L'assemblea Ucina che si è tenuta a Roma

Ucina, la nautica italiana va, ma Cottarelli avverte: «Scenario economico non rassicurante»

di Sergio Troise
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ROMA  Il 2018 si chiude per la nautica con un bilancio positivo legato al buon andamento della produzione, delle vendite, dell’export, dell’innovazione e al successo delle manifestazioni fieristiche, in testa il Salone di Genova (ma non solo). Secondo l’Ufficio Studi di Ucina, i preconsuntivi 2018 rivelano una crescita del 9,5% dell’industria del settore e il 63% delle aziende intervistate prevede un aumento del fatturato nel 2019.

«La ripresa è significativa e consolidata, le aziende hanno nuovamente dato fiducia ai venti favorevoli per il settore, anche grazie agli ottimi risultati di vendita dei principali saloni nautici internazionali, testimoniando il risveglio del mercato europeo ed italiano» ha commentato la presidente di Ucina, Carla Demaria, a margine dei lavori assembleari svoltisi nella Pinacoteca del Tesoriere di Palazzo Patrizi, a Roma.

Nell’incontro di fine anno è stata anche rinnovata la compagine dei consiglieri responsabili di settore e sono state ufficializzate le date del 59° Salone di Genova: l’edizione 2019 si svolgerà dal 19 al 24 settembre. Il direttore commerciale della manifestazione, Alessandro Compagna, ha ricordato che il 96,7% degli operatori ha confermato l’interesse per l’edizione 2019 e che una indagine di Customer Insight realizzata da GRS Research&Strategy ha rivelato che oltre il 78% degli espositori è soddisfatto del posizionamento della manifestazione (incastrata tra i Saloni di Cannes e Montecarlo).

A dire il vero tra le quinte si muove anche una fronda che tifa per un salone nautico a terra, alla fiera di Milano, con spazio dedicato in maggioranza alla “piccola nautica”. Sarebbe interessante registrare il parere del pubblico, ovvero dei diportisti e degli aspiranti tali che affollano le fiere. Ma il settore nautico, com’è noto, pecca di autoreferenzialità, guarda sistematicamente al proprio interno e raramente si preoccupa di sondare i veri protagonisti del mercato, ovvero gli acquirenti di barche e affini. Ciò detto, un dato rassicura comunque la visione genavocentrica di Ucina: l’edizione 2018 del Salone ha registrato 174.610 visitatori, il 16% in più rispetto 2017, di cui oltre 57.000 stranieri.

Nell’assemblea romana si è parlato dunque del futuro di Genova, e pare che si stia muovendo qualcosa per assicurarsi gli spazi in darsena per i grandi yacht, messi a rischio dalla concessione accordata per 20 anni dall’Autorità Portuale alla società di lavori navali Amico (il Salone ha avuto invece l’ok soltanto per 4 anni). Mentre in passato si era parlato di “posizioni inconciliabili” con Amico (anche per l’appartenenza dell’azienda genovese all’associazione scissionista “Nautica Italiana”), pare che ora si ipotizzi un’apertura che possa portare a un accordo possibile (il condizionale è d’obbligo, visto che i lavori si sono svolti a porte chiuse).

Nel pomeriggio si è svolto invece, a porte aperte, un incontro pubblico per esaminare le previsioni del mercato 2019 e, soprattutto, per dedicarsi a un approfondimento sulle prospettive politiche ed economiche del Paese nello scenario internazionale. “Competere con il mondo, confrontarsi con l’Italia, l’industria nautica traccia la rotta”, questo il titolo del convegno al quale hanno partecipato relatori di prestigio come Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio dei conti pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; Matteo Borsani, direttore della delegazione di Confindustria presso l’UE; Ruggero Aricò, vice presidente di Confindustria Assafrica e Mediterraneo; Luigi Paparoni, direttore di Brand Identity Confindustria; Gianni Pietro Girotto, presidente della Commissione Industria del Senato, e Edoardo Rixi, vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Ne è venuto fuori un quadro in chiaroscuro, dal quale emerge che a fronte del valore delle aziende italiane, le difficoltà da superare sono tante, sia a livello locale sia sul piano internazionale. «Nel terzo trimestre 2018 – ha detto Cottarelli - il Pil è calato dello 0,1%, e nel quarto trimestre non migliorerà, a causa delle incertezze del Governo e dell’aumento dello spread. L’effetto immediato – ha aggiunto l’economista - è quello di bloccare gli investimenti per un effetto psicologico di mancanza di fiducia. Qualora l’Europa rallentasse, l’Italia in questo contesto ne subirebbe le conseguenze».

