Toyota, l'idrogeno è in strada. I camion elettrici ibridi, fuel cell e batterie, al servizio del centro ricambi di Diest

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La sconfitta della CO2 da parte delle case automobilistiche non passa soltanto attraverso prodotti che emettono sempre meno e neppure per un’unica tecnologia. Ne è convinta Toyota, da sempre sostenitrice di un processo di decarbonizzazione che deve guardare oltre l’elettrico e le emissioni locali prodotte dalle automobili, ma abbracciare tutto il funzionamento di un’industria poderosa, quanto complessa da gestire e ripulire. L’obiettivo è azzerare l’impronta della CO2 entro il 2050 e in Europa la casa giapponese vuole anticiparlo di 10 anni offrendo una gamma sempre più virtuosa e agendo su tutta la sua organizzazione commerciale e industriale.

Un terzo del lavoro può essere fatto già dal 2030 agendo sulla logistica, per questo Toyota utilizza dallo scorso maggio 4 camion dotati di celle a combustibile a idrogeno presso il proprio centro europeo di distribuzione ricambi di Diest, in Belgio, da dove partono quotidianamente oltre 500mila pezzi (pari a 120 milioni annui) destinati a servire oltre 3mila tra concessionari e punti di assistenza in 44 mercati. Ogni giorno dal Toyota Parts Centre Europe (TPCE) accoglie 200 camion che provengono dai fornitori o partono verso i 13 depositi dislocati in un’Europa molto più ampia dell’Unione in modo che, secondo il credo del just-in-time, ogni pezzo si trovi nel momento giusto, al posto giusto e nella giusta quantità. Toyota crede non da oggi nell’idrogeno e produce stack di fuel cell per tutti i tipi di utilizzo – stazionario, treni, bus, imbarcazioni e camion – che permettono al loro interno l’incontro controllato dell’idrogeno con l’ossigeno contenuto nell’aria per produrre energia ed emettere semplicemente acqua in forma di vapore.
Nel caso specifico, i 4 trattori con motore elettrico da 360 kW e capaci di trasportare fino a 40 Tonnellate sono stati forniti dalla DAF all’azienda logistica olandese VOS e trasformati da Toyota. In realtà parliamo di mezzi – per usare una parola cara al costruttore di Nagoya – “ibridi” perché sfruttano due fonti energetiche: due batterie dalla capacità complessiva di 210 kWh e ricaricabili a 120 kW e due stack da 160 kW alimentati da 7 serbatoi alloggiati alle spalle della cabina che contengono 39 kg di idrogeno per un’autonomia complessiva di 400 km. Questi possono essere riempiti in meno di 20 minuti dalle 8 stazioni che si trovano sui percorsi individuati da Toyota verso Amsterdam, Rotterdam, Lille e Colonia e che sono situate sui cosiddetti TEN-T (Trans-European Networks - Transport), ovvero i grandi corridoi logistici che, secondo il piano Alternative Fuels Infrastructure Regulation (AFIR) dell’UE, dovranno essere serviti da almeno una stazione di rifornimento per l’idrogeno ogni 200 km.
Questo è già realtà in alcuni paesi europei, ma è ancora utopia per altri tra i quali l’Italia. Eppure in Cina stanno seguendo lo stesso approccio con oltre 4.000 camion serviti da 400 stazioni con l’idrogeno prodotto in cinque hub. L’obiettivo di Toyota è creare cluster logistici come quello già attivo e unirli tra di loro formando una rete sempre più ampia e forte che utilizza un numero sempre maggiore di mezzi, non solo a idrogeno, ma anche elettrici e alimentati con carburanti alternativi. Toyota dunque vuole applicare alla logistica la stessa ricetta che ritiene valida per le proprie automobili ovvero più tecnologie di propulsione utilizzate a seconda delle reali esigenze di sostenibilità, ambientale ed economica. Nel frattempo i 4 camion a idrogeno stanno facendo egregiamente il loro lavoro tanto da aver già percorso in 5 mesi oltre 80.000 km senza problemi di sorta consumando 7 kg di idrogeno ogni 100 km ed emettendo 80 tonnellate in meno di CO2 rispetto ai mezzi dotati di motore diesel. Noi ci siamo fatti anche un giro di mezz’ora insieme a chi questi mezzi li usa ogni giorno apprezzandone la maggiore manovrabilità a bassa velocità e il comfort, con il paradosso che la loro maggiore silenziosità porta ad avvertire maggiormente il vento e il rotolamento.
Ma questo è solo il punto di partenza, perché occorre ridurre il costo vivo dei mezzi e quello di gestione agendo su più elementi. Innanzitutto bisogna diminuire la quota di idrogeno grigio (estratto da idrocarburi o da scarti di lavorazioni chimiche) e aumentare quello di idrogeno verde (estratto dall’acqua) e diminuirne il costo dagli attuali 10-18 euro/kg a 5 euro/kg, occorre poi applicare le celle a combustibile di ultima generazione, ancora più efficienti, compatte ed economiche. Adottando infine serbatoi a 700 bar e utilizzando pompe a doppio flusso si potrà triplicare la velocità di rifornimento e portare la capacità a 80 kg con il risultato che i mezzi avranno un’autonomia totale di 900 km e per un pieno ci vorranno solo 12 minuti.




