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Il 1958 è stato uno degli anni più intensi e drammatici della F1. Già alla prima gara, il Gran Premio d'Argentina, dove tutti si aspettano l'ennesimo successo di Fangio, si registra un avvenimento epocale. Vince Stirling Moss, e fin qui nulla di speciale. Il “Re senza corona della F1” è però al volante di un mezzo sgorbio blu con fregi bianchi. E' la T43 la macchina di John e Charles Cooper, padre e figlio, che, partendo da una piccola officina a Surbiton nel Surrey, si sono fatti un nome con le piccole F3, dotate di motori motociclistici di 500c, Norton o JAP (A Prestwich Industries), questi ultimi molto diffusi nello speedway, con le quali è nata la nuova stella di Moss.
Da un paio d'anni la Cooper è approdata in F1, partendo da una base F2 sviluppata con un valente pilota e collaudatore arrivato dall' Australia, il suo nome che per ora non dice molto al grande pubblico è Jack Brabham. Le risorse non consentono ancora di schierarsi a tempo pieno nei Grand Prix iridati, cosa che invece riesce con molta fatica e l'aiuto degli organizzatori a Rob Walker (sì, quello del whisky) con la sua scuderia che utilizza i colori scozzesi il bianco e il blu. I motori quattro cilindri sono della Coventry Climax, inzialmente di 1,5 litri (limite fissato per la nuova F2) via via a salire di cilindrata. In Argentina Moss, libero da impegni con la Vanwall con la quale è accasato, assente in questa prima corsa, sfrutta tutte le caratteristiche della T43, il peso, appena 380 kg, contro mezza tonnellata e passa degli avversari, il minor consumo di carburante e pneumatici, e con un motore di appena 175 CV, ed ha la meglio su Musso con la nuova Ferrari. E' la prima vittoria di una macchina con motore posteriore in F1, la prima di una simile tecnica dai tempi delle Auto Union del Prof. Porsche guidate dal grande Bernd Rosemeyer nell'anteguerra. Una situazione che diverrà sempre più indigesta ai tradizionalisti, che come dice Ferrari si ispirano al detto “è il cavallo che traina il carretto”.
Intanto dal primo gennaio valgono nuove regole per la F1, l'abolizione delle miscele alcooliche a beneficio della benzina commerciale, il divieto di sostituire il pilota su una macchina, la riduzione del chilometraggio dei Grand Prix.
Fangio torna presto al centro dell'attenzione. Il 24 febbraio dopo le prove del Gran Premio de l'Avana a Cuba, il cinque volte campione del mondo viene rapito da un gruppo di castristi. L'azione condotta con il massimo rispetto per l'”ospite” che sarà liberato dopo 27 ore, vuole soprattutto entrare nella grande cronaca mondiale, per coagulare l'attenzione su quanto sta accadendo nell'isola.
Si torna a parlare di F1 il 18 maggio a Montecarlo, ma Fangio non c'è, questa volta è a Indianapolis dove non riesce a qualificarsi. Moss invece è regolarmente al volante di una delle Vanwall, che partirà dalla pole grazie a Tony Brooks. Da notare che le prime due file dello schieramento sono occupate solo da macchine inglesi, Vanwall, BRM e Cooper, la Ferrari con la nuova 246 con il motore sei cilindri allo sviluppo del quale ha lavorato Dino, lo sfortunato figlio del “Drake,” sono dietro, mentre la presenza della Maserati, che ha chiuso il reparto corse, è ridotta al lumicino con i due indipendenti Giorgio Scarlatti e Joakim Bonnier.
Per la seconda volta vince la Cooper di Rob Walker con alla guida Maurice Trintignant che si conferma grande specialista del circuito.
In Olanda ecco Moss con la Vanwall, primo davanti alle due BRM dell'americano di Parigi Harry Schell e di Jean Behra. Musso che era in testa al campionato dopo Montecarlo cede la leadership a Moss. A Spa nel Gran Premio del Belgio c'è la quarta vittoria inglese consecutiva con il bis della Vanwall per merito di Tony Brooks. Hawthorn muove la classifica con il secondo posto e il giro più veloce.
L'eroina della giornata è però Maria Teresa De Filippis, prima donna a qualificarsi in un Gran Premio di F1, che chiude decima con la 250F che ha acquistato dagli Orsi, anche per aiutare l'azienda in quel momento in ammistrazione controllata.
