La nuova generazione di Mini Cooper sulle strade tropicali di Portorico

Sempre più Mini: al volante
della quarta generazione

di Giorgio Ursicino
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Dal nostro inviato
PORTORICO - Una prova speciale per un’auto speciale. Onori e oneri di chiamarsi Mini, un nome entrato nella storia che, da oltre mezzo secolo, accompagna la vettura più famosa e apprezzata del mondo nel grande segmento di mercato delle piccole auto.

Dimensioni contenute, tanta sostanza, Mini è uno dei simboli della filosofia premium, l’esempio concreto di come la qualità e la tecnologia, le prestazioni e il piacere di guida, non siamo assolutamente legati agli ingombri, al peso e alla cilindrata. Da quando il mitico Sir Alec Issigoniss svelò la geniale scatoletta alla fine degli anni Sessanta nulla è più stato come prima. Quattro posti in tre metri, formidabile in città, ma irriverente e ambiziosa da sfidare le supercar nella gare più prestigiose del pianeta (come dimenticare le 4 vittorie di fila della Cooper al Rally di Montecarlo).

Tradizione prestigiosa. Non è un caso che quando BMW decise di rivendere il Rover Group acquistato nel 1994 l’unico brand che si tenne stretto fu proprio Mini, un marchio con la storica fabbrica visto che anche i top manager della casa tedesca sottolineano con orgoglio che Mini è rigorosamente made in England, uno dei gioielli della Regina, uno dei simboli più forti della tecnologia britannica.
Dopo la prima generazione rimasta in produzione per oltre 40 anni, c’è stata la seconda nel 2001 e la terza nel 2007 ed ora arriva la quarta. Chi è leader non può guardare gli altri e ogni volta che si rinnova un modello senza avversari per i progettisti c’è sempre l’angoscia di non essere all’altezza.

Mini non è certamente la stessa auto rimodernata di volta in volta, è la migliore interpretazione di un concetto in relazione alla sua era. Un mix magico di tecnologia e tradizione, design classico e soluzioni del futuro, facilità di utilizzo e prestazioni super, effetto go-kart e comfort da vendere. Anche in questa occasione i tecnici hanno avuto il privilegio di partire da un foglio bianco. La sfida era conservare un look più Mini possibile, preservare intatti anche il carattere e la personalità, cambiando in profondità gli aspetti tecnici per sfruttare al meglio i progressi della tecnologia. Mini è un brand forte di suo, ma fa anche parte del gruppo premium più grande del mondo, un costruttore ingegneristicamente all’avanguardia che nell’ultimo periodo ha conciliato meglio di tutti le opposte esigenze di efficienza e sportività. Certo Mini non è una BMW, ma i contenuti sono a quel livello, al pari della qualità e della sicurezza.

Ritoccare un capolavoro è sempre delicato. Già a prima vista, però, la quarta generazione dà l’impressione esser un quadro molto ben riuscito (si era capito ai saloni di Tokyo e Los Angeles). Le auto, però, sono oggetti che si muovono, anche rapidamente, e la prova su strada è sempre un passaggio fondamentale per capire la vettura di che pasta è fatta. Designer e ingegneri sono intervenuti con bisturi e cesello, cercando di guadagnare millimetri per spazio, abitabilità e tenuta di strada senza intaccare il magico equilibrio che da sempre accompagna Mini. Alcuni inconfondibili stilemi aiutano la causa: ruote agli angoli della carrozzeria, occhioni sui parafanghi, griglia anteriore esagonale, fascia vetrata che corre lungo tutto il perimetro, dividendo la parte bassa dal tetto (può essere in tinta diversa senza sovrapprezzo) che appare sospeso.

Mini è più grande ed offre più abitabilità e capacità di carico (il volume del bagagliaio è aumentato di ben 51 litri arrivando a 211). È più lunga di 98 mm (ora la lunghezza arriva a 382 cm), più larga di 44 mm e più alta di 7 mm. La Signora cresce anche sotto il vestito: passo più lungo di 28 mm, carreggiata anteriore di 42 mm, posteriore di 34 mm. Il tutto calato su un pianale inedito, quindi più rigido e leggero, che esalta chiaramente il comportamento stradale ed il piacere di guida raggiungendo livelli finora sconosciuti. Sulle strade tortuose che si arrampicano nell’entroterra dell’Isola con un fondo non sempre da biliardo Mini mette in mostra doti da first class. A dare risalto alla consistenza della piattaforma sono le catene cinematiche totalmente riprogettate. Al vertice non manca certo la Cooper S con un 4 cilindri TwinPower che ora arriva a 192 cavalli grazie alla sovralimentazione Twin Scroll, all’alzata variabile delle valvole, alla fasatura variabile degli alberi a camme e all’iniezione diretta.

La cosa che più impressiona, però, sono la nuova famiglia di 3 cilindri, un vero capolavoro di downsizing poiché garantiscono prestazioni migliori dei precedenti 4 cilindri di cubatura superiore. L’offerta è articolata su varianti benzina e diesel con cilindrate differenti e diversi livelli di potenza. Al volante risulta superbo l’1.5 a benzina della Cooper che, con tutta la tecnologia di quello della Cooper S, sviluppa 136 cavalli. Prontissimo, silenzioso, senza alcuna vibrazione, il gioiellino consente di accelerare da 0 a 100 in soli 7,8 secondi (con il cambio automatico a 6 marce) e di raggiungere i 210 km/h.
Ma non sono certo queste le doti che impressionano di più. La vera carta segreta è infatti la curva di coppia che garantisce una spinta vigorosa e molto costante.

Curva di coppia addio. Con questi motori BMW finisce definitivamente l’era della “curva di coppia” che diventa una linea retta sul diagramma. Il picco massimo (220 Nm, 230 con overboost) è a soli 1.250 giri (poco sopra al minimo, un valore da sogno anche per un diesel) e resta invariato fino a 4.000: sbalorditivo. Il risultato è che la risposta ai comandi dell’acceleratore è sempre immediata, il piacere di guida si esalta e l’auto aggredisce le curve con scioltezza e autorità. Sulla Mini One c’è l’1.2 da 102 cavalli. Chi prefersice il diesel può scegliere fra i 3 cilindri l’1.5 della Cooper D (116 cv) e il pari cilindrata da 95 della One D. Le emissioni di CO2 scendono fino a 89 gr/km, i consumi a 3,4 litri per 100 km. La nuova Mini consente di scegliere 3 diverse impostazioni di guida (Mid, Green e Sport) e i sistemi elettronici di controllo si adeguano automaticamente, ma è anche la prima della classe a poter avere gli ammortizzatori a controllo elettronico e i fari full led. Al top i dispositivi di Infotainment, il listino parte dai 18.300 euro della One con il motore 1.2 benzina da 102 cavalli.

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Lunedì 17 Febbraio 2014 - Ultimo aggiornamento: 13-06-2017 15:39 | © RIPRODUZIONE RISERVATA