Lo psicologo dello sport: «La forza di Rossi? Il coraggio di parlare della paura»

Lo psicologo dello sport: «La forza di Rossi? Il coraggio di parlare della paura»

di Flavio Atzori
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Resilienza. La capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici. Un’arte fondamentale per sportivi, professionisti, piloti, ciclisti. E gli accostamenti non sono casuali, osservando quanto accaduto nell’ultimo fine settimana di sport. Valentino Rossi e Maverick Vinales in Austria, Remco Evenepoel al Giro di Lombardia. Vittime scampate alla tragedia, la cui sfida psicologica li ha messi a dura prova. Come reagisce un campione ad un evento fuori il proprio controllo? Il comportamento di professionisti del genere è estremamente variabile, e legato a molteplici fattori, talvolta anche inaspettati: «Valentino Rossi lo ha dichiarato apertamente: è stato il rischio più grande della sua carriera. Probabilmente proprio questo voler esorcizzare, parlando apertamente riguardo ai suoi sentimenti, fa comprendere meglio la sua psicologia». Parola di Mauro Lucchetta, psicologo dello sport che segue, tra i vari atleti, anche diversi piloti del campionato italiano velocità.
Cosa accade nella testa di un pilota quando capita un evento del genere? 
«Ogni pilota, ogni uomo fa storia a sé. Ho apprezzato tantissimo l’approccio di Rossi. Non ha nascosto la sensazione di pericolo provata, anche quando è entrato ai box. Aver reso manifesto questo pericolo gli ha permesso di rielaborarlo, e di poter correre una gara “normale”. Attenzione però: per lui non è stata una corsa normale. Ad esempio: anche Fabio Quartararo, per citare un pilota, ha visto, ha percepito l’incidente, ma non lo ha vissuto».
La variabile tra una persona comune e un professionista del genere può essere legata a un certo tipo di allenamento mentale? 
«In realtà, per Valentino, la parte psicologica ha un valore naturale, non tanto “costruita”. Valentino è come Marquez, è naturalmente forte a livello psicologico. Ci sono poi altri piloti che invece si sono legati a psicologi e mental coach, come Andrea Dovizioso ad esempio. E le dico, se Vinales - un altro che ha vissuto quell’incidente in quella maniera - facesse lo stesso percorso di Dovizioso, sarebbe un cliente ostico da battere».
Eppure, in conferenza stampa - seppur telematica - Valentino è sembrato scosso dall’accaduto...
«Certamente, ma la paura scatta in maniera immediata e si instilla subito. Paradossalmente dunque, la risposta a caldo poteva essere di chiusura fin dal momento in cui è rientrato ai box e ha rivisto le immagini. Il suo comportamento in gara ed il suo risultato ti fanno capire come si sia resettato immediatamente. Ha chiuso a 3 decimi da Binder, e senza il duello iniziale con il sudafricano, avrebbe magari potuto lottare per il podio».
C’è poi la questione “a freddo”. In questi giorni potrebbe riaffiorare la paura? 
«Sicuramente prima della prossima gara, Valentino ne parlerà con il suo staff, i suoi amici, i suoi affetti. Ci sarà una sorta di analisi, ma la risposta più grande l’ha data immediatamente in pista. Dunque, se mi sta chiedendo se questo episodio possa fargli cambiare idea per il 2021, direi di no».
Nel fine settimana c’è stata anche la caduta di Evenepoel al “Lombardia”. Come riuscirà a reagire il giovane belga? 
«Ho visto la caduta ed anche in quel caso bisogna parlare di fattori esterni. Fortuna, miracolo, non so. Sarà interessante come approccerà il suo recupero. In questi casi la soluzione migliore è quella di usare la “visualizzazione” come strumento. Visualizzare delle potenziali situazioni, in una situazione controllata per far comprendere al meglio al proprio cervello l’accaduto, per metabolizzare al meglio. Anche perché, se non si affronta questo tipo di lavoro, una volta tornati in sella serve riavere fiducia. Non ci si può permettere di andare incontro ad un’ansia premonitoria».

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Martedì 18 Agosto 2020 - Ultimo aggiornamento: 22-08-2020 17:21 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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