Marina Stella, Direttore Generale di Confindustria Nautica

Marina Stella (Confindustria Nautica): «Uomini e donne, l'importante è fare squadra per avere buon vento»

di Sergio Troise
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Si chiama Marina Stella, è piemontese di Novi Ligure, laureata in economia internazionale, ha lavorato in passato per una importante società multinazionale di revisione di bilancio e consulenza a livello mondiale. Ma ora è “Nostra Signora del Mare”. Ricopre infatti con successo il ruolo di direttore generale di Confindustria Nautica. Chi la conosce bene dice che il suo motto è «lavorare, rappresentare, difendere, promuovere».

Signora Stella, preferisce essere chiamata direttrice o direttore?
«Direttore».

Come la Meloni che si fa chiamare presidente. E allora, ritiene che una donna premier aiuti le donne italiane ad affermare il proprio ruolo nella società e nel lavoro?
«La Meloni ha dimostrato capacità e il suo può essere un esempio per donne che vogliono raggiungere certi obiettivi credendo esclusivamente in sé stesse. Io ho sempre creduto che nel lavoro contino solo il merito, il talento, la determinazione. Qualità che non hanno sesso».

E la sua carriera è stata facile o complicata?
«Cinquanta e cinquanta, com’è la vita. Direi che la vita lavorativa è come una maratona, devi affrontarla con la consapevolezza di potercela fare, ma anche di dover superare difficoltà».

Meglio lavorare con gli uomini o con le donne?
«Uguale. L’importante è fare squadra. E sapere che non ci sono successi individuali ma collettivi».

E il ruolo del capo donna?
«Bisogna avere qualità morali e dimostrarsi coerenti. Se c’è fiducia reciproca e si perseguono obiettivi condivisi, si arriva dovunque, con gli uomini e con le donne».

Parliamo del suo rapporto con il mare e con le barche.
«È un rapporto completo, è il mio lavoro e lo amo, anche se non ho tempo per il diporto, e i miei passatempi sono la lettura, il giardinaggio e la cura dei miei due cani, oltre che dedicarmi ovviamente alla famiglia».

Ha la patente nautica?
«No».

Poche le donne patentate. Come lo spiega?
«È un caso da studiare. Ma non è il solo. Noi monitoriamo costantemente il mercato e abbiamo accertato che l’80% degli armatori è over 50, e che gli italiani in età compresa tra 30 e 39 anni occupano il 4% del mercato. È un dato sull’età media dei diportisti che fa riflettere. Così come quello sulla formazione professionale e sulla mancanza di manodopera specializzata».

Torniamo al suo amore per il mare. Vela o motore?
«Uguale. Cinquanta e cinquanta».

Non vuole crearsi nemici?
«Nel mio ruolo, non posso».

E allora parliamo delle donne dell’industria nautica. La più importante, Giovanna Vitelli, presidente del colosso Azimut-Benetti, è stata a lungo fuori dall’associazione.
«Vero, ma è acqua passata. Proprio alla vigilia del recente Salone di Genova è rientrata e abbiamo vissuto insieme momenti di grande emozione, ricordando anche la figura di suo padre, Paolo Vitelli, uno dei padri della nautica italiana».

Lei sa che l’associazione da lei diretta viene considerata “genovacentrica”?
«Sbagliato. Siamo orgogliosi del nostro salone che rappresenta l’intera filiera ed è la casa dell’industria nautica prima al mondo, ma rappresentiamo tutti. Diamo il patrocinio a 11 saloni nautici sparsi sul territorio nazionale e abbiamo appena firmato un protocollo d’intesa con America's Cup Event per collaborare alla gestione della Coppa America che si terrà a Napoli nel 2027».

Napoli avrà la Coppa America ma non ha un porto turistico. Possibile?
«È vero. Ma è vero anche che la carenza di posti barca non è un problema solo napoletano. È un problema diffuso che deve affrontare la politica, consapevole che ogni posto barca genera 3,8 unità lavorative e porta benefici economici al territorio costiero e all’entroterra. Va risolto, ma dipende più da Roma che da Genova». 
 

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giovedì 25 settembre 2025 - Ultimo aggiornamento: 17:18 | © RIPRODUZIONE RISERVATA