Napoli, la droga degli zombie: «Pressing dei magrebini»

Il racconto del narcotrafficante Imperiale: «Dicemmo no, quella roba è micidiale»

Il boss del narcotraffico Raffaele Imperiale
Il boss del narcotraffico Raffaele Imperiale
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Domenica 19 Maggio 2024, 07:54 - Ultimo agg. 08:20
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Capirono sin dall’inizio il carattere micidiale di quella sostanza. Sì, d’accordo, avrebbero potuto raddoppiare gli utili, ma avrebbero anche contribuito ad uccidere milioni di europei. Ed è stato in base a questo ragionamento che avrebbero detto di no al fentanyl, la droga degli zombie, quella che si è abbattuta sul mercato americano provocando - solo negli ultimi anni - milioni di morti per overdose. Parola di Bruno Carbone, per anni braccio destro di Raffaele Imperiale (quest’ultimo noto per aver consegnato due quadri di Van Gogh rubati ad Amsterdam nel 2002), fino a pochi anni fa padroni del mercato degli stupefacenti nei Paesi Bassi e nelle regioni del sud Italia. Passati dalla parte dello Stato, come collaboratore di giustizia, Carbone e Imperiale confermano un dato: entrambi sono stati contattati da gruppi di magrebini, interessati a piazzare fentanyl e captagon, due sostanze stupefacenti ritenute micidiali. Interrogatori su cui sono in corso verifiche da parte della Procura di Napoli, ma anche di altri uffici inquirenti, alla luce dello spessore internazionale dei traffici gestiti dal duo Imperiale e Carbone. Entrambi confermano le direttive della droga: quella del Sudamerica e quella mediorientale.

Il retroscena

Basta fare un accenno alla rocambolesca cattura di Carbone, per raccontare i rapporti esistenti con i narcotrafficanti dell’area magrebina. Come è noto, Carbone viene catturato in Siria, dopo aver visto crollare quel sistema di protezioni che hanno protetto per anni la sua latitanza a Dubai. Finisce in un campo di prigionia guidati da miliziani in rotta con il governo centrale, riesce a sopravvivere solo grazie alla sua scelta di convertirsi all’Islam: «Sono salvo grazie al Corano», ha spiegato una volta giunto in Italia, dove ha comunque ribadito l’autenticità di una svolta religiosa estranea a calcoli opportunistici. Fatto sta che le verifiche sui gruppi di narcotrafficanti magrebini vanno avanti, alla luce dell’allarme partito dalla Dea (il dipartimento statunitense in campo per il contrasto alla droga) che investe anche gli organi di controllo in Italia. Come è noto, il Fentanyl è stato riscontrato in Italia, nel corso di un sequestro avvenuto in Umbria, come emerge da un fascicolo condotto dalla Procura guidata dal procuratore Raffaele Cantone. A Napoli - come negli altri distretti - l’attenzione è altissima e le verifiche sulla sostanza di volta in volta sequestrata sono aumentate. Uno scenario di allarme, che spinge anche a compiere accertamenti in caso di morti per overdose, nel tentativo di appurare (e bloccare) la circolazione della cosiddetta droga degli zombie. Una realtà micidiale, che costa poco, produce incassi elevati a che ha effetti devastanti. Esattamente come raccontano Bruno Carbone e Raffaele Imperiale, che - stando a una versione ancora al vaglio dei pm - si sarebbero opposti alle offerte dei magrebini. Stando alla loro versione, ci sarebbe stata una diga. Un no fermo al fentanyl: «Preferimmo continuare a vendere stock di cocaina, senza alterarne il taglio, evitando accordi che avrebbero provocato una carneficina». Vero o falso che sia il racconto reso da Carbone conferma il pressing dei magrebini, in uno scenario investigativo che vede la Procura di Napoli in prima linea (al lavoro i pm Maurizio De Marco, Lucio Giugliano e lo stesso procuratore Nicola Gratteri). Intanto, a carico del boss Imperiale c’è una notizia che arriva dalla Cassazione: i giudici della Suprema Corte danno il via libera all’uso delle intercettazioni ricavate dalla piattaforma EncroChat e Skyecc, spalancando le porte per l’uso di migliaia di chat nei processi a Napoli e in diversi distretti italiani.

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