Franco Chiari e Salvatore Genovese a Vallelunga nel 1964

Franco Chiari e la “verdona”: irresistibile al volante, fuori dalle piste amante di letteratura e filosofia

di Franco Carmignani
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A Vallelunga, Franco Chiari e la “verdona”, l’Abarth 850 verde scuro con i fregi arancione preparata da Salvatore Genovese, sono stati per un paio d’anni i mattatori delle corse turismo, un vero incubo per gli avversari e un sicuro richiamo per gli appassionati. Figlio di un campione di pugilato, è stato il fratello a trasmettergli la passione per le corse. Un personaggio a tutto tondo, irresistibile al volante, fuori dalle piste amante della letteratura e della filosofia, ma anche scanzonato.
 

 

«C’era una gara a Vallelunga, di campionato, allora andai a Vicenza dai Trivellato. Jacopo e Francesco mi stimavano e mi volevano bene. Di notte sulla macchina fecero una… “romanella”, dunque niente pistoni e bielle, probabilmente una camme. Tornai a Roma per correre il Gran Premio Campagnano, la prima corsa riservata alle vetture turismo sulla nuova pista di 3.200 metri, che non conosceva nessuno, tantomeno io. Mi inventai delle traiettorie, un po’ speciali, a risalire dai Cimini, che sicuramente mi hanno giovato. Ho vinto con un giro di vantaggio su Marco Crosina, un medico di Trento che poi ha corso con la Lancia ufficiale anche in Europa, ed ho fatto il secondo assoluto del Turismo (primo fu Franco Patria con una Lancia Flavia ufficiale, N.d.A.)

Vallelunga all’epoca era una pista molto tecnica, da “guidatori”, c’entrava poco il “cuore”, anche se a me il coraggio non mancava. Al “Semaforo” c’era una contropendenza e il “Tornantino” andava preso in un certo modo, altrimenti si perdeva tempo. La Curva Roma girava a sinistra, al contrario di adesso. Avevo degli accorgimenti particolari, tipo le gomme molto dure. La macchina non era certo un “cannone”, dunque davo una sterzata all’inizio e poi tutta in controsterzo. Non ci riusciva nessun altro. Era un sistema che giovava, perché la macchina aveva le gomme lisce, 3 mm, che mi controllavano con spessimetro, e…vincevo.

Tra gli avversari ce n’erano due forti di Napoli: Tommaso Capuozzo e Michele Terminiello. Nel 1964 Capuozzo aveva vinto nove gare di seguito, correva nella classe 1000, io nella 850. Il mio preparatore aveva acquistato un’Abarth 1000 TC ex factory. Potenzialmente poteva essere molto buona, però aveva una prima marcia molto corta, la seconda che “cascava”, cioè era troppo lunga. Non mi ci trovavo. E poi con il doppio corpo capitava che non partiva, bisognava insistere con l’avviamento. Non si capiva perché, e non siamo riusciti a metterla a posto, perché è arrivata il giorno prima della gara (la prima prova del Criterium dell’Ora, 13 dicembre 1964, N.d.A.). E mi capita proprio Capuozzo. Partenza tipo Le Mans. Di corsa, salto in macchina e… “tum-tum-tum”. Gli altri avevano già fatto la Curva Roma, e io dovevo ancora partire. Riesco a mettere in moto e comincio l’inseguimento. Andavo tanto forte e dopo un paio di giri sono andato in testacoda alla Roma. Ho ripreso e dopo altri due-tre giri mi sono girato un’altra volta. Avevo un cronometro sul cruscotto e controllavo i distacchi: 45” di distacco da Bruno Faenza e Capuozzo, ma mancava metà corsa. A due giri dalla fine li riprendo. A Faenza si è staccata una ruota. Con Tommaso è stata più dura. Grandi staccate e gli arrivavo sotto. Lui con la macchina rapportata bene ripartiva e io rimanevo lì. Riesco a metterlo in crisi al Tornantino. Gli entro “dentro”, si è allargato ed è finito sulla terra. Gli ho gridato dal finestrino: “Sei finitoooo!!!” e lì ho vinto la gara. La domenica dopo, Capuozzo non si è visto …

Un’altra volta a Vallelunga correvo con una 500, che mi aveva prestato mio fratello, dopo la Gallenga dove era arrivato ventunesimo. Come al solito stavo doppiando tutti. Ad un certo punto un pilota si è messo in mezzo. L’ho affiancato e gli ho mollato una sportellata, ma ho rotto il cofano posteriore e si è spento il motore. Sono ripartito. Avevo davanti un gruppetto di cinque piloti: Andrea Polli, Lello Milano, Moscatelli, “Marino”. Al Semaforo li ho passati tutti. Poi mi sono fermato, me ne sono andato, e poi ho disputato la gara della 850, che ho vinto. Le mie macchine vendute, il 1000, l’850 non hanno più vinto. E dicevano che io andavo forte solo perché avevo la macchina migliore…»

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Venerdì 9 Febbraio 2018 - Ultimo aggiornamento: 10-02-2018 10:52 | © RIPRODUZIONE RISERVATA