Putin sul suo Graceful, motoryacht tedesco costruito nel 2014 da Blohm&Voss

Il traffico di superyacht e megayacht in Italia calerà del 30%. Avvolta nel mistero la fuga in Russia della barca di Putin

di Sergio Troise
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Le cronache italiane (e non solo) registrano ogni giorno un alternarsi continuo di sequestri e di fughe precipitose di superyacht e megayacht appartenenti a oligarchi russi. Alcuni hanno fatto appena in tempo a mollare gli ormeggi e prendere il largo verso porti “sicuri”, da Dubai alle Maldive, alle isole Cayman. Ma c’è stato anche chi ha optato per il ritorno in Russia, facendo rotta su San Pietroburgo o su Kaliningrad, città affacciata sul Baltico confinante con Polonia e Lituania.

Il più solerte ad avviare la flotta russa verso “porti sicuri” prima che scattassero sanzioni e sequestri sarebbe stato – secondo quanto riportato dall’agenzia Pressmare - proprio Vladimir Putin. Lo “zar” della guerra avrebbe avuto infatti la possibilità di prevedere tutto con largo anticipo, e infatti il suo “Graceful”, motoryacht tedesco costruito nel 2014 da Blohm&Voss (cantiere poi entrato nel Gruppo Lürssen) di 82 metri, con 12 cabine e 14 membri d’equipaggio, è stato spostato da Amburgo a Kaliningrad due settimane prima dell’invasione russa in Ucraina. Evidentemente sapeva bene, il capo del Cremlino, che gli spostamenti di truppe verso l’Ucraina non erano esercitazioni, come raccontava, ma il preludio a una guerra che avrebbe potuto provocare sanzioni contro la Russia.

Secondo il New York Times, però, le notizie trapelate sul “Graceful” non sarebbero fondate, in quanto il vero panfilo di Putin sarebbe “Scheherazade”, imbarcazione di 140 metri del valore di circa 700 milioni di dollari battente bandiera delle isole Cayman. Ormeggiato in Italia, a Marina di Carrara, il megayacht è “oscurato” da una sorta di maxi pannello installato lungo la banchina del porto, in modo che non sia possibile curiosare. E’ certo però che si tratti di una autentica nave da diporto con due piste di decollo/atterraggio per elicotteri e numerose cupole satellitari. E’ trapelato anche che a bordo ci sono una piscina con copertura a scomparsa, trasformabile in pista da ballo, una sala cinema, palestra, sontuosa cabina armatoriale e suite per gli ospiti impreziosite da infissi dorati. Il comandante, Guy Bennett Pearce, è di nazionalità inglese. Interpellato dal giornale americano, ha negato che lo yacht sia di proprietà di Putin e si è limitato a dire che il 4 marzo autorità italiane sono salite a bordo per assumere informazioni sulla barca, ma non hanno adottato sanzioni. Il tutto è stato confermata da The Italian Sea Group, colosso del refitting che ha l’imbarcazione in custodia nel cantiere di Marina di Carrara, per lavori di manutenzione. “In relazione ai commenti apparsi nei media – si legge in un comunicato dell’azienda toscana - in funzione della documentazione di cui disponiamo e a seguito di quanto emerso dai controlli effettuati dalle autorità competenti, dichiariamo che lo yacht di 140 metri Scheherazade, attualmente in cantiere per attività di manutenzione, non è riconducibile alla proprietà del presidente russo Vladimir Putin”.

Alcuni degli oligarchi vicini a Putin, intanto, hanno fatto appena in tempo ad allontanare i propri gioielli dall’Italia e dagli altri paesi europei entrati nella lista nera di Mosca, come ostili alla Russia. Agli equipaggi che svernavano lungo le nostre coste, dunque, è stato ordinato di salpare il più in fretta possibile. Ma molti non ce l’hanno fatta. E di giorno in giorno si susseguono infatti i sequestri in tutta Europa.

Due dei magnati russi più in vista, Igor Sechin e Alisher Usmanov, si sono visti sequestrare megayacht per un valore complessivo di oltre un miliardo di dollari, a seguito di operazioni eseguite in Germania e Francia. Ad Amburgo il blocco del “Dilbar” di Usmanov, imbarcazione del valore di 537 milioni di euro, vera e propria nave da diporto con quasi 100 uomini di equipaggio. Il governo francese ha annunciato invece il sequestro in un cantiere navale di La Ciotat, nel Sud del Paese, di “Amore vero“, yacht di proprietà di una società legata a Sechin (che però ha smentito).

Tra le barche più assidue nei mari italiani ci sono sempre state quelle di Roman Abramovich, il multimiliardario proprietario del Chelsea (appena messo in vendita) che un anno fa ha varato il “My Solaris”, megayacht lungo 140 metri, del valore di 500 milioni di euro, costruito in Germania dal cantiere Lloyd Werft. Ormeggiato fino a qualche giorno fa a Barcellona, lo yacht del magnate russo ha lasciato la capitale della Catalogna e – secondo l’app Marine Traffic – si è diretto verso il Nord delle Baleari. Sarebbe invece diretto verso le Isole Vergini l’”Eclipse”, l’altro megayacht di Abramovich, che – come il “My Solaris” – batte bandiera delle Bermuda.

