Nessun passo indietro da parte di Bruxelles nella guerra commerciale con Pechino. La Commissione europea tira dritto e imporrà da domani tariffe aggiuntive fino al 37,6% sulle importazioni di veicoli elettrici provenienti da Pechino. Per il momento saranno solo misure compensative provvisorie: quattro i mesi di tempo, fino alla fine di ottobre, in cui si intensificheranno i colloqui con Pechino per distendere la controversia senza arrivare a imporre tariffe definitive. I dazi dovranno essere confermati entro la scadenza di fine ottobre con una decisione da parte degli Stati membri. Se confermati, si applicheranno per 5 anni. «I dazi non sono un obiettivo in sé, sono un mezzo per correggere una situazione ingiusta, vogliamo arrivare a una soluzione: vogliamo il dialogo con le nostre controparti cinesi e questo dialogo sta avendo luogo», ha chiarito il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer, parlando di «segnali positivi» dal confronto. Pechino spera a sua volta che l'Ue mostri «sincerità nel portare avanti la consultazione sull'indagine anti-sovvenzioni» e di raggiungere una «soluzione accettabile per entrambe le parti il prima possibile», ha detto il portavoce He Yadong. A sperare in una risoluzione pacifica anche il governo di Roma, «perché i dazi sono solo uno strumento ma la soluzione è cosa diversa», secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha evocato la necessità di trovare una soluzione «all'interno del Wto perché noi siamo per un mercato libero ma equo».
I dazi varieranno a seconda dei produttori inclusi nel campione: Byd al 17,4%, Geely al 19,9%, Saic al 37,6%. Altri produttori che hanno collaborato all'indagine saranno soggetti a un dazio del 20,8% mentre sarà del 37,6% per le società che non hanno collaborato. Le tariffe sono più o meno le stesse di quelle annunciate dalla Commissione il 12 giugno, riviste leggermente al ribasso per correggere errori di calcolo iniziali, ha spiegato Bruxelles. Andrebbero ad aggiungersi agli attuali dazi sulle importazioni al 10%, che salirebbero dunque fino a un massimo del 47,6%. La Commissione europea ha avviato lo scorso 4 ottobre l'indagine anti-sussidi sui veicoli elettrici cinesi, che si concluderà al massimo 13 mesi dall'avvio. Al momento ha concluso che «l'intera catena del valore dei veicoli elettrici a batteria beneficia pesantemente di sussidi ingiusti in Cina e che l'afflusso di importazioni cinesi sovvenzionate a prezzi artificialmente bassi rappresenta quindi una minaccia di pregiudizio chiaramente prevedibile e imminente per l'industria dell'Ue». Bruxelles stima che nella transizione che sta attraversando il mercato dei veicoli con motore a combustione interna per andare verso il modello elettrico la quota di mercato dell'industria a dodici stelle sta diminuendo dal 68,9% nel 2020 al 59,9% nel periodo compreso tra ottobre 2022 e settembre 2023, mentre la quota di mercato della Cina sta aumentando dal 3,9% al 25%.
Secondo l'esecutivo comunitario c'è il rischio che la crescente presenza dei veicoli elettrici cinesi sui mercati Ue possa frenare lo sviluppo dell'industria europea, con perdite per 2,5 milioni di posti di lavoro diretti e 10,3 milioni indiretti. Pechino ha ripetutamente espresso «forte opposizione» all'indagine europea e già a giugno aveva affermato di ritenere la decisione di Bruxelles «motivata politicamente» e «protezionistica». In ordine sparso le reazioni nel comparto dell'auto Ue, che vede la contrarietà delle case tedesche più esposte negli scambi con la Cina. Per Stellantis l'ad Carlos Tavares aveva sottolineato soprattutto l'importanza di «andare all'attacco», cavalcando «l'onda dell'offensiva cinese».