CX-80, ammiraglia Mazda. Lo sport utility premium offre due motorizzazioni: un benzina plug-in ed un diesel mild hybrid
Mazda CX-80, com’è e come va il gigante buono giapponese tutto spazio, comfort ed efficienza
Mazda CX-80 in anteprima italiana al Salone di Torino. Design e tecnologia per l'ammiraglia a ruote alte
Wankel, chi era costui? Nel 2021 può succedere di dimenticare l’ingegnere tedesco che ha legato il suo nome al motore rotativo. Andiamo per ordine con una breve e semplice spiegazione. Come dice la definizione parliamo di motore rotante, con un pistone dal profilo triangolare equilatero che si muove in rotazione eccentrica intorno all'albero motore. Grazie a questa impostazione il pistone genera ciclicamente tre camere dove avvengono le classiche quattro fasi del motore Otto, aspirazione - compressione - combustione - scarico. Il collegamento con l’albero motore è garantito dall’eccentrico calettato sull’albero che ruota nella bronzina.
I vantaggi derivano dalla semplicità del progetto con meno parti in movimento, il Wankel ha un funzionamento meno rumoroso e con vibrazioni ridotte, è più leggero e più potente, e inquina di meno, soprattutto riguardo agli ossidi di azoto.
Felix Wankel nella seconda metà degli anni cinquanta definì il profilo dello statore (il pistone) lavorando in NSU con l’equipe diretta dal Dr. Frobe. La casa tedesca (Neckarsulmer trickmaschinenfabrik) applicò il motore Wankel a una serie di modelli, il più famoso è la Ro80 nominata Auto dell’Anno 1968. L’anno seguente c’è la fusione con Audi, nel 1977 la chiusura. A quel punto il brand che lega il suo nome al Wankel è la Mazda, alla quale NSU aveva ceduto il brevetto. Un lavoro che si sviluppa su un arco di trent’anni sia sul mercato normale, che nelle corse. Il clou può essere considerata la RX8, il coupè con la seconda piccola porta laterale di accesso ai sedili posteriori, ma è soprattutto la vittoria alla 24 Ore di Le Mans 1991 a lasciare il segno nella storia.
Alle 4 del pomeriggio del 23 giugno 1991 Johnny Herbert tagliò il traguardo della 24 Ore di Le Mans siglando un risultato unico. Mazda era il primo costruttore giapponese a vincere la gara di resistenza più famosa del mondo, e con un motore assolutamente unico. La Mazda 787B numero 55 con motore R26B a quattro rotori da 700 CV aveva percorso 362 giri del circuito francese e nel corso dei suoi 28 pit stop aveva richiesto solo un rabbocco d'olio, un cambio di dischi e pastiglie dei freni, più la sostituzione del musetto.
A condividere l'auto vincente con Herbert c'erano altri due piloti di Formula 1 Volker Weidler e Bertrand Gachot, autori della prima vittoria assoluta per il Giappone in una gara che Toyota e Nissan aveva cercato di vincere in tutta l'era del gruppo C. Invece è stato il costruttore di Hiroshima, e il suo motore rotativo che ha conquistato la prima vittoria assoluta a Le Mans per un marchio giapponese. Tra l’altro, Mazda sapeva già che il motore rotativo sarebbe stato bandito da Le Mans nel 1992, quindi la vittoria del 1991 era l'ultima possibilità di vincere con un rotativo. Con un telaio progettato dal britannico Nigel Stroud, la Mazda 787B fu anche la prima auto a vincere Le Mans con freni in carbonio. Per coronare una grande gara, la seconda Mazda 787B finì al sesto posto con la più datata 787 all'ottavo.
Immediatamente ritirato dalla competizione dopo la gara, il telaio 002 della Mazda 787B occupa ora un posto d'onore nel quartier generale di Mazda a Hiroshima. Trent'anni dopo la sua vittoria pionieristica rimane un'icona nel mondo del motorsport e un momento fondamentale nei 101 anni di storia di Mazda.