“Alinghi ? Sono professionisti esperti di America’s Cup e agguerriti. “ E’ lapidario, Patrizio Bertelli, Amministratore Delegato di Prada, padre di Luna Rossa, che nel 2024, nella 37° America’s Cup a Barcellona, affronterà la sua 6° campagna per conquistare il Santo Graal della Vela.
In effetti si respira aria di tranquilla, solida professionalità a Barcellona, dove il team Alinghi Red Bull Racing ha già piantato le tende. Primo e unico rispetto agli altri quattro contendenti, ovvero il Defender Emirates Team New Zealand, che opera a Auckland, e i Challenger Luna Rossa Prada Pirelli, Ineos Britannia e American Magic, con basi rispettivamente a Cagliari, Palma di Maiorca e Pensancola in Florida.
Quella di Alinghi Red Bull Racing è una sfida alpina, al sapore di F1, che parla anche italiano. Una sfida svizzera, lanciata con il guidone della Société Nautique de Genève con radici nelle vittorie del 2003 a Auckland e del 2007 a Valencia alle quali la condusse Ernesto Bertarelli, imprenditore e appassionato velista nato a Roma nel 1965, il cui primo mega capitolo in America’s Cup si conclude nel 2010 a Valencia quando il suo trimarano è sconfitto in un match versione ottocentesca originaria di sole tre prove a opera del catamarano ad ala rigida Oracle del tycoon Larry Ellison, col quale si è nel frattempo accasato il già amico e timoniere di Alinghi del 2003, Russell Coutts.
Dopo quella sconfitta Bertarelli decide una lunga pausa di riflessione. Continua però a correre in circuiti di scafi ad alto tasso di velocità. Continua a coltivare il vivaio dei giovani velisti elvetici. Continua a tener d’occhio la Coppa che evolve verso il foiling, specialità ad alto tasso di velocità nella quale convergono idrodinamica e aerodinamica e nella quale ricerca e sviluppo sono centrali. L’unione di forze e risorse con RedBull Racing, la sfida per la America’s Cup del 2024, le prime navigazioni a Barcellona, sono storia recente.
Silvio Arrivabene, classe 1974, di Pordenone, Scuola Navale Militare Morosini a Venezia, laurea in Ingegneria Navale a Trieste, vasta esperienza di regatante su scafi d’altura, un bel numero di partecipazioni in America’s Cup, è Co-General Manager e Head of Technical Operations di Alinghi Red Bull Racing. Un ruolo chiave. La sua avventura in Coppa esordisce con le campagne di Mascalzone Latino di Vincenzo Onorato: a Auckland nel 2003, come navigatore, e prosegue con ruoli tecnico/ organizzativi nel 2007 a Valencia. Seguono la campagna del 2010 con Alinghi e poi quella con American Magic del 2021 in Nuova Zelanda. Oggi, di nuovo con Alinghi, si considera “tornato a casa” .
Cosa implica la realizzazione di un AC 75, una barca con i foil che decolla e vola a 40/50 nodi ?
Implica coniugare tante discipline: ingegneria strutturale rispetto ai materiali compositi (es. con carbonio ndr); aerodinamica; sistemi di controllo idraulici ed elettronici.
Sinergie con la scuderia di F1 Red Bull Racing?
Sì e preziose. Noi accediamo alle risorse di Red Bull Advanced Technology, uno spinoff dell’ufficio tecnico della F1 che si occupa di progetti extra tipo supercar da strada, biciclette, con il bagaglio del know how della F1.
Similitudini e differenze rispetto alla F1 ?
Anche per realizzare macchine giri i problemi da più angoli, ma per un AC 75 che regata in mare, le fila alla fine le devono tirare quelli che sanno di barche, non gli esperti di macchine o di aerei. Ha rilievo il contatto con l’acqua marina, con le onde. Inoltre quello della F1 è un approccio al lavoro che si basa sulla continuità e ha una industria alle spalle. L’America’s Cup no. Ha alle spalle armatori che hanno passione e mezzi., coinvolti in qualche modo per la gloria.
