«Non è un segreto: quando qualcosa non mi piace lo dico, come avevo fatto per il passaggio tra le monoposto Gen2 e Gen3. Lo stesso vale se qualcosa mi piace e la Gen3 Evo è un bel salto: la Fia e la Formula E hanno un fatto un bel lavoro», dice Jean Eric Vergne, il solo pilota ad aver vinto due volte il mondiale elettrico. Nella stagione 11, la cui prima gara è in calendario a San Paolo il 7 dicembre, il francese della Ds Penske ha un nuovo compagno di squadra, il tedesco Maximilian Günther, arrivato dalla Maserati, altro marchio del gruppo Stellantis, che fornisce il powertrain. «L'anno scorso, con la stessa macchina, lui ha vinto e noi no – sorride Vergne – Ci dovrà spiegare come ha fatto».
Poi si fa serio: «Abbiamo guidato la nuova monoposto e sappiamo come va – incalza il due volte iridato – È più divertente per i piloti: con la trazione integrale migliorano le prestazioni e c'è più grip. Però dovremo anche fare i conti con il deterioramento degli pneumatici, quasi un inedito in Formula E. Siamo sicuri di aver fatto dei passi in avanti, quello che non sappiamo è a che punto sono gli altri e se quello che abbiamo fatto sarà sufficiente». Su questo punto non potrebbe essere più chiaro Eugenio Franzetti, direttore della divisione Motorsport di Ds: «La nostra responsabilità è quella di mettere i nostri piloti al volante di monoposto migliori rispetto a quelle delle ultime due stagioni – taglia corto il manager milanese – Abbiamo lavorato duro e siamo certi che se Jev e Max avranno macchine competitive sapranno trasformarle in “armi vincenti”».
Il ritorno di Günther alla Penske, inizialmente impegnata con un altro costruttore, non mette sotto pressione il tedesco: «Per me non è altro che un privilegio correre per una scuderia così, che ha un progetto e una visione. Ho anche un compagno di squadra che ha vinto tanto: sarà interessante condividere il garage con lui, con il quale ci accomuna un obiettivo, cioè portare la Ds Penske più in alto possibile». Più del nuovo pacchetto aerodinamico, conta la trazione integrale, peraltro utilizzabile solo in alcuni frangenti: «Vale il novantanove virgola nove per cento delle novità», avverte Vergne. Il quale non fa fatica ad ammettere che senza risultati da parte sua è evidente che la scuderia si cercherebbe un altro pilota: «Ma se la macchina non mi soddisfacesse, poiché credo di avere ancora qualche anno per correre, anch'io mi sentirei libero di cercarmi un altro ingaggio. Tuttavia – conclude – poiché siamo animati dalle stesse motivazioni, non credo che ciò accadrà».
«Dai nostri piloti – argomenta Phil Charles, il vice Team Principal – ci aspettiamo che facciano ciò che sanno fare e abbiamo già visto loro fare. E ci aspettiamo che diano il meglio e allo stesso tempo che impegnino noi a fare altrettanto». Charles anticipa che si vedranno ancora ePrix “ciclistici” con macchine in plotone («comunque una novità del motorsport»), ma che avranno caratteristiche differenti per via degli Attack Mode più spinti, della trazione integrale, della diversa usura degli pneumatici e della ricarica veloce obbligatoria. «È una grande tecnologia – insiste Charles («la Formula E ha un ruolo pedagogico», puntualizza Franzetti) – che consente di rifornire in appena trentaquattro secondi. Strategicamente cambierà parecchio il modo di gareggiare».
Il calendario, per il momento a 17 gare (la prova di marzo, immaginata in Thailandia, non è ancora stata confermata) e senza l'Italia, viene promosso da Vergne, che sottolinea l'importanza di correre in mercati importanti per i costruttori. «L'Italia per il momento è fuori – conclude Franzetti – e speriamo che possa rientrare nel programma, ma noi dobbiamo pensare globalmente. I tre appuntamenti in Europa (i doppi ePrix di Monaco, Berlino e Londra, ndr) sono importanti per il campionato, come sono importanti gli eventi in altri paesi dove ci sono tifosi e appassionati e dove c'è la possibilità di generare anche affari».