Andrea Carlucci è Vice President Product and Marketing Management di Toyota Motor Europe

Carlucci (Toyota): «Siamo pronti all’elettrico, ma per noi la nuova mobilità deve essere accessibile»

di Nicola Desiderio
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Andrea Carlucci è dallo scorso giugno Vice President Product and Marketing Management di Toyota Motor Europe dopo una carriera ultraventennale all’interno del costruttore giapponese che si prepara ad una duplice accelerazione. Da un lato l’avvento dell’elettrico, dall’altro il rafforzamento della gamma con la Yaris Cross, destinata ad essere uno dei pilastri dei programmi di crescita di Toyota in Europa.

La Yaris Cross sarà, nelle previsioni, la Toyota più venduta in Italia. Sarà lo stesso anche nel resto d’Europa?

«Le previsioni ci dicono che sarà sicuramente tra i nostri 3 modelli più venduti, ma riteniamo che la Yaris rimarrà ancora il nostro best seller».

Quanto invece Yaris soffrirà la presenza della Cross?

«Secondo le nostre analisi, Yaris rimane comunque essenziale per accedere al mercato anche se i suv sono in fase di ascesa. Noi pensiamo di aver ben distanziato le due vetture per prezzo e posizionamento e che la Cross ci aiuterà soprattutto a conquistare i volumi incrementali che ci permetteranno di continuare a crescere secondo i nostri obiettivi. In Italia vogliamo arrivare a 30mila unità».

E in Europa?

«Recentemente abbiamo dichiarato 150mila unità. Tale piano ovviamente ha margini di flessibilità e bisognerà vedere come andremo nel 2022 quando credo che i problemi di fornitura dei microchip saranno finalmente superati. Stiamo vivendo la fase più acuta della tormenta, ma siamo fiduciosi».

Quindi già all’inizio del nuovo anno potremmo vedere la svolta per questo problema che è globale?

«Finora abbiamo gestito la questione meglio di altri concorrenti, ma la situazione del covid-19 in Malesia e Vietnam ha complicato le cose anche per noi. Però credo che riusciremo a fronteggiare anche questa evenienza. Posso dire che i dati di prevendita di Yaris Cross sono molto incoraggianti».

Potrebbe invece esserci cannibalizzazione verso la C-HR?

«Il problema ce lo siamo ovviamente posti perché gran parte dei clienti del segmento B-suv viene dalle berline di segmento C. I clienti di C-HR invece vengono prevalentemente dalla fascia premium dello stesso segmento. Dunque un minimo di rischio di cannibalizzazione c’è. Riteniamo però che Yaris Cross sia un prodotto molto più votato alla praticità, con 400 litri di bagagliaio, e i due modelli abbiano livelli di esecuzione e prestazioni ben distinti. Certo entrambe sono Toyota e sono ibride quindi pensiamo che i primi clienti che entrano in concessionaria, avendo in mente queste due cose, potrebbero avere ancora dubbi, ma credo che poi saranno due fiumi che seguiranno due corsi diversi. E credo che con la Cross sarà un forte strumento di conquista verso la concorrenza».

Con l’arrivo della Yaris Cross, Toyota ha cinque auto a ruote alte. E oltre alla già citata C-HR ci sono in gamma nomi del calibro di RAV4, Highlander e Land Cruiser. C’è spazio per un altro modello come, ad esempio, la Corolla Cross che è stata già presentata per altri mercati?

«Lo spazio ovviamente c’è e non posso fare annunci al momento. Lo stagno in cui pescare è grande e stiamo facendo qualche riflessione. Nel frattempo le berline stanno calando, ma anche perché alcuni modelli tradizionali hanno ritardato il loro rinnovamento. Voglio vedere la situazione una volta che sarà consolidata. In generale, penso però che dovremo abbandonare la classificazione del mercato ripartito secondo la segmentazione tradizionale e averne una visione più fluida».

Le auto a ruote alte stanno irrompendo anche nelle competizioni dove siete più presenti che mai. La Ford, ad esempio, schiererà nei rally la Puma sfruttando tutto l’effetto di comunicazione di una categoria basata sui modelli di serie. Pensate che anche voi potreste fare altrettanto un domani?

«Non mi sento di escludere nulla. Per il momento Yaris è il nostro cavallo di battaglia e anche la Yaris Cross fa parte di quella famiglia, come dice il nome stesso. Ad oggi, posso dire che questa eventualità è piuttosto remota anche perché per noi le competizioni non sono uno strumento di marketing, ma un’espressione di cultura aziendale. Per noi il motorsport si fonda su due elementi. Il primo è portare la tecnologia e l’esperienza maturata nelle competizioni sulle auto di serie. Un’auto come la GR Yaris dice molto di questa filosofia. Il secondo è il rapporto emozionale con il cliente anche in un momento in cui l’auto va in una direzione opposta per ridurre le emissioni. Per questo Toyota, che da sempre ha spinto su ibrido ed elettrificazione, è impegnata come non mai nell’offrire auto capaci di offrire emozioni e piacere di guida. Anche la sperimentazione della Corolla da corsa dotata di motore a pistoni alimentato ad idrogeno esprime questa filosofia. Io credo che il motorsport sia un grande elemento di motivazione interno e spinga tutta l’azienda a focalizzarsi sui prodotti».