Matteo Borsani, che a Bruxelles svolge il ruolo di anello di congiunzione tra le imprese italiane di Confindustria e la UE, ha ricordato una volta di più i guasti provocati dalla mancanza di stabilità politica del nostro Paese («la Germania è stata rappresentata in Europa da tre premier in 36 anni, Kohl, Shroeder e Angela Merkel, noi ne abbiamo cambiati quattro negli ultimi cinque anni, con Letta, Renzi, Gentiloni e Conte») e dalla conseguente debolezza nelle contrattazioni con l’Europa. Ciò detto, l’esponente di Confindustria ha tenuto a rammentare che l’Italia riesce comunque ad essere protagonista sulla scena internazionale grazie ad aziende radicate su territori virtuosi, che hanno molto in comune con i tedeschi, al punto che l’interscambio tra il Veneto e la Germania equivale a quello tra Germania e Canada.

Guardando al futuro, Borsani ha aperto gli occhi sul fatto che «il prossimo ciclo istituzionale della UE vedrà una parte preponderante del Parlamento provenire da compagini governative euroscettiche». E ha aggiunto: «L’Europa deve rimanere unita perché nel prossimo futuro nessun Paese europeo farà più parte del G7».

Secondo Ruggero Aricò, vice presidente di Confindustria Assafrica e Mediterraneo per gli scenari geopolitici, «nel 2050 la popolazione africana duplicherà e l’Africa sarà il continente del futuro. Dobbiamo capire sin da ora che l’Africa rappresenta un’opportunità da valutare con attenzione sin da ora».

Di futuro ha parlato anche Luigi Paparoni, direttore Brand Identity Confindustria, il quale ha delineato le opportunità offerte da Connext, il primo incontro nazionale di partenariato industriale di Confindustria, aprendo il suo intervento con una citazione di John Nash, premio Nobel per l’Economia nel 1994, secondo il quale «per cambiare bisogna agire insieme. Connessione e futuro – ha spiegato Paparoni - sono gli elementi che caratterizzeranno Connext, parola che sintetizza appunto i due concetti».

Carla Demaria si è unita sulla tematica del futuro ricordando come nel corso del 19° Forum “Avanti Donna” organizzato dalla Fondazione Bellisario (di cui fa parte) sia emerso come la nostra economia sia più fragile di quanto appaia. L’Italia è campione nell’export e questo la posiziona al secondo posto tra le potenze industriali europee e sesta al mondo. «Ma il Made in Italy – ha ammonito la presidente di Ucina – lamenta ritardi nella formazione e nella digitalizzazione delle imprese, è condizionata da vincoli infrastrutturali, da limitate risorse finanziarie e dalla insufficiente capacità di fare rete. C’è dunque bisogno d’interventi per mantenere questa competitività. Partecipare attivamente alla quarta rivoluzione industriale, la cosiddetta Impresa 4.0, non è un’opzione ma una condizione di sopravvivenza. Occorre abbattere i vincoli che impediscono l’adesione al maggior numero di aziende. Per farlo è indispensabile un piano nazionale strutturato e alla cui stesura è indispensabile che l’industria partecipi».

Un tema, questo della collaborazione tra politica e industria, che in un recente passato ha richiesto sforzi notevoli proprio per la nautica, uscita con difficoltà dalla crisi economica post 2008 e dai guasti provocati dal Governo Monti, grazie ad uno sforzo comune, che ha visto imprese e politica sedute agli stessi tavoli di concertazione, alla ricerca di soluzioni utili al comparto e al Paese. Ma sul tappeto ci sono ancora problemi gravissimi, e tuttora irrisolti, per i quali si temono tempi lunghi e ulteriori complicazioni. Su tutti il caso delle concessioni demaniali per i porti turistici (in casa Ucina si parla di “estorsione e rapina di Stato”), che ha già messo in ginocchio la Marina di Rimini e potrebbe mettere nei guai almeno altre 26 strutture in concessione.

Per risolvere il problema (escludere, con un emendamento alla legge di bilancio in linea con la pronuncia della Corte Costituzionale, l’arbitraria rideterminazione dei canoni demaniali prevista nel 2007 per le concessioni rilasciate prima del 2003) occorre che scenda in campo la politica. Ma il vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Edoardo Rixi, presente all’incontro romano, non se l’è sentita di dare assicurazioni. «Siamo riusciti a portare a casa il Registro Telematico che in estate sarà operativo, ma sul fronte porti per ora non posso dare certezze. La revisione dei conti concordata con l’UE potrebbe non giovare alla causa, almeno per il momento. Comunque – ha assicurato Rixi – se non riusciremo a far passare l’emendamento ora, nell’ambito di questa manovra finanziaria piuttosto delicata, mi auguro di riuscirci più in là, nel primo provvedimento utile».

In merito agli aiuti richiesti dal settore per rimediare ai danni provocati dalle mareggiate del 29 novembre scorso, Rixi ha ricordato come sia, nei fatti, «una materia difficile da affrontare, in quanto le strutture private in concessione non possono beneficiare del sostegno assicurato ai porti pubblici».


 

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Sabato 22 Dicembre 2018 - Ultimo aggiornamento: 19:02 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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