Massimo Nalli, presidente di Suzuki Italia

Nalli (Suzuki): «L’Italia conterà sempre di più. Bello sognare l’elettrico puro, ma è importante avere una soluzione acquistabile oggi»

di Nicola Desiderio
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BOLOGNA – Massimo Nalli è il primo presidente non giapponese di Suzuki Italia e il debutto ufficiale nella sua nuova veste è avvenuto al Motor Show di Bologna dove lo abbiamo incontrato, in concomitanza con la presentazione al nostro pubblico della nuova Suzuki Swift Sport.
 

 

Massimo Nalli è il primo presidente di Suzuki Italia che non ha gli occhi a mandorla. Che significato ha questo passaggio?
«Il significato è la riconosciuta affidabilità del business Suzuki in Italia da diversi anni. La cultura giapponese prevede il rispetto di quella locale, delle regole dei paesi dove è presente e dell’avversario nella competizione. Ed è anche uno dei pilastri di Suzuki. E allora perché non dare la responsabilità nelle filiali dove l’affidabilità e i risultati sono stati premianti per Suzuki? L’Italia è stata scelta, insieme ad altri tre paesi meno importanti, per intraprendere questo percorso di internazionalizzazione».

E a che cosa porterà questo percorso? È legato solo al management o anche ad altro?
«Credo che sia importante confrontarsi con il mercato e con il cliente quando si progetta il prodotto del futuro. Avere quindi direttamente voce in capitolo a livello internazionale e contribuire a definire le specifiche del prodotto futuro, aiuta a garantire il successo. Noi abbiamo vendite che sono concentrate in Asia, ma che sono in forte crescita in Europa, quindi è importante dare all’Europa una voce locale, europea, che venga ascoltata all’interno dei reparti di ricerca e sviluppo in Giappone».

Suzuki è presente in Europa con un impianto produttivo e l’Italia dà un suo contributo dal punto di vista del design perché – non dimentichiamolo – avete a Torino uno studio che ha avuto un ruolo attivo nella definizione dello stile degli ultimi prodotti di Suzuki. Questo coinvolgimento dell’Europa e dell’Italia cresceranno?
«Il contributo che l’Europa darà alla definizione delle specifiche di prodotto Suzuki crescerà perché il mercato europeo è forse il più esigente globalmente. Quindi avere successo sul mercato europeo, se anche non porta volumi sugli altri mercati, porta comunque un’accettabilità maggiore: se un’auto piace in Italia è molto probabile che piaccia in India, in altri paesi asiatici e anche in Giappone».

Suzuki è la regina delle auto piccole, regine a loro volta del mercato italiano. Come continuerà la strategia di Suzuki per intercettarlo sempre meglio?
«Il marchio vincente è quello che vuol bene a se stesso. Noi vogliamo bene al nostro Dna di costruttore di vetture compatte: per ogni segmento in cui siamo presenti offriamo dimensioni sempre leggermente inferiori a quelle delle concorrenti, quindi continueremo a concentrarci sulle auto di segmento A, B e C che sono quelli fondamentali per il mercato italiano e dove noi siamo particolarmente bravi nel farle efficienti e con un elevato rapporto benificio/costi».

A Bologna presentate per la prima volta la Suzuki Swift Sport. Quali sono le sue principali caratteristiche?
«Swift è proprio quello che dicevo: un’auto di segmento B più corta delle concorrenti di almeno 15 cm, ma con tanto spazio all’interno. La Sport è il suo top di gamma e ha un motore da 1,4 litri turbo ad iniezione diretta da 140 cv con meno mille kg di peso, dunque minori tempi di risposta, guida divertente e anche consumi sotto controllo».

Il coinvolgimento di Suzuki nei rally continuerà?
«Sì, in Italia continuerà perché ci piace mettere il marchio dove c’è passione e nei rally c’è grandissima passione: c’è il punto di incontro tra il costruttore dei sogni e l’appassionato che vive di emozioni».

Un altro elemento di Suzuki è sicuramente il fuoristrada con prodotti specifici come la Jimny che comincia ad avere i suoi anni. Ultimamente abbiamo visto alcuni concept che sembrano prepararne il rinnovamento o la sostituzione. È questo il futuro?
«Suzuki certamente confermerà il suo Dna di costruttore di 4x4 duri e puri come nel caso della Jimny. È vero che ha quasi 20 anni di anzianità, ma è anche vero che non li dimostra ed è rimasta l’unica rappresentante di questo segmento ed è ancora molto apprezzata tanto che vendiamo tutte le vetture che ci vengono assegnate dalla produzione. Se la evolveremo, come sicuramente avverrà, rimarrà comunque una Jimny mantenendo lo schema costruttivo di un vero fuoristrada».