Ecco parliamo dell’idrogeno nelle competizioni. Alla 24 Ore di Le Mans lo vedremo nel 2025 e l’anno dopo dovremmo trovarlo alla Dakar, due categorie dove gareggiate ai massimi livelli. Quali sono le vostre intenzioni?

«Io penso che questi due tipi di competizione siano oggetti di interesse soprattutto da parte del pubblico europeo. Non posso fare annunci, ma posso dire che siamo in queste categorie proprio per la loro propensione verso il progresso. Dunque ci siamo e vogliamo esserci anche in futuro».

Il 2022 è l’anno dell’elettrico per Toyota, un marchio che da sempre è pioniere dell’elettrificazione, ma crede che la sostenibilità debba essere comunque accessibile. Al proposito, ci sono state alcune dichiarazioni di Akio Toyoda che hanno suscitato giudizi contrastanti. Qual è dunque la vostra idea di mobilità?

«Molti pensano che Toyota arrivi in ritardo sull’elettrico, ma ricordo che in passato abbiamo lavorato con Tesla e sulle batterie possiamo sicuramente dire la nostra. Tra l’altro solo Toyota e pochi altri costruttori possono dire di costruirle da sole. Noi da sempre abbiamo come principale obiettivo non le emissioni zero, ma la carbon neutrality e per raggiungerla vediamo un ampio spettro di soluzioni. Ad esempio, i carburanti alternativi potrebbero rappresentare la maniera giusta per ridurre l’impronta ambientale del parco circolante di un miliardo di automobili che c’è nel mondo. Collegato a questo tema ve n’è un altro che riguarda l’accessibilità: le auto obiettivamente sono molto più care. Ovviamente i prezzi delle batteria caleranno, ma bisogna dare tempo al tempo e offrire un ventaglio di soluzioni. Il prossimo anno lanceremo la nostra gamma BZ di auto elettriche che rappresenteranno un’eccellenza proprio per le prestazioni delle batterie e la loro stabilità, ma di certo non pensiamo che un’auto elettrica sia alla portata di tutti al momento, per quanto incentivata. La nostra filosofia è per l’accessibilità e la sostenibilità non sono immediate, ma vengono raggiunte con il tempo».

E le altre forme di propulsione elettrificate?

«Per il full hybrid Toyota ha fatto la storia e abbiamo anche l’idrogeno. La Mirai è un simbolo, ma non pensiamo certo che da domani la mobilità sarà tutta a idrogeno. E poi abbiamo anche l’ibrido plug-in: la nuova RAV4 ha prestazioni ed efficienza eccellenti e testimonia anche in questo caso che per l’elettrificazione non siamo indietro a nessuno».

Parlando di accessibilità, la Aygo avrà un’erede. Dunque rimarrete tra i pochi anzi pochissimi a rimanere in questo segmento ucciso sia dalle normative sulle emissioni sia dai margini ridotti. Voi invece ritenete che vi siano ancora opportunità di business?

«Risponderò in due modi. Per quanto riguarda il prodotto, è necessario un aggiornamento e lo abbiamo fatto vedere con il concept Prologue X che segna una “suvizzazione” di questo segmento. I concorrenti ne sono usciti o ne stanno uscendo perché sicuramente non è tra i più profittevoli. La prima Aygo l’abbiamo fatta in alleanza, abbiamo imparato molto da quell’esperienza e crediamo di avere tutte le conoscenze per fare un’auto piccola per l’Europa. L’altro motivo per cui sono state abbondonate è perché sono considerate “bad boy” dal punto di vista delle emissioni e anche il mild-hybrid non risolve il problema della CO2. Per fortuna, abbiamo cominciato da tempo ad abbattere le emissioni e siamo i migliori. Questo ci permette di avere ancora in gamma la Aygo, un’auto che ci consente di non perdere il contatto con una clientela che è disposta a spendere 12-15mila euro e vede le vetture aumentare sempre di più di prezzo. Per noi perdere questa fascia di mercato sarebbe un errore strategico perché queste persone esistono e non potranno certo saltare dalla loro vettura attuale vecchia di 7-8 anni, magari usata, ad una elettrica della concorrenza. Io continuo a pensare che comprare un’auto nuova non lo raccomanda il dottore e per questo pensiamo di dover avere ancora un’auto in questo segmento».

E si chiamerà Aygo X...

«Sì, manterrà il nome storico con un'aggiunta che sottolinea quella "suvizzazione" della quale parlavo prima. Quello che posso dire in più è che avrà ancora il motore 3 cilindri mille 1KR e sarà accessibile offrendo tutti i nostri valori fondamentali come la qualità, con l’obiettivo di farne non un entry level del mercato, ma la soglia di ingresso della nostra gamma».

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Domenica 10 Ottobre 2021 - Ultimo aggiornamento: 12-10-2021 14:54 | © RIPRODUZIONE RISERVATA