Avete sentito mai parlare dell’Environmental Impact Assessment? Probabilmente no. E’ la valutazione d’impatto ambientale che viene effettuata anche sulle unità da diporto: una valutazione della eco-compatibilità delle imbarcazioni rispetto a diversi profili, quali ad esempio l’inquinamento acustico o da altre sorgenti inquinanti come quella idrodinamica, oppure l’inquinamento da emissioni sia acustiche che gassose e per i cui componenti la Comunità Europea ha previsto l’obbligo della marcatura CE. Insomma, si tratta di un insieme di regole che tutti i produttori devono osservare, impegnandosi a rispettare una serie di parametri necessari per ottenere il via libera alla commercializzazione.
Gli ultimi saloni nautici hanno evidenziato, da parte dei cantieri, un impegno che va ben al di là del rispetto di queste regole fondamentali: le novità messe in mostra a Cannes, a Montecarlo e a Genova hanno inequivocabilmente dimostrato che la ricerca sui materiali, sulle motorizzazioni e sui carburanti va ben al di là delle regole base imposte dall’Environmental Impact Assessment e che la ricerca avanzata ha fatto passi da gigante sul fronte dell’ecocompatibilità ambientale.
Con un valore aggiunto importante: l’impegno non riguarda solo i grandi cantieri produttori di yacht, super yacht e mega yacht, ma coinvolge anche la cosiddetta “piccola nautica”, quella formata da produttori di barche e gommoni di dimensioni inferiori, prevalentemente attorno ai 10 metri. In Italia rappresentano la maggioranza del parco navigante, e infatti lungo lo Stivale è appena iniziata una serie di saloni nautici (5 in calendario fino a dicembre) dedicati proprio a imbarcazioni di questo tipo.
Al momento è in corso il Salone di Bologna. Ed è qui, sotto le luci del padiglione 14 di Bologna Fiere, che – sia pure in un contesto molto ristretto, e con troppe colpevoli assenze di aziende del settore - sono state presentate alcune interessanti novità destinate a testimoniare l’impegno sul fronte dell’ecocompatibilità. Un impegno – altro aspetto interessante – che vede in prima linea aziende meridionali, in testa campane e siciliane, “scese in campo” non solo sperimentando motorizzazioni elettriche fornite dai principali produttori del settore, ma anche facendo ricerca su nuovi componenti, fino alla produzione di allestimenti che prevedono il riciclo di materiali di scarto e di consumo dettati dalla fast fashion.
Tra le scelte meno impegnative, e ormai molto diffuse, si registra la rinuncia al legno, in particolare al teck abitualmente utilizzato per i calpestii di bordo, a favore di materiali sintetici. Una scelta che fa storcere il naso ad alcuni, ma che viene spiegata con “l’impegno a contrastare la deforestazione del pianeta”, come ha tenuto a spiegare Luca Motisi, titolare del cantiere siciliano Stradivarius, nello stand allestito a Bologna. Se non bastasse, il numero uno dell’azienda di Alcamo (Trapani) ha tenuto ad aggiungere che nel suo cantiere si sta perfezionando una tecnica di costruzione che prevede l’utilizzo di fibra di canapa o lino per ridurre la componente complessiva della vetroresina nella realizzazione delle chiglie. “In tal modo – viene spiegato – si ottiene una riduzione di utilizzo di materiale chimico e si riduce il peso dell’imbarcazione, a tutto vantaggio delle prestazioni”.
Sempre in Sicilia, il cantiere Trimarchi ha realizzato i tessuti di bordo con materiali che derivano dal riciclo di abiti prodotti dall’eccesso di fabbricazione delle aziende di vestiario (fast fashion). Le nostre barche – afferma il responsabile vendite per l’Italia Andrea de Marchi - hanno tutte gli interni realizzati con materiali ecosostenibili e, se non bastasse, è allo studio il riciclo anche per i componenti della coperta, come sedili e rifiniture di tessuto, che devono invece affrontare l’acqua salata del mare”.
Sul fronte dei gommoni si va diffondendo sempre più, come detto, l’impiego di materiali sintetici per i piani di calpestio, soprattutto per le plancette di poppa. Ma in questo caso la scelta viene assegnata al cliente, libero di preferire l’una o l’altra soluzione. E’ invece compito dei progettisti studiare il modo migliore per ottimizzare il “lavoro” delle carene, in modo da “alleggerire” l’impatto con il mare e favorire il contenimento dei consumi. “E’ quanto è stato fatto in particolare per il nostro nuovo 36 Cabin” dice Carolina Amato, di Italiamarine, aggiungendo che “il lavoro non è stato concentrato solo sull’abitabilità e il comfort, ma anche, se non soprattutto, sull’ottimizzazione della carena, condizione indispensabile per migliorare le prestazioni, ottimizzando consumi ed emissioni”.
Stranamente non si sono visti a Bologna produttori di motori fuoribordo, che pure sono “scesi in campo” da tempo, con propulsori sempre più attenti al contenimento delle emissioni e alla salvaguardia dell’ambiente marino, in alcuni casi anche con prototipi di assoluta avanguardia, come il motore a idrogeno presentato a Genova da Yamaha, o come i piccoli Mercury Avator a emissioni zero, o i Suzuki dotati dell’esclusivo dispositivo “lavalacqua”. In compenso, il marchio giapponese ha esibito, sia pure non direttamente, i nuovi fuoribordo DF350 AMD della Stealth Line montati sulla poppa dell’Atlante Z340 presentato da Nautica Mediterranea (che di Suzuki è concessionaria).
Ha invece suscitato molto interesse, come già a Genova, l’annuncio fatto dal cantiere Mimì, pronto a lanciare una versione ibrida del suo gozzo Libeccio Cabin 9.5. Avrà una capacità di navigazione di 4 ore in regime elettrico, ricaricandosi poi in soli 20 minuti attraverso il motore endotermico, e dunque senza alcun intervento esterno, ovvero senza doversi collegare a una colonnina. Il progetto è stato illustrato ai visitatori dello stand bolognese da Maria Rosaria Senese, direttore vendite del cantiere napoletano, la quale ha spiegato che la svolta sul fronte dell’ibrido si è resa necessaria anche per affrontare senza problemi il mercato nella zona delle Cinque Terre, dove sono in vigore ferree disposizioni in materia di rispetto ambientale.
Interessanti, infine, le proposte di pontili galleggianti ecocompatibili, dotati di pannelli fotovoltaici, e di dissalatori arrivate da Sapri, estremo Sud della provincia di Salerno, dove opera la società Sub Service. “I moduli della struttura da 10 metri di lunghezza per 2,5 di larghezza – è stato spiegato dal responsabile della direzione tecnica, Pietro Giannetti - assicurano energia elettrica e acqua potabile con un virtuoso sistema di ottimizzazione del ciclo solare, che consente l’alimentazione delle barche all’attracco”.