E’ in corso a Genova la 64ma edizione del Salone nautico di Genova, evento che coinvolge 1052 espositori, che mettono in mostra 1030 barche di ogni tipo, e già nelle prime giornate ha richiamato una quantità di visitatori superiore alle attese, a conferma del fatto che a dispetto di politiche “ritardatarie” in materia di portualità e turismo nautico, non conosce pause la passione per il mare e per la navigazione da diporto in questo nostro Paese affacciato come un grande pontile nel cuore del Mediterraneo.
Da tempo impegnati a dare una veste internazionale alla manifestazione, gli organizzatori della società I Saloni Nautici (emanazione di Confindustria Nautica) hanno attribuito al Salone di Genova il suggestivo claim We Are Made of Sea (Noi siamo fatti di mare). Ciò detto, si ha la sensazione che la vicinanza di date con il Salone di Cannes, appena conclusosi, non favorisca l’afflusso di aziende e di pubblico straniero e che, almeno per ora, bisogna continuare a puntare sull’”italianità” di un evento in chiara evoluzione (il completamento dei lavori per il nuovo waterfront di Levante progettato da Renzo Piano è ormai in dirittura d’arrivo) che già quest’anno si è guadagnato il riconoscimento della certificazione ISO 20121 per la progettazione sostenibile.
Del resto l’intera filiera della nautica da diporto ha l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale ed è in questa direzione che si stanno muovendo molte aziende, mettendo in mostra una verve progettuale in alcuni casi sorprendente. Tutti i nomi più prestigiosi del Made in Italy investono nelle attività di ricerca e sviluppo e già oggi sono in mostra, a Genova, numerose testimonianze di quest’impegno sul fronte del green. Un impegno necessario se si vuole andare incontro alle esigenze di un mercato in rapida evoluzione, fatto di diportisti di nuova generazione, più giovani e più attenti all’ambiente.
Su questo fronte sono impegnati tutti i big del settore, concentrati su nuovi materiali, riduzione dei pesi, motorizzazioni ibride ed elettriche, alimentazioni alternative al gasolio, come il metanolo e l’idrogeno, e non solo. Molti i progetti già avanzati, e molti anche quelli mirati a un futuro tutto da scrivere. Come quello, molto ambizioso, annunciato da Massimo Perotti, numero 1 di Sanlorenzo, sbilanciatosi fino a dire che “entro il 2030 verrà varato il primo grande yacht totalmente carbon neutral”.
Il cantiere di Ameglia (La Spezia), va avanti sull’impiego sperimentale del metanolo convertibile in idrogeno e – sul fronte della produzione già disponibile sul mercato - ha presentato a Genova i nuovi SL86A e SP92, new entry delle linee asimmetrica e smart performance, che pur non configurandosi come rivoluzionarie consentono di ottimizzare il coefficiente di resistenza alle velocità più utilizzate, minimizzando così i consumi e le emissioni, oltre ad utilizzare ampie superfici coperte da pannelli solari.
Intanto osservatori e grandi armatori che hanno visitato gli stand di Sanlorenzo prima a Cannes e poi a Genova hanno appreso che il cantiere ha già consegnato la prima unità del 50Steel dotata di reformer fuel cell a metanolo verde per alimentare l’hotellerie di bordo ed è attualmente impegnato in Coppa America con due chase boats a propulsione elettrica della divisione Bluegame che affiancano i team American Magic e Orient Express.
Sul fronte della nautica ecocompatibile già “pronta all’uso” spicca anche a Genova, dopo la passerella in Francia, nel Salone di Cannes, la serie ibrida Seadeck di Azimut, la più efficiente tra quelle prodotte sinora, che esibisce tecnologie in grado di ridurre consumi ed emissioni di CO2 fino al 40% in un anno di utilizzo, rispetto a yacht di pari peso e dimensioni con trasmissione in linea d’asse. Uso di carbonio, carena capace di ottimizzare il rendimento a velocità di crociera con ingressi prodieri affilati e una poppa più larga per agevolare la planata e ridurre gli attriti anche a velocità più basse sono parte degli elementi innovativi di queste imbarcazioni (di cui abbiamo già dato informazioni dettagliate su questo sito).
Il gruppo Permare, da parte sua, ha confermato a Genova l’impegno nella ricerca su nuovi materiali e a ha presentato, intanto, il nuovo Amer 120, uno yacht di 35,5 metri dotato del sistema Selective Catalytic Reduction, mirato alla riduzione delle emissioni.
Ferretti Group (Ferretti Yacht, Riva, Pershing, Itama, CRN, Custom Line, Wally) è uno dei pochi produttori in grado di proporre al mercato una barca full electric come il motoscafo Riva El-Iseo (stranamente non esposto a Genova). Per il resto ha il merito di aver introdotto la tecnologia F.S.E.A. (Ferretti Sustainable Enhanced Architecture) sul Ferretti INFYNITO 80 (yacht che guarda al futuro e alla sostenibilità ambientale, in prima fila a Genova), oltre ad aver investito sugli stabilimenti produttivi di La Spezia (già operativo) e Ravenna, attivo dal 2025.
