Piccola nautica, nuovi prodotti, nuovi progetti, andamento del mercato, innovazione tecnologica, politiche del mare e del turismo nautico. Ne abbiamo parlato con Domenico Senese, titolare del cantiere Mimì, storico produttore di gozzi di misura compresa tra 6,5 e 13 metri, aperti e cabinati, dislocanti e plananti, tutti indistintamente capaci di resistere al tempo e alle mode, e di proporsi come alternativa interessante al dilagare dei gommoni e delle barche in vetroresina. Esperto come pochi del settore, Senese risponde alle nostre domande con estrema chiarezza, cogliendo tra l’altro l’occasione per anticipare l’arrivo di novità di prodotto interessanti.
Che cosa vedremo ai saloni nautici di settembre?
“Quest’anno – dice il numero uno del Cantiere Mimì - abbiamo deciso di concentrarci su nuovi progetti. Non saremo a Cannes ma ci presenteremo a Genova in uno stand più grande e accogliente del solito, con il nuovo 9.50 Cabin, che nasce sulla carena della barca di nove metri e mezzo già nota e collaudata, ma con interni e sovrastruttura totalmente nuovi, ridisegnati con il contributo di Valerio Rivellini. Su questo nuova versione avremo una dinette trasformabile che consente di sfruttare 3 posti letto, bagno, doccia, cucinotto e due frigoriferi all’esterno. Inoltre – aggiunge Senese - stiamo lavorando al restyling dell’11 Cabin, che si distinguerà soprattutto per la poppa aperta e per il prendisole allestito quasi sulla plancetta. Nuovi anche il divano e il layout di tutta la parte poppiera”.
Voi del Cantiere Mimì siete tra gli strenui difensori del gozzo, tipologia di barca che resiste al tempo e alle mode. Qual è il segreto di questa longevità?
“Il segreto sta nella capacità di miscelare al meglio classico e moderno. Rendiamo le linee sempre più accattivanti, senza snaturare la tradizione. L’importante è l’equilibrio. Ci sono cantieri che hanno modernizzato troppo, snaturando il prodotto; e ce ne sono altri che sono rimasti invece troppo legati al classico. Io, per il mio cantiere, ho sempre cercato il giusto equilibrio, collocandomi al centro tra tradizione e innovazione. E il mercato mi dà ragione”.
I tempi moderni richiedono però sempre più attenzione all’innovazione tecnologica. Possono i gozzi battere anche questa rotta?
“Certo che sì. E posso anticipare che entro quest’anno partiremo con un gozzo ibrido, in grado di navigare anche nelle aree marine protette. Ci stiamo lavorando, ma per ora non posso dire di più”.
A proposito di aree protette, la vostra sede produttiva è Napoli, città al centro di un golfo con ben 4 AMP, e priva di un vero e proprio porto turistico. Tutto ciò crea problemi alla cantieristica?
“Certo. Problemi gravissimi e inspiegabili. Dovremmo valorizzare al massimo il diportismo, noi produttori potremmo vendere più barche, con vantaggi per noi e per il territorio, ma purtroppo non è così. E a soffrirne di più è la piccola nautica”.
In che senso?
“Vi do alcuni dati relativi al nostro cantiere che illustrano bene la situazione del mercato. Noi abbiamo visto assottigliarsi quasi del 50% la richiesta di natanti di misura compresa tra 6,5 e 8,5 metri, mentre abbiamo registrato una crescita del 300% di barche tra i 9,50 e i 12/13 metri. E il problema non riguarda il mio cantiere, ma tutti. Al di là delle richieste del mercato, c’è poi il problema della mancanza di posti barca, che ha provocato scelte dolorose, come quella di un mio cliente, che ha acquistato un gozzo e mi ha chiesto di non metterlo in acqua in quanto non è riuscito ad accaparrarsi un posto regolare, in porto, evitando di ricorrere al dilagante fenomeno degli ormeggi abusivi”.
Per la diffusione della nautica è un problema grave. Voi titolari di cantieri produttori come pensate che si possa risolvere?
“Abbiamo appena costituito un’associazione e abbiamo presentato un progetto per l’ampliamento dell’antico porto di Mergellina, sul lungomare di Napoli. Speriamo di ottenere tutte le autorizzazioni, ma per ora non abbiamo certezze”.
E’ in atto anche una vera e propria guerra alle società di charter. Che fanno ampio uso di gozzi. Per voi un problema in più?
“Purtroppo sì. Ma si dovrebbe distinguere tra il charter con equipaggio e senza. Nel primo caso c’è garanzia di una navigazione affidata ad esperti marinai, muniti di patente nautica e consapevoli delle regole da rispettare e dei rischi da evitare; nell’altro si tratta, in molti casi, di veri e propri noleggi di piccoli natanti, magari gommoni spinti da motori fino a 40 cavalli, che non richiedono la patente nautica, e questi rappresentano davvero un rischio grave. Generalizzare è però sbagliato. E nel golfo di Napoli s’è arrivati al paradosso che Capri è diventata un’isola inaccostabile, un mondo a sé, che respinge la piccola nautica. Scelte discutibili, in un territorio che potrebbe vivere di turismo nautico”.