Camion parcheggiati in attesa di ripartire dopo la Pandemia

Trasporto merci, come ripartire dopo lo stop pandemia. Le proposte delle associazioni di categoria

di Giampiero Bottino
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La filiera del trasporto merci chiede più attenzione per accelerare l’uscita da un momento difficile, certificato da un mercato in frenata di circa il 35% rispetto al 2019, l’ultimo anno “normale” prima dello tsunami pandemico. Un’attenzione che il comparto ritiene di meritare con la forza dei numeri che ne certificano il peso sull’economia nazionale: 1,25 milioni di addetti, 700.000 veicoli circolanti, 344 miliardi di fatturato (circa il 20% del Pil) e un gettito fiscale che nel 2019 ha superato i 76 miliardi.

A presentare la roadmap per il possibile rilancio sono le tre associazioni in cui confluisce la stragrande maggioranza delle aziende. A parlare nella conferenza stampa congiunta sono stati i rispettivi responsabili di settore Luca Sra, delegato per il Trasporto merci dell’Anfia (costruttori nazionali), Paolo A. Starace, presidente Sezione Veicoli industriali di Unrae (case estere) e Gianandrea Ferrajoli, coordinatore Truck in Federauto, l’associazione dei concessionari.

Tutti hanno concordato sul fatto che alle problematiche contingenti se ne aggiungono altre di più lunga data, oltre alle sfide epocali – su tutte quelle dell’elettrificazione digitalizzazione – che coinvolgono l’intero mondo della mobilità su gomma, professionale e privata, e che le aziende non possono affrontare da sole senza un opportuno supporto istituzionale in settori strategici come la formazione e la creazione di infrastrutture adeguate.

Anche l’onda “verde”, che proprio in epoca di pandemia sembra aver acquistato nuova linfa, non può prescindere da provvedimenti che propizino lo svecchiamento del parco circolante, la cui età media mette il nostro Paese negli ultimi posti delle classifiche europee. Basti pensare che sulle nostre strade il 33,8% dei camion appartiene alle classi di emissioni Euro 0, 1 e 2.

«Un dato impressionante – commenta Ferrajoli – che equivale al quintuplo della Germania e al triplo della Francia». Un problema anche per lla sicurezza, visto che il miglioramento della “classificazione Euro” comporta l’evoluzione dei contenuti tecnologici capaci di ridurre i rischi per gli autisti stessi e per gli altri utenti della strada con il paradosso – evidenzia a sua volta Sra – «di vanificare gli enormi investimenti dei costruttori per adeguarsi alle normative vigenti». In effetti, poco più del 20% del circolante dispone dei dispositivi – Aebs per la frenata d’emergenza e mantenimento della corsia di marcia – obbligatori dal 2015.

«In quest’ottica di svecchiamento – sottolinea a sua volta Starace – sarebbe utile rifinanziare per tutto il 2021 l’ecobonus sui veicoli commerciali e prevedere incentivi alla sostituzione dei mezzi più vetusti, compresi rimorchi e semirimorchi”.

Oltre a puntare alla decarbonizzazione incentivando i mezzi euro 6 (e disincentivando quelli ante Euro 4), le alimentazioni alternative e potenziando la rete dei biocarburanti, le proposte della filiera, speranzosa di trovare un ascolto che finora è mancato, riguardano lo sviluppo della rete di distribuzione elettrica e dell’idrogeno, che proprio nel mezzi pesanti e nei trasporti a lungo raggio trova la sua collocazione ideale, la possibilità di autorizzare anche le officine private, ma evitando la liberalizzazione selvaggia, alla revisione obbligatoria dei veicoli e l’aumento a 18 metri della lunghezza massima degli autotreni, oggi limitata a 16,5 m.

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Venerdì 9 Luglio 2021 - Ultimo aggiornamento: 11-07-2021 15:47 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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