Ma al di là del fascino e dei contenuti tecnologici delle imbarcazioni di nuova generazione, e dei progetti mirati a un futuro di produzione hi-tech sempre più rispettoso dell’ambiente, i big del settore lamentano i ritardi nell’allestimento di punti di ricarica per l’energia elettrica e, soprattutto, di scelte strategiche mirate alla diffusione dell’idrogeno, il più pulito tra i “carburanti” di un futuro tutto da scrivere. Ne hanno parlato pubblicamente, a Genova, i numeri 1 di Sanlorenzo (Perotti) e di Ferretti Group (Galassi), sollecitando la politica ad adottare le misure necessarie.
Perotti ha lanciato un vero e proprio allarme sulle barche green, raccontando che dopo aver costruito il primo yacht di 50 metri che utilizza metanolo per trasformarlo in idrogeno, è andato incontro alle difficoltà imposte dalla mancanza di un regolamento per il riempimento del serbatoio. “Abbiamo dovuto farlo manualmente con un contenitore da 20 litri – ha raccontato -. E durante la crociera in agosto – ha aggiunto – non abbiamo potuto fare rifornimento in Italia, Francia e Grecia. Ci siamo riusciti solo in Albania, a Durazzo. Ciò significa che servono i regolamenti di sicurezza per i rifornimenti, altrimenti queste barche a doppia alimentazione non saranno mai acquistate”.
Parole che sono suonate come un appello al Governo italiano, ma anche all’Unione Europea, alle quali si è unito l’amministratore delegato di Ferretti Group, Alberto Galassi, che a proposito di politiche green imposte dall’alto ha detto, senza tanti giri di parole: “Nessuno di noi vuole evitare di tutelate il nostro bene più prezioso, e cioè il mare, ma non possiamo permettere che vincano la demagogia e la follia. A Bruxelles ho visto fare scelte scellerate, che hanno avuto ricadute per il nostro paese, incredibilmente negative. La sostenibilità deve essere sociale, economica e ambientale”. Riferendosi evidentemente a ciò che sta avvenendo nel mondo dell’auto, Galassi ha aggiunto: “Non vorrei vedere un nuovo green deal che sta uccidendo l’industria nazionale e la sua filiera”.
Sul fronte delle scelte tecnologiche, a Genova si parla di idrogeno anche in un ambito insospettabile, quello dei fuoribordo. Ha presentato infatti un prototipo di motore alimentato a idrogeno il colosso giapponese Yamaha. Si chiama H2, è stato già visto in America, al Salone di Miami, mentre a Genova, dove è approdato a conclusione di un ciclo di test in acqua, viene presentato in anteprima per l’Europa.
Visto da vicino ricorda i grandi Yamaha XV8 a benzina da 450 CV, e con ogni probabilità – in un futuro produttivo tutto da scrivere – ne ricalcherà anche la potenza e le prestazioni, sia pure azzerando rumorosità, consumi ed emissioni. Per sviluppare il progetto, Yamaha si è avvalsa della collaborazione di Toyota, Denso e Roush, oltre che del cantiere Regulator Marine, che ha costruito una barca adatta ai test. In particolare, il prototipo di fuoribordo a idrogeno è stato montato sulla poppa di uno scafo basato sul modello 26XO, modificato per ospitare i serbatoi di idrogeno necessari per alimentare il motore.
“Siamo certi – è stato detto nello stand Yamaha di Genova - che sia possibile navigare con un fuoribordo a idrogeno in grado di rispettare al meglio l’ambiente marino e possiamo dire sin da ora che questo tipo di alimentazione risulta ideale non solo per abbattere a zero le emissioni nocive, ma anche per l’affidabilità, l’abbattimento dei fenomeni di corrosione, la durata. Il problema – è stato però aggiunto – è capire se ci sia la volontà in Europa, e in particolare in Italia, di dedicare attenzione a produzione, distribuzione e stoccaggio dell’idrogeno. Sono attività che non competono a noi, ma alla politica”.
Interessante, sul fronte del green, si profila anche un altro aspetto, in questo caso non legato al settore del lusso, ma al comparto della piccola e media nautica (la più diffusa nei nostri mari) e in particolare alla produzione di gozzi, immortali eredi di una cantieristica nata per la pesca e diventata negli anni un autentico fiore all’occhiello del diporto Made in Italy. Curiosando tra le banchine di Genova si scopre infatti che in casa Mimì, noto marchio napoletano titolare della fortunata linea Libeccio, è allo studio un progetto finanziato dallo Stato e sviluppato con l’Università Federico II per la realizzazione di resine bio dedicate allo stampaggio. “Entro fine anno – ha anticipato inoltre il titolare del cantiere, Domenico Senese - lanceremo il nostro primo gozzo con motorizzazione ibrida, diesel-elettrico, un Libeccio 9.50 che farà da apripista ad una gamma dedicata in particolare al mercato nel territorio delle Cinque Terre, dove è già obbligatorio utilizzare questo tipo di motorizzazione per le attività di charter”.