La 24 Ore di Le Mans, un banco di prova unico per sviluppare tecnologie avanzate

Le Mans: Audi, Porsche e Toyota, banco
di prova unico per le astronavi ibride

di Sergio Troise
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LE MANS - Le corse come laboratorio e la 24 Ore come banco di prova ineguagliabile per sperimentare soluzioni nuove, prima di trasferirle sulle auto stradali utilizzate da noi comuni mortali. Il leit motiv ci ha accompagnato, da un secolo all’altro, nello sviluppo della motorizzazione di massa.


Oltre il computer e la realtà virtuale. Dalla pista alla strada, la sperimentazione in gara ha contribuito a migliorare le prestazioni e la sicurezza delle nostre auto di tutti i giorni. Motori, freni, fari, gomme, tergicristalli, materiali, aerodinamica, elettronica, tutto è passato attraverso le corse. Certo, nell’era dei computer e della ricerca scientifica avanzata, simulazioni e test virtuali sono in grado di facilitare il raggiungimento delle soluzioni migliori. Ma – come ben sanno i progettisti dei colossi dell’auto – nessun esperimento virtuale è in grado di dare risposte attendibili quanto una gara. Se poi la gara è la 24 Ore di Le Mans…

Una tradizione nata negli anni Venti. Evolutasi rimanendo sempre uguale a se stessa, dall’inizio del secolo scorso ai giorni nostri, la 24 Ore di Le Mans è entrata ormai nel mito e approda all’edizione numero 82 con contenuti che ne fanno un evento da seguire non solo per il fascino sportivo. Dopo aver dimostrato, in anni recenti, che il motore diesel è in grado di fare meglio dello storico rivale a benzina (vedi successi di Audi e Peugeot), la 24 Ore promuove ora la tecnologia ibrida, ovvero l’accoppiata tra motori termici ed elettrici, in grado di sfruttare al meglio l’energia prodotta dall’auto stessa. Una scelta di campo che già dal 2012 ha imposto la svolta tecnica, dimostrando che un’auto ibrida può raggiungere prestazioni estreme riducendo consumi ed emissioni.

Aggiornamento continuo. Il regolamento della 24 Ore viene aggiornato continuamente proprio in questa ottica: basti dire che le auto della categoria LMP1 (la sigla sta per Le Mans Prototype) dovranno ridurre i consumi del 25% rispetto al 2013 e che un flussometro terrà sotto controllo i consumi giro per giro (come già avviene in Formula 1), mettendo la direzione gara in condizione di infliggere una penalità a chi non dovesse rispettare i limiti.

Il potere tedesco. Nell’era dell’ibrido, dominatori della scena sono stati finora i tedeschi dell’Audi, da quest’anno affiancati, nel ruolo di cugini-rivali, dalla Porsche, regina di Le Mans con sedici vittorie ma assente dal teatro francese dal 1998, quando s’impose con una “semplice” 911, irriducibile protagonista della categoria GT.

L’attacco giapponese. Terzo incomodo, contro i panzer tedeschi, i giapponesi di Toyota, reduci dai successi nelle prime due prove del Mondiale Endurance (le 6 Ore di Silverstone e Spa). I samurai (a Le Mans due ritiri per incidente nel 2012, un secondo e un quarto posto nel 2013) tengono moltissimo a imporsi nella più celebre e titolata delle gare di durata, per consolidare la propria immagine di leader mondiali dell’ibrido. Come è noto, infatti, Toyota è stata la casa automobilistica che per prima ha creduto in questa tecnologia, e può vantare oggi una gamma di 11 modelli (5 con marchio Lexus), ormai vicina ad una quota del 3% sul totale delle sue vendite. Una percentuale di due punti circa superiore rispetto alla media italiana, che supera di poco la quota dell’1% e che segnala comunque un trend in crescita.

