La linea estrema dettata dalle esigenze aerodinamiche della McLaren P1

Ginevra, McLaren risponde a LaFerrari:
ecco la P1, 916 cv per volare a 400 km/h

di Sergio Troise
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GINEVRA - Nello stand McLaren come nei box di un Gran Premio. Motori spenti, riflettori accesi. A brillare sotto le luci scintillanti del Palexpo ginevrino c’è la gialla, vistosissima MP1, supercar da 916 cv e un milione di euro che per la gloriosa factory inglese fondata nel 1963 dal neozelandese Bruce McLaren rappresenta la summa di un lungo lavoro di ricerca e sviluppo svolto prima in Formula 1, poi anche nella (piccola) produzione di supercar esclusive. Non per niente nello stand ginevrino è stata esposta anche la prima McLaren F1 di Gordon Murray. Se non bastasse, Jenson Button ha collaudato a lungo la vettura in pista, mentre l’altro pilota dell’attuale squadra di F1, Sergio Perez, è stato convocato a Ginevra per fare da testimonial al lancio in pompa magna nella rassegna più importante dell’anno.

La filosofia di Ron Dennis. Nella fabbrica situata a Woking, Gran Bretagna, nel cuore del Surrey, è stata dunque travasata tutta l’esperienza maturata nelle corse per realizzare, in 375 esemplari numerati, questa supercar ad altissime prestazioni. Un’auto per pochi privilegiati - presumibilmente sceicchi, emiri, magnati e sportivi superpagati - che nelle intenzioni di Ron Dennis, comunque, “deve passare disinvoltamente dalla strada alla pista”. Secondo il numero uno della McLaren, il passaggio dalla Formula 1 alle vetture stradali è infatti “un processo naturale di esperienze, conoscenze, principi. Attraverso l’integrazione delle competenze e delle conoscenze acquisite in 50 anni di corse e 20 anni di storia nella produzione di auto sportive, i nostri progettisti hanno sviluppato questa MP1 con l’obiettivo di mettere a disposizione dei nostri clienti una vettura tecnologicamente avanzata, innovativa e senza compromessi, che può appagare nell’uso quotidiano ed esaltare nella guida in pista”.

Tutto ruota intorno al carbonio. Per rispondere a queste esigenze, la nuova MP1 è stata costruita, dunque, intorno a una monoscocca in carbonio, formula ideale per esaltare leggerezza e solidità, cui McLaren fa ricorso dall’inizio degli anni 80, senza soluzione di continuità. Inutile dire che l’aspetto è estremamente aggressivo, caratterizzato da un muso molto basso, un parabrezza ampio e di forma avvolgente, grandi prese d’aria laterali, lungo gli sportelli che si aprono verso l’alto, e canalizzazioni fino alla coda. La scocca, chiamata MonoCage, prevede la fibra di carbonio anche sul tetto, che ha una rigidezza da roll-bar e una forma capace di canalizzare l’aria verso il motore, sistemato in posizione posteriore-centrale. Un ulteriore accorgimento mirato al raffreddamento è la copertura con una lamina d’oro del tubo di scarico centrale: una chicca preziosa, è il caso di dirlo, mutuata dalla prima McLaren F1 firmata da Gordon Murray 25 anni fa. Oltre che per il telaio, il carbonio è stato utilizzato a piene mani anche per molti particolari, come pannelli e sedili, con l’obiettivo di ridurre al minimo i pesi. Per questo appaiono un po’ spartane le finiture degli interni, ancorché ispirate alle soluzioni adottate per le auto da corsa. Ciò detto, la strumentazione digitale è in perfetto stile Grand Prix, tanto che in modalità Race il display propone luci che si illuminano di verde, rosso o blu, come gli indicatori del cambio delle monoposto di Formula 1.

Motorizzazione ibrida. Il motore principale, abbinato ad un cambio doppia frizione a 7 marce, è un V8 biturbo 3,8 litri derivato da quello della precedente McLaren MP4, con potenza di 750 cavalli, che diventano 916 grazie al motore elettrico supplementare, che agisce come un Kers. La velocità massima dichiarata è di 350 km/h, ma in McLaren spiegano che senza l’autolimitazione elettronica “può avvicinarsi ai 400 km/h”. Il principale obiettivo del costruttore è stato comunque realizzare un’auto divertente, eccitante, perfetta nel comportamento dinamico e in grado di erogare una coppia istantanea (900 Nm). Per dirla tutta: un’auto che non spaventi chi si mette al volante e lo metta anzi in condizione di dominare l’esorbitante potenza. In più l’impiego della tecnologia ibrida plug-in (ricarica alla spina in due ore) le consente di marciare in modalità elettrica fino a 160 km/h e per 10 km con emissioni di CO2 al di sotto dei 200 g/km.

Aerodinamica estrema. Per tenere incollata alla strada un’auto tanto potente, bisognava dotarla di sospensioni adeguate (pushrod elettroniche adattive) ma, soprattutto, bisognava studiare soluzioni aerodinamiche ad hoc. Un’auto tanto veloce può infatti decollare in rettilineo, o quanto meno perdere aderenza all’avantreno, con effetti devastanti. Ecco dunque un grande alettone posteriore e un trionfo di passaggi aria, flap, spoiler, deviatori, estrattori, a sostegno del migliore comportamento dinamico. L’alettone posteriore è una vera e propria ala mobile che proprio come sulle monoposto della massima categoria è fissata sul cofano motore e può essere azionata dall’abitacolo. In base alle necessità, l’alettone può assumere due configurazioni diverse: piatta in rettilineo, per ridurre la deportanza e favorire la velocità massima, oppure inclinata, da 300 a 120 mm, in modo da aumentare la deportanza e migliorare il rendimento della macchina in curva. Se non bastasse, l’alettone posteriore lavora assieme ai flap anteriori, che si aprono e si richiudono automaticamente davanti alle ruote per controllare i flussi dell’aria. Secondo la McLaren, la P1 è in grado di generare ben 600 kg di carico aerodinamico già a 255 km/h.

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Martedì 12 Marzo 2013 - Ultimo aggiornamento: 13-06-2017 18:36 | © RIPRODUZIONE RISERVATA