“Di quel Gran Premio del Belgio del '58, ho ricordo simpatico”, amava raccontare la nobildonna napoletana. “Quando ho finito la corsa, in decima posizione, sono scesa dalla vettura. C'era il Re con la Principessa De Rethy, che aspettavano tutti i piloti. Ero abbastanza nervosa, camminavo e parlavo con Bonnier. Alla fine sono salita sul palco e ci sono delle fotografie dove si vede il Re del Belgio che mi controlla le braccia e i muscoli, perché era curioso di sapere come facevo a guidare quelle macchine”
E ce n'è anche di Fangio e Ferrari. “Fangio mi ha insegnato tanto e mi ha spinta a fare delle cose. Cercava di farmi capire che il fatto che avessi coraggio era una cosa positiva. Ma, al coraggio andava unita l'esperienza e un po' il ragionamento. Mi diceva: Non puoi guidare solo con l'istinto, perché così prima o poi ti fai male. Lui mi ha sempre protetto. Ma-ria tu vai troppo forte mi diceva sempre, tu sei un poco matta.
Ferrari veniva sempre all'autodromo di Modena e mi diceva: Signorina De Filippis lei va troppo forte. Allora guidavo le piccole cilindrate e avevo il vizio di girarmi a guardare. Erano le prime corse che facevo e, cosa che i piloti non dovrebbero mai fare, mi voltavo. E Ferrari:Ma non è possibile! Ma perché gira la testa? Non deve! deve guardare nello specchietto!
Si arriva così a Reims. Il clima in casa Ferrari, che non ha ancora vinto un Grand Prix, non è dei migliori, c'è qualcosa che non va tra Musso e i due compagni inglesi. Il pilota romano vuole assolutamente vincere. A Reims ha tagliato per primo il traguardo nel '57 in una gara non valevole per il mondiale...
Purtroppo le cose non andranno così. In tre anni è stata cancellata l'intera colonia dei campioni italiani, Ascari, Castellotti e Musso. Intanto Fangio decide di anticipare il ritiro dalle competizioni che aveva programmato per fine stagione. Ma non è finita. Ferrari non può festeggiare i due successi consecutivi della 246, Hawthorn ha vinto a Reims , Collins a Silverstone, perchè proprio quest'ultimo è vittima dell'”Inferno Verde” al Nurburgring. Per le Vanwall non ci sono più freni. Tony Brooks vince i Gran Premi di Germania e d'Italia, Moss quelli del Portogallo e del Marocco, e regalano a Tony Vanderwell il titolo costruttori, appena istituito. Ma anche il re delle bronzine non può festeggiare. In Marocco succede di tutto. Moss perde il titolo piloti per un punto, ma il pupillo di Mr.Tony, Stewart Lewis-Evans, esce di strada ed è il terzo pilota caduto in questa stagione micidiale. Il campione è Mike Hawthorn con la Ferrari abilissimo a gestirsi – un primo, cinque secondi, un terzo e un quinto posto nel suo tabellino - che annuncia il ritiro dalle competizioni.
Il 22 gennaio 1959 il campione del mondo sta guidando la sua Jaguar su strada normale nei pressi di Guilford. Piove, quando incrocia Rob Walker con la Mercedes 300SL. Scatta una stupida sfida. Mike ha sempre considerato le macchine di Stoccarda come le sue avversarie, memore delle grandi sfide alla 24 Ore di Le Mans. Il duello amichevole prende una brutta piega e finisce contro un albero a 160 km/h...
Per forza di cose le due stagioni conclusive della F1 2.5 saranno diverse. Vanwall ha ridotto al lumicino la sua presenza, Ferrari sta ricostruendo la squadra piloti, la Lotus e' ancora acerba. A dominare la scena rimane la Cooper, portata al limite di cilindrata. I suoi piloti dell'altro mondo, Jack Brabham e il giovanissimo neozelandese Bruce McLaren, che sono anche degli ottimi tecnici, si piazzano ai primi due posti del mondiale nel 1959-1960 con un bottino complessivo di 9 vittorie.