Le ibride stradali. La più economica tra le ibride in commercio è la piccola Yaris (18.650 euro), per la quale Toyota dichiara 27 km/litro ed emissioni di CO2 contenute a 79 grammi/km; la più cara è invece la Porsche 918 Spyder, supercar dall’astronomico prezzo di 793.914 euro. Sono in tutto 34, al momento, i modelli ibridi presenti sul nostro mercato: oltre alla gamma Toyota, propongono auto ibride Audi, Porsche, Volkswagen, BMW, Cadillac, Citroen, Honda, Infiniti, Mercedes, Peugeot. Le prime tre, come detto, si confronteranno nella maratona di Le Mans. Ma lo faranno con sistemi ibridi diversi tra loro. Una sfida nella sfida.

La formula Audi. La R18 E-Tron quattro dell’Audi è l’unica rimasta fedele al diesel come motore termico di base: un V6 4.0 litri turbo a iniezione diretta da 537 cv che trasmette la potenza alle ruote posteriori. In aggiunta c’è una unità elettrica da 230 cv collegata all’asse anteriore e, grazie all’elettronica, la potenza totale di 767 cv viene distribuita al meglio sulle quattro ruote, facendo dell’auto una trazione integrale. Soprattutto, la casa di Ingolstadt sperimenta un sistema diverso da quello utilizzato sulle ibride stradali finora prodotte (A6, A8, Q5), immagazzinando l’energia recuperata in frenata in un volano, invece che nelle batterie. Ciò dovrebbe giocare alle prestazioni, assicurando risposte più efficaci in accelerazione e ripresa. Se e quando questa soluzione verrà adottata sulle Audi stradali è presto per dirlo, ma la strada è tracciata.

La formula Porsche. I “cugini” della Porsche, in gara con la neonata 919 Hybrid, puntano invece su un motore di base a benzina accoppiato a due motori-generatori elettrici per una potenza complessiva di 750 cavalli (500 più 250). Particolare interessante, il motore di base è un piccolo 4 cilindri a V di 2.0 litri, a iniezione diretta, sovralimentato con un turbo ad alta pressione (il regolamento impone comunque di non superare i 4 bar). Per la componente ibrida, la 919 sfrutta in parte l’esperienza maturata sulla 918 Spyder, ma il sistema è nuovo, sdoppiato in due parti: da un lato si genera elettricità recuperando energia dai gas di scarico; dall’altro si alimenta un motogeneratore elettrico attraverso il recupero dell’energia in frenata. In tal modo si fornisce la trazione anche all’asse anteriore, trasformando la 919 in una trazione integrale, come l’Audi e la Toyota. Ma l’ibrido della 919 è diverso dalla soluzione finora adottata sulle auto stradali della Porsche, come il Suv Cayenne 3.0 S Hybrid e la Panamera S E-Hybrid, prima ibrida plug-in di categoria premium in grado di “veleggiare” e di ricaricarsi anche alla spina domestica.

La formula Toyota. A differenza dei tedeschi di Porsche, che in nome del downsizing hanno scommesso sul piccolo V4 di base, sulla Toyota TS040 Hybrid il motore termico è un benzina V8 aspirato da 3,7 litri con potenza di 520 cavalli. L’accoppiamento con la componente elettrica porta la potenza totale a 1000 cavalli, sfruttando un sistema originale, diverso dagli altri due: in questo caso, infatti, l’energia accumulata in frenata viene trasferita a un maxi condensatore attraverso due inverter; in fase di accelerazione i motori-generatori funzionano al contrario, generando una spinta di 480 cv e portando il totale ai mille cv di cui s’è detto. Una potenza impressionante, e tuttavia lontana anni luce dai livelli di consumo e d’inquinamento dei motori di qualche anno fa. Da Le Mans alle nostre strade, il progresso avanza.

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Venerdì 13 Giugno 2014 - Ultimo aggiornamento: 13-06-2017 15:11 | © RIPRODUZIONE RISERVATA