavi per giocare un incontro all’attacco, dando linfa vitale non solo all’azienda, ma anche all’Italia, visto che i nuovi modelli porteranno alla piena occupazione. Quando è stato il momento Marchionne ha messo la freccia ed ha accelerato.

Lui ha più volte ammesso i suoi passi falsi, ma quello di essere cauti sulle nuove e costose tecnologie, non è stato un errore, ma una necessità, una tattica per risparmiare sugli investimenti a lungo termine e rientrare nel gruppo, nel plotone dei migliori. Il piano 2018-2022 è aggressivo ed ha tutte le carte in regola per cavalcare al meglio l’ondata del cambiamento. Ora deve essere attuato e man mano adattato alle pieghe che prenderanno gli eventi. Peccato per l’uscita di Alfredo Altavilla, un altro uomo forte che ha fatto un gran lavoro in Emea, sia sull’apparato industriale che sul mercato, gestendo volumi e risultati finanziari nella fase di migrazione verso l’area premium. Un “regista” di grande esperienza e fortemente legato ai colori sociali, in grado di svolgere sia la fase difensiva che quella d’attacco. Stefan Ketter ha realizzato il sogno di Marchionne di avere un network industriale moderno e efficiente, Harald Wester era e resterà alla guida dell’ingegneria. Bisognerà vedere se Pietro Gorlier seguirà la Marelli nel suo spin off o resterà in Fca alla guida della strategica Mopar.

Nella corsa verso la mobilità sostenibile e le emissioni zero Marchionne ha tracciato una strada ambiziosa. È stato il primo ad annunciare lo stop al diesel spostando il baricentro verso nuovi cuori a benzina sempre più elettrificati e sull’arrivo di vetture al 100% a batterie. La decisa svolta non riguarderà solo le citycar che presto saranno obbligate ad essere “pulite”, ma coinvolgerà anche i modelli fuoristrada e ad alte prestazioni. Infine la guida autonoma ed anche in questo campo Marchionne ha lasciato quello che serviva. «I nostri dispositivi di assistenza alla guida non sono un’idea, ma una realtà», ha dichiarato il manager italo-canadese il primo giugno puntando i riflettori sugli accordi da lui raggiunti con protagonisti all’avanguardia nel settore.

Da una parte l’intesa con Waymo della galassia Google che ha già dato vita alla Pacifica, dall’altra quella con Bmw e Mobileye di Intel. Come da lui stesso dichiarato nella prima uscita pubblica la mission di Manley è di attuare il piano e di vigilare insieme a Palmer sulla possibilità di siglare accordi industriali di natura tattica. Il presidente e l’azionista Elkann guarderà anche oltre, alla possibilità di una joint venture o di un’eventuale fusione strategica (i nomi sono sempre gli stessi, Hyundai, Ford, Volkswagen, GM). Come ha ricordato il primo giugno, però, non sembra sia sul tappeto l’ipotesi di uscire dal settore: «L’azienda non è mai stata così sana e forte, non c’è alcun motivo per farlo».
 

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Giovedì 26 Luglio 2018 - Ultimo aggiornamento: 18:47 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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