MILANO - È morta improvvisamente a Milano Pinuccia Susani storica professionista degli uffici stampa e delle pubbliche relazioni e che per quasi 20 anni ha gestito per conto della direzione comunicazione di Bosch Italia i rapporti con i media e i giornalisti. Dal 2005 era la responsabile dei rapporti con la stampa italiana per il Salone Internazionale dell’Auto di Ginevra. Monzese, Pinuccia Susani univa la competenza per i motori e la tecnologia (parlava e scriveva perfettamente in tedesco e si era formata in Siemens) ad una rara capacità di gestire i rapporti personali a tutti i livelli con la stessa cortesia e con la medesima efficacia. Questo dal giornalista praticante dell’ultimo periodico locale al grande direttore di quotidiano romano o milanese.
Cresciuta professionalmente in tempi in cui l’informazione aziendale viaggiava al massimo via telex o via fax, Pinuccia Susani ha basato il suo successo come “comunicatrice” per il Gruppo Bosch - che oltre all’automotive opera negli elettrodomestici, nel riscaldamento, nell’energia, negli elettroutensili, negli impianti industriali e che negli Anni 90 era presente con Blaupunkt nella telefonia mobile, nei televisori e nel car hi-fi - con una meticolosa gestione dei comunicati stampa. Ordinata come un vero archivista della Baviera, ma puntuale nei ritmi e nei tempi come aveva imparato dal padre apprezzato direttore d’orchestra, Pinuccia Susani movimentava decine e decine di press release, completi di belle fotografie in bianco e nero e di testi perfettamente impaginati (un suo pallino) sulla carta intestata. Dopo la lunga parentesi in Bosch, era diventata l’ambasciatrice del Gims (Geneva Internatonal Motor Show) per il nostro Paese organizzando dagli Anni 2000 in poi una sempre affollata conferenza stampa di presentazione.
Uno scritto della stessa Susani su Marchionne, pubblicato da Il Cittadino di Monza nel 2018, ce ne descrive e ricorda la professionalità e la sensibilità. «Al Salone il gotha automobilistico è sempre presente con presidenti ed amministratori delegati - scrive parlando dell’evento ginevrino - Ho avuto modo di assistere spesso all’andirivieni di giornalisti italiani e di sentirmi spesso dire “Stiamo andando alla conferenza Volkswagen, Mercedes oppure Toyota”. Mi venivano sempre enunciati soltanto i marchi. Un solo nome faceva la differenza tra i giornalisti italiani: “Tra pochi minuti parla Marchionne”. Oppure “Andiamo da Marchionne!”, mi dicevano. Nessuno citava il marchio della Casa, ma tutti facevano riferimento soltanto al nome del suo amministratore delegato. «Ma ho anche un altro ricordo di lui, relativo al primo incontro. Avvenne dieci anni fa al Teatro Regio di Torino, quando lo vidi assistere, solo in una poltrona delle prime file, a un concerto della Banda dell’Arma dei Carabinieri. Mi disse che amava molto i Carabinieri, senza approfondirne il motivo, che ho scoperto successivamente: era figlio di un maresciallo dei Carabinieri, come ripeté con orgoglio filiale in occasione della sua ultima apparizione in pubblico il 26 giugno, quasi avesse voluto rendere onore a suo padre carabiniere, in segno di gratitudine, prima di spiccare il volo verso il cielo, per raggiungerlo».