NAPOLI - La nautica italiana è in ripresa e nonostante oggettive difficoltà può guardare al futuro con ottimismo, grazie alla tenacia delle piccole e medie aziende che hanno resistito alla lunga crisi post 2008 e si sono consolidate sulla via del definitivo rilancio dimostrando insospettabili capacità di resilienza: secondo gli esperti della Confederazione dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA Produzione) e di Eures (Ricerche Economiche e Sociali) entro il 2025 il comparto potrà addirittura recuperare i fatturati pre crisi 2008, a condizione che si rafforzino le capacità di aggregazione, s’investa sul turismo nautico e ci si impegni sempre più nella formazione dei giovani.
E’ quanto emerso a Napoli, in un convegno organizzato nell’ambito del Nauticsud, intitolato “Quale futuro per la nautica, mercato e organizzazione della filiera”. Tra i relatori Alessandro Battaglia, di CNA Produzione; Fabio Piacenti, di Eures Ricerche Economiche e Sociali; Gennaro Amato, presidente degli operatori nautici della Campania (ma anche del Polo Nautico Italiano, che raduna le associazioni di Lazio, Campania e Sicilia) e Massimo Luise, titolare di uno dei più grandi network al servizio di armatori e operatori del charter, nonché gestore, in regime di concessione, di una parte del porto napoletano di Mergellina, punto di riferimento per super yacht e mega yacht che fanno rotta su Napoli.
Nel corso dei lavori è stato ricordato una volta di più che dopo i guasti provocati dalla crisi economica del 2008 e dalle successive misure del Governo Monti, a partire dal 2014 si è consolidato un recupero per molti aspetti insperato. Tra gennaio 2014 e gennaio 2018 la produzione di imbarcazioni da diporto nel nostro Paese è aumentata del 33,1% e gli ultimi tre anni hanno registrato una rassicurante crescita del fatturato, portandolo a livelli di poco inferiori a quelli registrati nel 2009.
Nella ricostruzione degli anni bui, seguiti alla cosiddetta età dell’oro, quando un cantiere come Ferretti passò da 1200 a 200 barche prodotte in un anno, è stato ricordato che tra il 2009 e il 2014 sono state spazzate via il 13,9% delle imprese, con il 23,9% di addetti: un dato peggiore del sistema manifatturiero complessivo, che ha perso il 9,7% delle imprese e il 12,2% dei dipendenti. “Una selezione darwiniana – è stato detto dagli esperti di CNA - che ha riguardato, in particolare, le imprese meno dotate patrimonialmente (le società di persone sono calate del 25,9%, le ditte individuali del 16,9%) lasciando in sostanza intatto il numero di società di capitali, diminuite del 2,9%.
Ma oggi la situazione è diversa. La produzione cantieristica, come detto, è ripartita negli ultimi due anni ed è destinata a recuperare ampiamente i livelli pre-crisi nel medio periodo. Le imprese che operano nel settore sono oggi 3100 e danno lavoro a 155.000 persone. In questo scenario la Campania è tra i protagonisti, con circa 1700 imprese della filiera che danno lavoro a 15.000 persone occupando il sesto posto tra le filiere regionali. Ciò grazie anche all’amore per il mare e per la navigazione, tanto che la Campania si gioca con la Liguria la leadership per numero di patenti nautiche e registrazioni di imbarcazioni. Problema irrisolto, invece, la mancanza di posti barca, aumentati ma ancora insufficienti.
Secondo gli analisti di CNA le imprese che sono sopravvissute sono oggi quelle di dimensioni maggiori e più competitive (anche grazie all’export); il comparto della componentistica e degli accessori, pur essendo direttamente collegato a quello della cantieristica, è riuscito ad agganciare la ripresa grazie alla diversificazione delle attività e dei mercati di riferimento; il comparto dei servizi, invece, ha pagato il calo della domanda legato al rallentamento del settore e alla fuga dai porti italiani.
E la “piccola nautica”? “E’ viva, anche se avrebbe dovuto puntare di più su sinergie e aggregazione” sostengono gli esperti. Ma su questo punto il presidente della ANRC e del Polo Nautico Italiano, Amato, è stato perentorio: “La capacità di unire le forze c’è ed è alla base della nostra ripresa e della rinascita di un evento come il Nauticsud, che era dato per morto ed è stato da noi rilanciato proprio grazie all’unione delle forze, di noi operatori privati e dell’ente Mostra d’Oltremare. Se la politica ci lascia lavorare, possiamo fare ancora di meglio e di più. Il Centrosud ha il maggior numero di cantieri d’Italia, con il 63% di società, ed è tra i maggiori produttori di Pil, grazie proprio alla nautica e al turismo. Basti dire – ha aggiunto Amato – che la sola Campania ha 60 comuni affacciati sul mare, più di ogni altra regione italiana, e ben 446 chilometri di coste. Se il Paese investisse sul turismo nautico sarebbe una fortuna per tutti. E per Napoli un’occasione unica per valorizzare il suo territorio”.
Sul turismo, settore che cresce ogni anno spontaneamente, senza che si facciano investimenti pubblici né adeguata promozione, si è trattenuto anche l’imprenditore Massimo Luise, focalizzando una volta di più l’attenzione sulle occasioni mancate dal turismo nautico, in particolare a Napoli. “Nessuno sa ancòra – ha osservato Luise a margine del convegno - che ne sarà di un sito meraviglioso come l’area ex Italsider di Bagnoli-Nisida, dove un vero porto, grande e accogliente, farebbe da volano per l’economia del territorio, finora condizionato dalle precarie soluzioni legate alle concessioni temporanee e dalla presenza del carcere minorile in un luogo che sembra nato per scopi del tutto diversi”.
Soffermandosi su Mergellina, Luise ha poi ricordato che “un inviolabile veto della Sovrintendenza obbliga l’antico porto a rimanere uguale a cinquant’anni fa, inadeguato, obsoleto, mentre le barche e la tecnologia si sono innovate e noi dobbiamo fare i salti mortali per offrire servizi adeguati a coloro che chiedono di attraccare da noi. E’ vero che nei dintorni di Napoli sono stati realizzati porti di buon livello come Marina di Stabia, a Castellammare, o Porto Arechi a Salerno, ma è fuor di dubbio che Napoli perde opportunità straordinarie non sviluppando il turismo nautico, un settore che tra l’altro può prospettare ottime possibilità di lavoro per i giovani. Sapete quanto guadagna il comandante di un super o mega yacht? Può arrivare anche a 200.000 dollari l’anno. E buoni guadagni sono previsti anche per i direttori di macchina, gli chef, i marinai”.
In perfetta sintonia Giuseppe Oliviero, consigliere delegato dell’ente Mostra d’Oltremare, che ha concluso il convegno (svoltosi alla presenza di una delegazione di studenti) sottolineando che “l’Italia deve smettere di essere il Paese delle occasioni mancate e deve puntare sui giovani, sulla scuola, intensificando la formazione in campo nautico, perché questa è una opportunità da non perdere”.