A contrastare le T51/53 ufficiali il solito Moss che è tornato con Rob Walker. Nel 1959 per ottenere il meglio dalla sua Cooper bianco-blu, con la quale vince a Monsanto in Portogallo e per la terza volta a Monza, si fa preparare un cambio da Valerio Colotti. Nel 1958-59 Moss correva con la scuderia di Rob Walker, con le Cooper e avevano dei problemi al cambio ricordava compiaciuto il tecnico modenese - Spedirà a Modena il suo capo meccanico Al Francis, proprio perchè aveva saputo, gli era stato detto da qualcuno, che ero uscito dalla Maserati e avevo messo in piedi un ufficio tecnico per conto mio. Al Francis venne a Modena, mi trovò Allora avevo l'ufficio in Via Cesare Battisti, e Francis mi disse che c弾ra da fare il progetto di una frizione a dischi multipli per la Ferguson. Poi ritornò ancora e mi disse che bisognava progettare il cambio per la Cooper perchè avevano dei problemi. Cominciammo la progettazione di questo nuovo cambio. Vennero poi a Modena con la vettura, lui e Moss per provare in pista. Ci siamo recati in autodromo e Moss cominciò a fare i suoi giri, e rimase soddisfattisimo. L誕nno successivo la Cooper con Stirling Moss alla guida e il mio cambio debuttò a Montecarlo. Io me ne andai su in collina per vedere il Gran Premio dall誕lto, senza essere di ingombro ai meccanici nei box. Da quel punto si vedeva buona parte del circuito, dall置scita del tunnel. Se non vado errato a tre o cinque giri dalla fine ha avuto un guaio al cambio, una stupidaggine. La corona era stata fissata al differenziale con i bulloni. Io gli avevo detto farebbe bene mettere anche due grani, non tanto per riferimento come centraggio, ma per il traino perchè non c'è più il filetto che potrebbe essere l'innesco della rottura Morale della favola quei bulloni o si sono svitati o hanno ceduto. Scesi dalla collina, arrivai ai box da Moss. Lui mi strinse la mano e mi disse ci siamo, andiamo bene! ma come? rispondo io, e lui: no, no, nulla! Questa è una stupidaggine, adesso la mettete a posto. Il cambio va che è una meraviglia! Non cede, non ci sono problemi. Non ti preoccupare! ma, come non ti preoccupare i preoccupo se ti sei fermato a tre giri dalla fine. va bene, puù succedere. Poteva rompersi il motore, poteva rompersi qualsiasi cosa. Non star lì a pensare, è una cosa che si mette a posto in quattro e quattrotto. Era soddisfattissimo.
Dopo aver realizzato il cambio per Moss e la Cooper di Rob Walker, tutti gli inglesi si rivolsero al sottoscritto per avere i cambi. Tra questi la Vanwall. Tony Vandervell mi mise a fianco un interprete, figlio di italiani. Mi dettero un tavolo da disegno con le righe con i pollici. Dissi all’interprete, dica a Mr.Tony che io i pollici non so nemmeno cosa siano. Mezz’ora dopo avevo già le righe con i millimetri. Disegnai il cambio per la Vanwall. Ero ospitato all’Hotel King Cross in centro a Londra, una cosa fantastica, e non volevano che andassi via. Dissi a mia moglie, vieni qui con i nostri figli, perché non mi lasciano venir via. E il direttore della scuderia, disse a Vandervell: “Questo è uno che bisogna tenere qui con noi”. Quando me l’ha detto m’è venuto un accidente. “Ma io ho il mio lavoro a Modena…” Fortunatamente ritornai in Italia. Il cambio per loro l’avevo finito. Però il nome Colotti si era fatto conoscere, e mi chiamò anche Colin Chapman per progettare il cambio per la Lotus 29 per Indianapolis.
Nel 1963 Jim Clark arrivò secondo perché non avevano esposto le bandiere gialle quando il pilota che lo precedeva (Parnelli Jones, NdR) perse l’olio. Ma nel 1964 ha vinto. Ho spedito un telegramma con la scritta in grande BRAVO! indirizzato a Jim. Lui mi fece telefonare per dirmi “Ma, in Italia i Bravi non sono dei mezzi briganti?” Evidentemente aveva letto o gli avevano parlato dei “Promessi Sposi”…Quello della Lotus 29 era veramente un cambio meraviglioso. Che soddisfazione!”
A completare il dominio delle vetture inglesi arrivano anche i primi successi della BRM, che vince il Gran Premio d'Olanda 1959 con lo svedese Joakim Bonnier, scoperto dal manager romano Mimmo Dei deus ex machina della Scuderia Centrosud, e della Lotus. Opera di Colin Chapman, che aveva partecipato al progetto della Vanwall, la tipo 18 va a segno a Montecarlo con Stirling Moss che regala un'ulteriore soddisfazione a Rob Walker, proponendo ancora una volta la sua candidatura al titolo. Ma dopo un quarto posto a Zandvoort, il “Re senza corona” esce di strada a Spa, e ne avrà per un paio di gare, molto peggio va ai due inglesi Chris Bristow e Alan Stacey, quest'ultimo colpito da un volatile in piena velocità. In un week end così tragico passa sotto silenzio il debutto, deludente, della Scarab, la prima F1 statunitense voluta dal miliardario Lance Reventlaw, figlio dell'ereditiera Barbara Hutton, che fu a suo tempo compagna di Cary Grant.
E la Ferrari? Anche se non sono le sue stagioni migliori, la Casa di Maranello, che sta lavorando sul suo primo progetto di monoposto a motore posteriore, mette a segno nel 1959 una doppietta con il dentista inglese Tony Brooks, primo nei Gran Premi di Francia e Germania. Nel Gran Premio d'Italia del 1960 che si corre sul circuito completo con la pista ad alta velocità, suscitando la rivolta dei team inglesi, Ferrari con il primo posto di Phil Hill, il capofila della colonia di piloti yankee approdati a Maranello, segna l'ultima vittoria di una macchina a motore anteriore (il carretto trascinato dal cavallo...) della storia della F1!