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TORINO - Durante il Kappa Future Festival, festival musicale dedicato alla musica elettronica, abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con Pierantonio Vianello, Direttore Generale di Seat Italia, partner della manifestazione musicale torinese. I giovani sono parte determinante del successo in Italia e non solo della Casa spagnola.
Come si conquistano i giovani?
«Noi abbiamo un pensiero che è quello che Seat deve essere semplicità. Il fatto di essere semplicemente accessibili, ci consente di poter avvicinare un pubblico giovane; che in questo momento qualcuno racconta come non più appassionato d'auto, ma a cui non crediamo assolutamente».
Gli piacciono altre cose, ma sempre in ambito automobilistico?
«Non è che gli piacciano altre cose, non è più come per le generazioni precedenti che davano priorità assoluta all'auto. Adesso, tra i giovani, le priorità sono diverse e quindi si trovano difronte a delle scelte differenti. Il potere d'acquisto è lo stesso di quando io ero giovane, ma pensavo solo all'automobile. Adesso invece pensano ai viaggi, pensano all'esperienza di vivere l'esperienza di un ristorante gourmet o alla musica. E quindi il fatto che una marca possa avvicinarsi loro in modo non impegnativo, penso che sia il valore più forte. Questo ci sta premiando perché non è solo un fatto di posizionamento, quindi di target, ma è invece un fattore già consolidato. Noi siamo il marchio che in assoluto ha la base clienti più giovane del mercato. Pensa che in Italia i clienti Seat sono 7 anni più giovani rispetto alla media di altri costruttori. Abbiamo dei modelli come Seat Leon che vanta il 52% di clienti Millennials. Quindi chi compra una Leon ha dai 18 ai 34 anni. E questo significa che stiamo percorrendo la strada corretta».
I Suv possono essere vetture per i giovani?
«Una volta Seat aveva una gamma basata essenzialmente sulle carrozzerie tradizionali. Con Ateca, Arona e Tarraco e con le altre novità che stanno arrivando, stiamo allargando notevolmente questo range di versioni.
Basti pensare la fascia di età dei clienti di Ateca è compresa tra i 30 e 40anni. Quindi anche in questo caso il marchio si è avvicinato ai giovani, nonostante i Suv di solito facciano aumentare l'età media dei propri acquirenti. Perché di solito è acquistato da persone che generalmente sono più mature. E Ateca invece è stata percepita come una vettura molto sportiva, con un design che avvicina i giovani. E poi ha delle caratteristiche non solo di guida, ma pure di infotainment e dotazioni di bordo, che permettono di avere un'esperienza unica all'interno dell'auto. Cito ad esempio l'abitudine di utilizzare lo smartphone, anche quando entriamo in auto (assolutamente una cosa pericolosa da fare). Le nostre automobili permettono invece attraverso i comandi vocali, attraverso la libertà di avere tutte le app nel sistema multimediale, di poterlo fare in grande sicurezza. Queste sono tutte piccole caratteristiche che abbiamo orientate ad un pubblico, apprezzate da chi sceglie Seat».
Sempre in tema di pubblico giovane (dato il contesto), la formula del car-sharing potrebbe essere plausibile nel futuro di Seat Italia?
«Il car-sharing è un costume che si sviluppa principalmente nelle metropoli. E nelle città italiane possiamo dire ci sia ancora moltissimo bisogno dell'auto di proprietà. Per via di un sistema di trasporto non così efficiente e poi perché la realtà nel nostro Paese è ancora fatta da un ambiente suburbano preponderante, per non dire in alcuni casi rurale. E quindi l'auto tradizionale sarà per noi ancora molto importante per diverso tempo.
Il car-shairng è però uno studio che stiamo facendo invece a livello di Casa. In questo momento il problema vero è quello della sostenibilità. Tutti quelli che si sono buttati nel car-sharing non hanno i bilanci fiorenti. Questo perché tutti hanno messo a disposizione mezzi che sono stati progettati non per il car-sharing. Sono automobili che sono state costruite per i 200 km/h, quindi dotate di freni dimensionati per quel tipo di prestazione. Sono state progettate per trasportare cinque persone, mentre quando di tratta di car-sharing al massimo gli utilizzatori sono due. Ecco perché abbiamo realizzato un prototipo come la Minimò, pensata esclusivamente per il car-sharing. Quindi è chiaro l'orientamento non sulle vetture tradizionali, ma su delle vetture studiate solo per fare car-sharing. Una vettura come la Minimò ha delle caratteristiche di sicurezza come quelle delle automobili tradizionali, ma vanta agilità e dimensioni paragonabili a quelli di una moto. Ma soprattutto avrà dei costi che permetteranno, ad un eventuale società che gestirà il car-sharing, di creare profitto e creare un beneficio al cliente, perché avrà un servizio a prezzi accessibili. Minimò è elettrica, ha le batterie intercambiabili, quindi il fermo macchina è praticamente inesistente. Ha una tecnologia di guida autonoma di livello 4, pertanto ti può venire a prendere evitando che le auto siano parcheggiate in strada, alimentando il traffico e i disservizi per il cittadino».