Intanto sono stati sequestrati a Imperia “Lady M” e “Lena”, yacht di proprietà di altri magnati russi. “Lady M” è un’imbarcazione di 63,50 metri, con tanto di eliporto e piscina, ma sufficientemente sportivo per assicurare anche velocità dell’ordine di 30 nodi. Costruito dal cantiere statunitense Palmer Johnson su progetto dello studio italiano Nuvolari Lenard Design, è di proprietà del multimiliardario Andrei Mordashov (l’uomo più ricco della Russia), il quale lo utilizzerebbe però soltanto come tender, ovvero come barca appoggio del ben più grande “Nord”, megayacht di 142 metri che tra i suoi innumerevoli toys dispone persino di un sommergibile! Progettata come “Lady M” in Italia, l’ammiraglia di questa flotta russa decisamente non convenzionale batte bandiera delle Isole Cayman e si troverebbe al sicuro alle Seychelles, buen retiro di Mordashov.

Il supermiliardario russo – vale la pena ricordarlo – è presidente della società Severgroup, che controlla varie emittenti televisive, ed è azionista della Rossiya, la banca personale dei papaveri della Federazione russa che ha avuto un ruolo importante anche nel processo di annessione della Crimea. Azionista della stessa banca è anche Gennady Timchenko, magnate dell’energia e delle infrastrutture nonché amico di vecchia data e confidente di Putin. A lui è stato sequestrato “Lena”, superyacht in acciaio di 52 metri costruito in Italia da Sanlorenzo. Entrambe le imbarcazioni erano ormeggiate, come detto, in Liguria, che è una delle regioni maggiormente frequentate dai russi, così come la Sardegna.

Discorso simile per la Campania, che ospita stabilmente queste vere e proprie navi da diporto nel proprio mare. Molto frequenti le soste in rada davanti al lungomare di Napoli, a Capri, a Ischia, o lungo le costiere sorrentina e amalfitana. Abituali sono anche gli attracchi nello Stabia Main Port di Castellammare di Stabia, l’unica struttura del golfo partenopeo in grado di ospitare megayacht di misura superiore ai 100 metri. Qui ha fatto tappa, in passato, anche il “Quantum Blue” del magnate russo Sergey Galitsky, nave da diporto di 104 metri, abitualmente ormeggiata a Montecarlo, ma di cui al momento si sono perse le tracce (si sospetta che abbia fatto rotta verso Dubai).

Sarebbe invece rifugiata ad Aruba, nelle Piccole Antille, ”Anna”, la super barca del miliardario russo Dmitry Rybolovlev, noto come re del potassio, ma anche come azionista di maggioranza della squadra di calcio del Principato di Monaco, come proprietario dell’isola greca di Skorpios e come collezionista d’arte proprietario di opere di Gauguin, Matisse e Picasso.

Tra sequestri, fughe e rinunce si calcola che nell’estate 2022 saranno almeno un centinaio i superyacht e megayacht di proprietà russa che non frequenteranno i nostri mari, i nostri porti, le nostre isole: una percentuale considerevole, se è vero che le imbarcazioni di grandi dimensioni (fino a 150 metri) riconducibili a magnati russi sono circa 350.

Il taglio netto con gli oligarchi amici di Putin ha un valore anche simbolico altissimo, e nessuno può mettere in discussione la scelta dell’Italia di proseguire sulla strada delle sanzioni e dei sequestri. Ciò detto, è facile immaginare le conseguenze economiche che subiranno tutte le attività, dirette e indirette, collegate al turismo nautico di lusso. Queste imbarcazioni, infatti, pagano conti milionari per accedere ai porti, fanno rifornimento di carburante, riforniscono la cambusa e, soprattutto, sono popolate di gente che scende a terra per visitare città, siti archeologici, monumenti, teatri, per prendere taxi, spendere nei negozi, nei locali, nei ristoranti. Un giro d’affari, tra spese dirette e indotto, di proporzioni notevoli.

Francesco Luise, Ceo di Luise Group, agenzia marittima internazionale leader nel settore dei superyacht e megayacht, con 22 sedi in Italia e 16 all’estero (con il brand BWA Yachting) non ha dubbi: “Ferma restando l’irrinunciabilità delle sanzioni e dei provvedimenti anti-Russia, alcune strutture portuali dedicate alla grande nautica subiranno ricadute negative inevitabili, e ci saranno conseguenze anche per l’indotto. Al Main Port Stabia di Castellammare, ovvero a poche miglia da Napoli, a 15 da Sorrento e a 18 da Capri, nel 2022 si consolideranno le perdite già registrate a causa del Covid. Ma il problema – aggiunge il manager napoletano – riguarda tutto il territorio nazionale. La regione più colpita è sicuramente la Sardegna, con punte che possono sfiorare anche il 45%; a seguire la Toscana, soprattutto nella zona di Forte dei Marmi, meta molto richiesta da questa tipologia di turismo e anche qui con percentuali elevate. Subiranno conseguenze inevitabili anche gli hot spots italiani come Portofino, Capri, Napoli, Taormina e Venezia che accolgono queste strepitose unità da diporto, portatrici di un flusso economico di gran rilievo per queste zone, pari ad un traffico di almeno il 30%”.

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Giovedì 10 Marzo 2022 - Ultimo aggiornamento: 14-03-2022 11:46 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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