È l’innovazione la strada per uscire dalla palude in cui sembra impantanata l’industria automobilistica europea, sicuramente penalizzata da normative opinabili (e speriamo modificabili, come ha auspicato nel suo intervento a distanza il ministro Salvini), ma anche piuttosto “pigra” nel reagire alle sfide di un mondo che cambia alla velocità della luce, anche sulla spinta di protagonisti emergenti che stanno riscrivendo le regole del gioco.
Questa leva fondamentale – ricordata nel suo discorso di benvenuto il direttore di Quattroruote Gian Luca Pellegrini – ha guidato anche la scelta degli invitati al recente evento Quattroruote Next, che non si è fermato alla visione della case automobilistiche, rappresentate nell’occasione da Yoshihiro Nakata, numero uno di Toyota Europe, da Alfredo Altavilla, consulente per il mercato europeo della cinese Byd, e dai Ceo di due eccellenze italiane, Andrea Pontremoli di Dallara e Stephan Winkelmann di Lamborghini.
Sul palco sono state raccontante le esperienze di start up innovative di successo, di aziende come Bosch, Pirelli, Telepass e Targa Telematics che hanno nella ricerca e sviluppo la stella polare del proprio business, di realtà che studiano nuove tecnologie al servizio della mobilità green piuttosto che soluzioni coerenti con la filosofia dell’economia circolare.
Fonti e approcci diversi, ma un unico fine: creare gli strumenti per affrontare nel migliore dei modi un futuro da costruire sulla base di scenari come quello ipotizzati dalla ricerca di McKinsey Italia che ha offerto la base “scientifica” al dibattito e che sono stati illustrati dal partner Michele Bortoncello.
Secondo i dati riferiti allo scorso febbraio, il 30% degli automobilisti italiani sarebbe disposto in futuro a sostituire l’auto privata con altre forme di trasporto, un percentuale in crescita rispetto al 28% del dicembre 2021 e al 24% registrato nello stesso mese dell’anno successivo. La classifica delle motivazioni di questa disponibilità vede sul podio nell’ordine la scelta di uno stile di vita più sostenibile, la previsione che l’automobile sia destinata a diventare un mezzo di trasporto obsoleto e il timore di un eccessivo aumento dei listini.
Tra i mezzi sostitutivi i taxi a guida autonoma, la cui sperimentazione è già in corso in alcune aree degli Usa e della Cina, rappresentano un’opzione decisamente gradita al 44% del campione, moderatamente gradita al 34% e assolutamente priva d’interesse per il restante 22%. Il tutto nell’aspettativa di costi del servizio inferiori agli attuali, come prevede il 46% degli intervistati, a fronte di un 23% che prevede invece tariffe superiori.
Tornando alle propensioni d’acquisto dei nostri connazionali, sembra in calo rispetto a dicembre 2022 – dal 55 al 48% - la percentuale di coloro che si dicono favorevoli a sostituire la vettura a combustione interna di cui sono attualmente in possesso con una “alla spina”. Il calo è netto (10 punti) per quanto riguarda la scelta dell’ibrida plug-in, mentre l’orientamento verso l’elettrico puro segna un leggero aumento dal 13 al 16% del campione.
Per quanto riguarda un tema al quale i costruttori europei sono particolarmente sensibili, il 30% degli interpellati si è detto favorevole ad acquistare in futuro un’auto elettrica con marchio cinese. Interessante in questo contesto il confronto sulla base delle caratteristiche socio-economiche del campione: chi già possiede una vettura elettrica supera del 9% la fetta di chi invece si limita a considerarne il possibile acquisto, mentre in base all’età la categoria dei consumatori più giovani supera del 30% quella degli automobilisti più avanti con gli anni. Ancora più netta – del 50% – la differenza tra la preferenza espressa per l’elettrico “made in China” dai possessori di vetture premium rispetto a chi è cliente dei marchi di volume.
Per concludere con alcuni aspetti più universali della ricerca McKinsey, il 15% degli italiani che già oggi guidano “alla spina” si dice disposto a tornare alla propulsione termica soprattutto in ragione degli alti prezzi d’acquisto e della rarefazione dell’infrastruttura di ricarica. È una delle percentuali più basse registrate nei nove grandi mercati presi in considerazione. Solo il Giappone segue con il 13%, mentre la classifica dei potenziali “pentiti” vede in testa l’Australia con il 49%, seguita dal 46% degli Usa.