Elena Eder, ha guidato a Monaco la task-force di 15 specialisti che ha trasformato l’icona britannica

Eder (Mini): «Chi non rinuncia al rombo non è orientato al futuro»

di Piero Bianco
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MIAMI - Ha una laurea in ingegneria meccanica e una passione sconfinata per le sfide. È italiana la responsabile del progetto Mini-elettrica. Elena Eder, 44 anni, un marito tedesco e tre figli, ha guidato a Monaco la task-force di 15 specialisti che ha trasformato l’icona britannica in simbolo ecologico di mobilità. «Impresa non semplice - racconta - ma affascinante e il risultato è straordinario». Una carriera cominciata a Torino, la sua città, e maturata in giro per il mondo. «Dopo il Politecnico ho lavorato all’Italdesign di Giorgetto Giugiaro, un’esperienza che mi ha fatta crescere. Tra i tanti progetti, nel 2003 ci dedicammo all’evoluzione della prima Mini di Bmw. Mini era nel mio destino».

Eder ha seguito il marito in India, poi in Cina dove ha curato il progetto di una joint-venture per Bmw. Un altro segno del destino: era l’inizio di un’avventura industriale che presto consentirà alla Cooper SE (oggi prodotta nello storico stabilimento di Oxford) di nascere anche a Zhangjiagang, sulla costa est della Repubblica Popolare. Grazie all’alleanza con Great Wall e a un investimento di 1,3 miliardi di euro, verrà infatti realizzata entro il 2022 una fabbrica da 160 mila vetture l’anno.

«L’auto elettrica non è importante solo per i cinesi - prosegue Eder - è ormai una realtà globale. Dal 2017 io lavoro a Monaco su questo progetto che ha portato la Mini all’avanguardia tra le compatte di lusso». Parallelamente sono state sviluppate tecnologie per le altre zero emission del Gruppo, a cominciare dalla i3 che con la Cooper SE ha parecchi elementi in comune. «Un lavoro divertente, perché la Mini è divertente. Questa è diversa dalle altre ma ugualmente godibile, fantastica da guidare, figlia delle tendenze. Chi non può rinunciare al rombo del motore non è orientato al futuro».

«Non concordo con chi sostiene che una full-electric necessiti di piattaforme specifiche - prosegue la project manager italiana -. Sono filosofie di pensiero. Noi abbiamo ottimizzato un’architettura che si prestava a varie soluzioni, ottenendo una gabbia rinforzata a protezione delle batterie e senza aumentare troppo il peso, appena 145 kg. L’autonomia è giusta: 270 km soddisfano clienti che al massimo ne percorreranno 30 al giorno. Non è un’auto per commessi viaggiatori, ma l’obiettivo era una Mini pulita per aree urbane e suburbane.

Abbiamo anche preservato gli spazi interni per un’abitabilità eccellente. Tra i plus è molto avanzato il sistema che rigenera energia in frenata: al livello top è migliore perfino di quello della i3. Ci si abitua in fretta a usare un solo pedale, è pure divertente. C’è anche un sofisticato sistema sonoro che fino a 30 km/h avvisa i pedoni della vettura in arrivo». Poco più di un ronzio, per avviarsi senza pericoli nella green mobility.
 

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Martedì 18 Agosto 2020 - Ultimo aggiornamento: 20:43 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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