Il presidente Usa Donald Trump

Dazi auto, da Trump solo mosse lettorali. Con l'Europa la trattativa è aperta

di Giorgio Ursicino
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ROMA - Il presidente Trump torna a tuonare e nuvoloni neri minacciano di nuovo il mondo dell’automotive con i titoli del settore sotto pressione in tutte le principali piazze del pianeta. «Metteremo una tassa del 25% su ogni auto che arriverà dall’Unione europea», ha arringato il numero uno di Washington puntando ancora una volta i riflettori su un comparto a cui tiene tanto per i posti di lavoro che garantisce e il fatturato che genera.

Se la minaccia si concretizzerà i costruttori dovranno affrontare problemi seri e probabilmente rivedere i loro network industriali e i loro volumi di vendita frutto di investimenti ingenti e di una lunga programmazione. A lasciare qualche spiraglio che l’affaire possa finire in maniera diversa, cioè con un accordo generale che includa anche le auto, sono in molti a sperarlo e ci sono diversi aspetti a supporto della tesi. Il Presidente, ormai famoso per l’approccio del bastone e la carota, non ha proferito la frase in un serioso “one to one” nello Studio Ovale della Casa Bianca, ma in un comizio elettorale in West Virginia in vista delle elezioni di “medio termine” in calendario fra un paio di mesi. Trump utilizza spesso gli attacchi ad effetto per coinvolgere l’elettorato e in questa specifica fase ha particolare bisogno di consensi viste le difficoltà che sta incontrando con due importanti suoi ex collaboratori come Paul Manafort e Michael Cohen.

Che la ghigliottina dei dazi non sia pronta a scattare, ma ci siano ancora margini di dialogo lo confermano altri elementi, anche se la posizione di Trump è ferma e, come aveva sempre sostenuto Sergio Marchionne, va presa in grande considerazione valutando la sostanza della disputa senza farsi coinvolgere in facili ritorsioni che inasprirebbero solo la disputa. Che la svolta non sia imminente lo conferma anche l’incontro di Juncker e Trump lo scorso 25 luglio a Washington che ha riallacciato le discussioni; il presidente Usa, però, proprio in quella circostanza ha sottolineato che l’auto sarebbe stata una partita a sé. Un tavolo separato perché di particolare importanza visto che gli squilibri in questo settore sono rilevanti. Lo strappo, forse, non conviene a nessuno, ma il Presidente è determinato a ribilanciare una situazione che ha visto a lungo il suo paese svantaggiato. In sostanza, e questo è un dato di fatto, le vetture che dall’Europa vanno negli Usa sono molte di più di quelle che attraversano l’Atlantico in senso contrario, ma pagano meno tasse.

Un approccio che in ogni caso Trump non accetterà più. Quindi o ci sarà un azzeramento dei dazi sulle vetture come proposto qualche settimana fa dalla cancelliera Merkel (e questo Trump potrebbe accettarlo) o gli europei dovranno rassegnarsi a vedere salire i dazi sulle vetture che attraversano l’Oceano da Est ad Ovest. Che l’uscita di Trump abbia una componete elettorale è evidenziato dall’intervista del suo segretario al Commercio Wilbour Ross al WSJ: decisioni sull’argomento non sono imminenti, i colloqui fra Washington e UE proseguono senza sosta. Diversi paesi Europei fra cui l’Italia, però, hanno già iniziato a fare i conti delle conseguenze sul Pil se si arriverà allo strappo.

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Giovedì 23 Agosto 2018 - Ultimo aggiornamento: 24-08-2018 17:03 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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