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VIENNA - «Ein Kerl mit Ecken und Kanten», così lo hanno definito gli organizzatori del Dtm, il campionato turismo della Germania che Mirko Bortolotti, nato a Trento nel 1990, ma “zingaro” dell'automobilismo che vive a Vienna (e che quando è in Italia si divide da tra Riva del Garda e Sant'Agata Bolognese), ha appena vinto, terzo italiano di sempre, al volante di una Lamborghini Huracan Gt3 Evo2. «Un tipo con angoli e spigoli», che detto dai tedeschi è un complimento, soprattutto per via degli stereotipi sul Belpaese. Il pilota italiano ricorda ancora il tempo di 59.111, che nel 2008 era stato il migliore contabilizzato dalla Ferrari sul circuito di Fiorano, dove avevano girato il vincitore della Formula 1 in carica, Kimi Raikkonen, e Felipe Massa: in qualità di vincitore della F3 aveva potuto effettuare i test con la monoposto F2008, che aveva chiuso con quel risultato eccezionale.
«Abbiamo vinto contro tutto e tutti», concede Bortolotti a proposito del Dtm. «Ma la cosa più difficile è stata aver ragione dei miei avversari – continua – non solo Kelvin van der Linde e Maro Engl (secondo e terzo della generale assoluta, ndr), ma anche di René Rast e Thomas Preining».
Sembra un accenno polemico...
«Non c'è stato niente di scorretto. Ci sono solo state cose che non dipendevano da noi e che siamo riusciti a superare. Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto».
Cioè?
«Il livello di difficoltà con il quale abbiamo dovuto fare i conti è stato particolarmente importante, ma abbiamo dimostrato determinazione e carattere. C'è stato bisogno di una grande forza mentale, soprattutto alla fine».
Avevi 15 punti di vantaggio all'inizio dell'ultimo weekend della rassegna, ma poi van der Linde ti aveva scavalcato prima della gara decisiva.
«Appunto. Ci siamo avvicendati in testa non so quante volte in questa stagione: è stato un campionato incredibile. E poi arrivi alla fine e sai che deve sfoderare la tua miglior prestazione. La pressione è stata forte».
È andata bene...
«Come tutti, da piccolo, sognavo la Formula 1. Ma la mia passione per il Dtm è antica: a cinque anni con i miei genitori ero al Motor Show di Bologna, dove erano esposte le auto di quel campionato. Devono aver scorto qualcosa nei miei occhi, perché il giorno dopo avevo il mio primo go-kart. Insomma: sono sincero quando dico che il Dtm è la competizione che volevo assolutamente vincere».
E con un costruttore italiano, con il quale festeggi i dieci anni di collaborazione.
«È un progetto al quale lavoriamo da tre anni con Lamborghini: questa Huracan è una macchina speciale per me che l'ho vista crescere, fin dai primi metri. Non è una “plug and play”, ma va sempre curata e messa a punto e se viene sfruttata bene sa dare grandi soddisfazioni. La definisco la mia piccola diva».
Nel 2025 difenderai il titolo?
«Se dipendesse da me ti direi subito di sì, ma ci sono parecchie cose da valutare e capire».
Quanti soldi e quanta fama in più con il Dtm, seguitissimo in Germania?
«Per me non cambia niente: so quello che ho dovuto fare per arrivare a questo e so che nessuno mi ha regalato niente. Mi hanno chiesto parecchie interviste, questo sì, ma il Dtm non ha un montepremi e io sono soddisfatto del mio accordo con Lamborghini».
Non per una questione di cifre, immagino.
«Sono un professionista del volante, che vive di questo e ne sono orgoglioso, perché in Italia ci sono tanti bravi piloti che però non se lo possono permettere. E con Lamborghini faccio venticinque gare l'anno, senza contare i test: sono sempre in giro».
Oltre al Dtm, ci sono Wec e 24h di Le Mans...
«Del Dtm posso solo dire ancora che non credevo che un simile risultato fosse possibile. A Le Mans, invece, abbiamo ottenuto il nostro miglior piazzamento, tra l'altro nella Top 10, che in una gara come quella è una gran cosa, anche perché Lamborghini non si presentava con l'esperienza e il know how di altre case. Essere riusciti ad arrivare in fondo con entrambe le macchine nella classe regina significa aver scritto una pagina di storia del marchio».