Altre differenze?
Un Team di America’s Cup deve fare ogni volta tutto da zero in 2 anni e mezzo. ‘E una impresa a tempo limitato. La America’s Cup va a mille. In contemporaneamente si deve gestire tecnologia, navigazione e la burocrazia di luoghi diversi. Parlo di permessi di soggiorno, dogane, tasse. Non è come gestire in modo rodato gli stessi aspetti da 20 anni.
Luna Rossa e Ineos Britannia, invece dell’AC40 di serie fornito dai kiwi, modificabile, hanno realizzato un LEQ12, una propria barca prototipo, per fare ricerca e sviluppo. Voi?
Rispetto agli altri, noi oggi abbiamo priorità diverse: l’apprendimento e l’allenamento dell’equipaggio. Imparare a navigare su Boat Zero, l’AC 75 che abbiamo comprato dai neozelandesi, il loro primo. Fare virate e strambate senza toccare l’acqua. Colmare il gap con i nostri avversari che con gli AC 75 hanno già fatto una Coppa. Quindi dobbiamo coniugare questa esigenza con lo sviluppo tecnico e in quest’ottica abbiamo scelto la strada dell’AC40. Il primo lo dovremmo ricevere a gennaio 2023, l’altro a primavera. Lavoreremo, modificheremo e sperimenteremo con quelli.
Equipaggio tutto svizzero?
Si, la regola questo stabilisce. Il vivaio è limitato in Svizzera, anche se abbiamo la fortuna dei Bertarelli boys che nel 2000, ragazzini, vissero l’orgoglio della vittoria di Alinghi. L’equipaggio comunque in linea di massima lo abbiamo definito
Quando avverrà il varo del vostro AC 75?
Fine primavera, estate 2024.
Due timonieri come Luna Rossa nella 36° Coppa o uno come gli altri?
Nella 37° Coppa l’equipaggio è ridotto a 8 persone. Quattro devono produrre energia (ciclisti o canottieri ndr). Quattro devono occuparsi di timone, tattica, regolazione foil, regolazione vele. Il criterio primario è come funzionerà meglio.
Dove sarà costruito?
Nel nostro cantiere in Svizzera.
Lei e l’America’s Cup ?
Ho sempre avuto la passione per il mare. Nel 92 ero al Morosini in infermeria, causa varicella, e sono rimasto folgorato dalle regate del Moro di Venezia. La mia prima Coppa, tramite Vasco Vascotto, è stata con Mascalzone Latino a Aukland, quella del 2002/2003, ero a bordo come navigatore. Eravamo all’esordio, consapevoli, ma felici. Vincemmo una sola regata, ma umanamente c’era uno straordinario spirito di gruppo. Nella seconda campagna con Mascalzone a Valencia avevo invece già un ruolo tecnico. Mi ero laureato tra le due Coppe.
Le differenze tra le Sue campagne di America’s Cup ?
Di Mascalzone ho detto. Alinghi 2010 fu una bellissima esperienza. Professionalità anglosassone col tocco familiare italiano di Bertarelli. Mi ricordo che eravamo tutti in un open space, anche il capo progettista Rolf Vrölijk, mentre con Mascalzone ciascuno era chiuso nel suo ufficio.
E American Magic?
Sono americani e Terry Hutchinson è Americano tra americani. Altra visione. Asciutta, asettica: “Siamo qua per vincere, qualsiasi cosa occorra.”
Dean Barker, il timoniere kiwi che perse da Alinghi e Oracle e scuffiò con Patriot di American Magic ora è con voi ?
Sì, la sua è una grande esperienza molto utile per il team. Non ha rimpianti di non essere più a bordo. “È andata come è andata” mi ha detto. É contento di questa nuova fase di carriera.
Nelle prime sfide di Alinghi Ernesto Bertarelli era a bordo e molto presente, oggi?
È super-coinvolto e viene a Barcellona ogni due settimane circa, ma fa meno fronting, lo lascia ai giovani, della serie: adesso tocca a voi.