Hyundai, grande idea piccola auto. Inster irrompe sul mercato: compatta, seducente, elettrica e con prezzo molto accessibile
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Le vetture per tutti. Cosa fa il resto del mondo: pronti all’assalto i cinesi, ma volano anche i coreani
AMSTERDAM - «Ero alle elementari e già ero sicuro di quello che avrei voluto fare, ancora prima di sapere che quel mestiere esistesse». A trent'anni Davide Varenna, milanese laureato con la lode al Politecnico della sua città, ha appena firmato i primi esterni di una macchina, la nuova Hyundai i10. Perché il car designer era quello che aveva sognato di essere. Nell'immaginario suo, come quello di molti altri, le “rosse” italiane, non necessariamente di Maranello, sono le macchine dei desideri. Non a caso alle domande su quali siano il miglior designer di sempre e la vettura più bella mai realizzata risponde immediatamente: «Giorgetto Giugiaro e la Alfa Romeo GT Junior, cioè una delle prime macchine che egli disegnò, quando aveva poco più di vent'anni». Ma Varenna è assai più che grato al costruttore coreano, il cui team che si occupa delle linee viene definito come una «famiglia», come un «bellissimo ambiente»: «E per noi italiani “mammoni” è un valore importante».
Hyundai è stata una scelta?
«Sì, del cuore. Durante il master a Pforzheim, in Germania, avevo fatto uno stage in Hyundai. Poi avrei avuto anche un'altra possibilità. Ma ho scelto di tornare lì, perché mi ero trovato bene».
Quella di Pforzheim è una “scuola” esclusiva.
«Prendono appena sette studenti al semestre: lì ci sono solo i migliori».
Quindi sei uno dei migliori?
«Ogni tanto sbagliano anche loro».
Scherzi a parte, perché Hyundai?
«Perché lascia una grandissima libertà. Perché è pronta ad innovare. Ogni macchina è diversa dall'altra. Significa che i designer possono partire sostanzialmente da un foglio bianco, naturalmente tenendo in considerazione il linguaggio stilistico di Hyundai. Non c'è niente di meglio da chiedere».
E com'è disegnare gli esterni della i10?
«Magari è difficile da credere, ma estremamente affascinante. E c'è anche molto del designer».
Quasi non ci credo: pensavo che il sogno fosse disegnare una super sportiva...
«Lavorare ad una compatta significa riuscire ad esprimersi sapendo di aver grosse limitazioni sui costi e sugli spazi, anche se i veri “dittatori” sono i regolamenti, soprattutto in termini di sicurezza».
Insomma è una “lotta” continua con ingegneri e “contabili”.
«Non direi. È piuttosto un lavoro di squadra, in cui ognuno deve essere disposto a rinunciare a qualcosa pur di ottenere il miglior risultato».
Faccio fatica ad immaginare che i 4 centimetri di passo in più della i10 siano stati ottenuti dai designer.
«E invece li abbiamo invocati anche noi: soprattutto su una compatta, avere le ruote agli angoli consente di lavorare in modo diverso sulle superfici, oltre che sugli spazi».
Cosa ci sarà dopo l'auto? Perché il futuro della mobilità potrebbe avere le ali e non più le ruote...
«Sarà una delle sfide dei designer: immaginare cioè il veicolo del domani, anche se io sono affezionato alle ruote. Nell'ambito di un progetto studentesco avevo peraltro disegnato un modello per il 2050 pensato per gli ultrasessantenni, cioè i nuovi giovani. Era un'esplorazione del confine tra auto classica ed un nuovo genere di veicolo».
Cos'è il design?
«È la fusione tra forma e funzione...che risulta perfetta quando queste due componenti riescono ad esaltarsi a vicenda».