L’Italia, come tutti sanno, è un Paese immerso nel cuore del Mediterraneo, con 8.000 chilometri di coste in buona parte balneabili, siti incantevoli per la natura dei luoghi e l’importanza di città e borghi affacciati sul mare. Ma tanta bellezza non è sufficientemente valorizzata a causa di un antico problema, da troppo tempo rimasto irrisolto: la mancanza di un numero adeguato di porti turistici moderni, attrezzati e funzionali, vere e proprie “porte d’ingresso” necessarie per muovere la cosiddetta economia del mare, una voce fondamentale per lo sviluppo dei centri costieri e anche dell’entroterra.
Una città come Napoli, tanto per fare l’esempio più eclatante, è priva di un vero, moderno e attrezzato porto dedicato alla nautica da diporto. Si va avanti con concessioni temporanee dedicate a strutture inadeguate, e ogni estate, nella città partenopea, si ripete il fenomeno degli ormeggi abusivi, con raffiche di denunce e sequestri. Inascoltati da anni gli appelli lanciati dagli operatori del settore, vaghe e infondate le promesse delle autorità. Napoli – città simbolo della crisi della portualità turistica – è in grado di offrire soltanto la metà di posti barca rispetto alla domanda. Per fortuna a pochi chilometri di distanza c’è il Main Port di Castellammare di Stabia, struttura d’avanguardia in grado di ospitare yacht e super yacht fino a 100 metri. Ma per i diportisti che navigano su imbarcazioni di dimensioni inferiori (la stragrande maggioranza) il problema resta irrisolto.
Ma al di là della carenza di strutture adeguate, per la portualità turistica permangono molti problemi, come l’esigenza di smarcarsi dalle concessioni balneari, facendo definitiva chiarezza sugli scenari normativi e fiscali e riconoscendo il settore come una rete di imprese turistiche Made in Italy, capaci di imporsi sui mercati nazionale e internazionale, di attrezzarsi per rispondere alle esigenze della transizione energetica e della digitalizzazione, fino a costruire un network nazionale delle strutture dedicate al diporto.
Ben consapevole della gravità della situazione, l’associazione di categoria Assonat ha dato dunque il via al cosiddetto Piano Strategico della Portualità Turistica Italiana. E per questo si è svolta a Roma, presso la sede di Confitarma e Istituto Italiano di Navigazione, una tavola rotonda intitolata “Port in Italy”: al centro del confronto l’individuazione di punti qualificanti che evidenzino il ruolo essenziale dei porti turistici per l’economia del mare e per la crescita del Paese.
Assieme al presidente di Assonat Luciano Serra sono intervenuti, tra gli altri, la ministra del Turismo Daniela Santanchè, la senatrice Simona Petrucci, il presidente dell’Istituto Italiano di Navigazione e direttore generale di Confitarma Luca Sisto, il presidente di Assonautica Italiana Giovanni Acampora, il Capo reparto ambientale della Capitaneria di Porto Francesco Tomas.
Sono invece venuti meno altri esponenti della compagine governativa come il ministro per le Politiche del Mare Nello Musumeci, il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto e il vice ministro alle Infrastrutture e ai trasporti Edoardo Rixi, limitatisi a inviare un messaggio. Assenze non secondarie, che sollevano dubbi, una volta di più, su quanto sia poco sentito, in realtà, il problema del turismo nautico e della portualità ad esso collegata.
Il presidente di Assonat Luciano Serra ha comunque parlato ottimisticamente dell’”inizio di un percorso”. “Con l’incontro di oggi – ha detto - diamo vita al piano strategico della portualità turistica italiana, che deve raccogliere le istanze del settore e definire i principali driver di sviluppo. Per questo ringraziamo in particolare la ministra Santanchè per la sua vicinanza e per averci dimostrato che le problematiche che avevamo già manifestato circa un mese fa sono state già recepite. Preparare il piano strategico della portualità – ha detto ancora il numero uno di Assonat - significa portare sui tavoli del Governo cinque, sei, dieci punti concreti per superare questo stato di impasse che ha ormai condizionato il nostro settore”.
“Vorrei sottolineare – ha aggiunto Serra – che la portualità turistica italiana non può essere inclusa nella problematica delle concessioni balneari. Noi abbiamo concessioni per atto formale, le abbiamo sempre avute e abbiamo sempre fatto evidenze pubbliche. Però non solo ai porti deve essere applicata questa normativa ma anche agli approdi e ai punti di ormeggio, cioè a tutte le attività legate alla nautica turistica italiana. Altro punto è che il Governo faccia finalmente l’elenco delle imprese che rientrano nel turismo”.
“Come sistema delle camere di commercio – ha commentato da parte sua il presidente di Assonautica Italiana Giovanni Acampora – ci faremo carico delle istanze della portualità turistica, che porteremo ai tavoli di confronto istituiti dal ministro per le politiche del mare e che faranno parte del Piano del Mare nazionale in corso di definizione. L’economia del mare italiana – ha concluso Acampora - non può prescindere dalla forza del turismo nautico, cuore pulsante del Made in Italy e settore strategico per la crescita del Paese”.