La Suzuki ha rinnovato interamente negli ultimi anni la parte bassa della propria gamma, in particolare nel segmento B, mentre i modelli più grandi sono i più anziani. Quanto dovremo aspettare per vedere quelli nuovi?
«La nostra ammiraglia è la S-Cross e risale al 2013 , è la più anziana. L’abbiamo rivista recentemente in modo profondo trasformandola da crossover a vero e proprio Suv. Credo che quella sia la direzione di Suzuki: progettare e realizzare veri Suv. Dunque così sarà anche la prossima S-Cross».

E Grand Vitara?
«Grand Vitara è per Suzuki un brand che vale quasi quanto il marchio intero. Non ci sembra questo il momento di produrre una nuova Grand Vitara, ma stiamo chiedendo ai nostri clienti se è necessario qualcos’altro per completare la nostra gamma e ascolteremo quello che ci dicono in proposito».

Tema ambiente e consumi. Da tempo state puntato sul micro ibrido e lo avete allargato anche al Gpl. Quali saranno i prossimi sviluppi?
«Suzuki è salita al secondo posto delle vendite per l’ibrido in Italia, grazie in particolare all’apprezzamento commerciale per una tecnologia che premette di risparmiare fino al 17% di carburante e di avere tutte le facilitazioni per la tassa di possesso, l’accesso ai centri urbani e i parcheggi gratuiti previsti in molte città e regioni italiane. Questa direzione ci ha premiato perché è immediatamente fruibile: è bello sognare l’elettrico puro, è bello sognare l’idrogeno, ma è importante avere una soluzione acquistabile oggi, in concessionaria, e Suzuki ce l’ha. Per il futuro più lontano stiamo investendo in tutte le direzioni perché nessuno sa quale sarà la vettura del futuro, anzi è chiarissimo che non ce ne sarà solo una».

Parliamo delle due ruote che stanno viaggiando molto bene e ad ottobre il mercato è cresciuto addirittura di oltre il 22%. Quali sono le prospettive nel prossimo futuro?
«Molto interessanti perché il mix di traffico caotico e di condizioni metereologiche favorevoli rendono competitivo il mezzo a due ruote, quindi non ho dubbi che, dopo anni difficili, il futuro sia brillante perché sarà l’alternativa vera alla mobilità urbana, al di là della passione sprigionata dalle supersportive».

Negli ultimi anni abbiamo visto case che facevano quasi a gara per accaparrarsi marchi motociclistici, tendenza che si è poi raffreddata. Voi da sempre siete tutte e due le cose. Che vantaggio dà?
«Facendo moto da sempre abbiamo imparato a fare mezzi efficienti, lavorando sui pesi e sui motori. Da lì nasce la nostra capacità di fare la Swift che pesa poco più di 900 kg e la Sport che sta poco sotto i mille kg, ma anche di fare motori marini dove il peso è un prerequisito irrinunciabile. C’è poi da dire che avere conoscenze che riguardano ogni tipo di motore offre molti vantaggi tecnologici».

E dal punto di vista commerciale?
«Essere capaci di costruire mezzi e motori di qualsiasi tipo è fondamentale per il posizionamento di Suzuki: ci qualifica come costruttore di sogni e di mezzi utili a 360 gradi. Dal punto di vista commerciale e delle reti distributive, abbiamo invece pochissime efficienze dovute al fatto che le modalità di acquisto sono sostanzialmente diverse: quando siamo motociclisti usiamo la passione, quando siamo automobilisti c’è passione, ma anche razionalità mentre per i motori marini parliamo di sogno e divertimento allo stato puro».

Visto però che la scelta delle due ruote è, come è stato ricordato in precedenza, sempre più razionale e meno passionale, una convergenza commerciale con l’automobile è possibile e auspicabile oppure no?
«In effetti, già oggi il mercato degli scooter si avvicina molto a quello automobilistico. Se i costruttori come Suzuki sapranno interpretare il segmento dello scooter o della moto scooter in modo intelligente, ci potremo avvicinare al concetto di mobilità assistita nei centri urbani e quindi avvicinare anche le necessità commerciali di auto e moto, ma le moto vere e proprie, in particolare quelle più potenti e sportive, rimarranno un mondo a parte, che ha bisogno di una presenza sul mercato e di una strategia completamente diverse».

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Giovedì 14 Dicembre 2017 - Ultimo aggiornamento: 12:08 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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