Liliana De Menna

Liliana De Menna, dalle “sportellate” in Cinquecento al Campionato Mondiale Femminile in Usa

di Franco Carmignani
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Per tutti è stata ed è rimasta la Reginetta di Vallelunga, fama che si è conquistata a metà anni Sessanta con le sue grandi corse nelle affollatissime gare delle Cinquecento con i vari Milla e Scandale. Di fatto “Liliana”, quando è tornata a correre qualche anno dopo il matrimonio con Italo Cantera, è poi arrivata a disputare negli USA il Campionato Mondiale Femminile con tutta la sua grinta e si è poi dedicata all’insegnamento delle tecniche di guida.

«Quando ho iniziato, non conoscevo nessuno e mi sembravano tutti fortissimi. La prima volta che sono riuscita ad ottenere la pole position a Vallelunga mi pareva impossibile, tanto che non uscivo dalla macchina. Rispetto ad oggi tutto era diverso, soprattutto per una ragazza. Avevo vent’anni, i miei genitori non erano dell’ambiente automobilistico, né avevo fratelli che correvano. Nessuno. Anzi facevo tutto di nascosto. Mi sono avvicinata per caso con un gruppo di amici che andavano a provare le loro vetture a Vallelunga, che non sapevo neppure cosa fosse. E’ stato abbastanza difficile e complicato».
 

 

«Comunque la storia della Reginetta di Vallelunga ancor oggi mi fa sorridere. Onestamente lo sono diventata senza saperlo, ma è poi rimasta. Tempo fa al mare mi si avvicina un signore e mi fa:” Scusi, ma lei si chiama Liliana, Liliana De Menna?” “Sì”. “Ah, ma io me la ricordo quando correva a Vallelunga!” eppure sono passate decine e decine di anni…Ma evidentemente la cosa è nata ed è rimasta perché all’epoca non c’erano ragazze che correvano, o perlomeno a Roma se non sbaglio ero solo io. Al nord c’erano Lella Lombardi e Rosadele Facetti, figlia e sorella di piloti e preparatori, dunque un po’ più dell’ambiente. Insomma avrò lasciato il segno. Un po’ tignosa lo sono sempre stata, gli sport agonistici mi sono sempre piaciuti, ma all’epoca non c’erano le scuole che insegnavano le traiettorie, con un infarinatura dell’ambiente. Tutto è nato per caso, e non me ne sono assolutamente resa conto. Quando tornavo a casa dovevo giustificarmi con i miei che non volevano. All’epoca, lo confesso, avevo un’invidia sana per Susy Raganelli che correva nei kart ed è arrivata fino al titolo mondiale. Un giorno la vidi provare con suo padre che prendeva i tempi, e tutti intorno a lei. Invece io mi sono sempre sentita molto abbandonata… I tempi erano quelli, ma non succedeva solo a me, capitava anche a Cristiano Rattazzi e Luca Montezemolo. Anche mio marito Italo Cantera, che aveva dieci anni di più doveva nascondere la cosa ai genitori».

«Poi ho lasciato per una decina d’anni. Mi sono sposata, è nata mia figlia, e mi sono allontanata dall’ambiente, non perché la cosa non mi interessava più, ma perché non ce la facevo a stare lì senza correre. Poi per caso un giorno Giancarlo Naddeo mi ha detto "Stiamo correndo con le Renault, perché non rifai una gara?”. Risalire in macchina e riprovare le stesse emozioni è stato un tutt’uno. E questo accade quando uno ha una passione totalizzante per tutta la vita».

«Di Italo che posso dire? L’ho conosciuto a Vallelunga, che per me rimane un posto particolare. Ovviamente avendo la stessa passione abbiamo girato l’Italia insieme, e fatto delle corse insieme. Il ricordo più piacevole che posso avere è stata la 2 Ore di Vallelunga con la stessa vettura, che abbiamo vinto. Per il resto la sua passione era come la mia. Lui appena possibile faceva una pausa con il suo lavoro per andare a correre. Poi qualcuno mi ricorda anche quando operò “Formicone” gratuitamente. Ma Italo era così, avrà visitato tutta Vallelunga, e operato chi ne aveva bisogno. Lo faceva sempre nella vita. C’era una bambina che somigliava alla nostra Cristiana e la operava gratis… E’sempre stato una persona molto generosa».

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Martedì 13 Febbraio 2018 - Ultimo aggiornamento: 17:05 | © RIPRODUZIONE RISERVATA