Sergio Marchionne con John Elkann

Ferrari, il miracolo del rilancio: serve un piano per restare in alto

di Giorgio Ursicino
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ROMA - Ieri la Rossa non ha espugnato la Germania, la Scuderia non è riuscita a «regalare a Sergio» il trionfo promesso in casa della Mercedes. A combinare il pasticcio ad Hockenheim è stato il caposquadra Sebastian Vettel, «il tedesco del sud Italia», come lo aveva definito Marchionne per il suo temperamento un po’ latino che lo rende protagonista di imprese epiche, ma anche di errori banali: un argomento da tener presente da parte di chi da ieri è alla guida del Cavallino. Del resto, prendere al volo il volante di una macchina messa a punto e guidata da Marchionne non è impresa facile per chiunque. Sergio aveva un talento unico e riusciva a trarre il massimo da un assetto anche non proprio a punto. Al di là delle montagne che dovranno scalare Manley e Camilleri, la vera sfida sarà quella di John Elkann per la prima volta al comando senza il supporto del super manager.

Il rappresentante della famiglia che controlla le varie aziende dell’ex Lingotto poggia sui 14 anni di esperienza accumulata a fianco del leader italo-canadese, ma ora non potrà più contare sulle sue relazioni, sui suoi preziosi consigli e sulle sue geniali intuizioni. Il nipote dell’avvocato è ora presidente di tutte le società esclusa Cnh e diversi aspetti dovrà seguirli in prima persona. Fca ha già un piano dettagliato, si tratta di tararlo, ma soprattutto di attuarlo. Quello del Cavallino, invece, era ancora nella mente di Sergio, ci sono numerosi aspetti già decisi, ma l’affresco deve essere ancora messo insieme e spesso sono i dettagli a fare la differenza: oggi la Ferrari vola nella stratosfera ed è certo più facile salire in quota che mantenere un’altitudine di crociera così elevata. Fu proprio Marchionne a rendersi conto che il Cavallino galoppava su una montagna d’oro, che l’eccellente lavoro fatto da Luca Montezemolo nel suo ventennio a Maranello poteva essere trasformato in una valanga di soldi. Nemmeno un’aquila avrebbe visto tanto lontano.

Gli analisti ipotizzavano un valore di 5 miliardi, Marchionne, con il suo solito humor, buttava lì: «Per me ne vale anche 10». Alla chiusura di Borsa di venerdì scorso l’azienda che produce le Rosse capitalizzava oltre 22 miliardi con l’azione a 120 euro (a metà giugno ha sfiorato 130 euro), quasi il triplo rispetto all’esordio a Piazza Affari avvenuto all’inizio del 2016. Ma per restare sull’Everest serve consistenza e credibilità, capacità di innovare e fedeltà ad una tradizione che non ha uguali. Quando prese il comando del Cavallino, Marchionne non aveva grande esperienza nelle competizioni e qualcuno temeva che potesse trascurare questo strategico asset. Niente di più sbagliato, il manager italo-canadese aveva ben chiaro che l’eccellenza della produzione di serie doveva andare di pari passo con il ritorno alle vittorie in Formula 1, un elemento emozionale che alimenta come poche altre cose il titolo di un bene di lusso.

Ora Elkann e la sua squadra devono continuare su questa strada definendo un piano che porterà il Cavallino in nuovi territori aumentando la produzione per far salire i profitti poiché non è certo facile mettere in cassaforte un margine operativo che superi un terzo del fatturato. L’operazione Formula 1 è delicata e complessa, Marchionne lavorava gomito a gomito con Maurizio Arrivabene e il team principal aveva la copertura di tutte le principali decisioni, compreso l’organigramma della gestione sportiva che nell’ultimo periodo è cambiato in profondità, migliorando risultati e prestazioni. Sergio era diventato il regista dell’intera Formula 1 e per avere un futuro in linea con la filosofia del Cavallino aveva addirittura minacciato l’uscita delle Rosse dai gran premi.

Nella vetture di serie Marchionne era ormai diventato un grande esperto di prodotto e prendeva decisioni audaci e rivoluzionarie. Lui ha ritenuto fattibile far salire la produzione senza perdere esclusività, lui ha voluto il Suv, lui ha creduto nella svolta ibrida ed ha iniziato ad anticipare quella elettrica. Ora bisogna portare a termine tutti questi programmi, pensare ad ulteriori novità e mantenere il titolo su livelli stratosferici. Come diceva Sergio «le cose bisogna dirle, ma poi bisogna anche farle».
 

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Martedì 24 Luglio 2018 - Ultimo aggiornamento: 07:35 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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