Auto, fedeltà al brand praticata solo a parole. L'80% degli italiani la dichiarano ma solo il 26% la praticano

Auto, fedeltà al brand praticata solo a parole. L'80% degli italiani la dichiarano ma solo il 26% la praticano

di Giampiero Bottino
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MILANO - Analogamente a quanto accade con frequenza nei rapporti di coppia, anche nella relazione tra l'uomo (o la donna) e la macchina la fedeltà sembra una virtù più millantata che praticata. È quanto emerge dall'edizione 2018 (la dodicesima consecutiva) dell'Osservatorio Auto di Findomestic Banca, società leader in Europa per il credito al consumo inquadrata nel colosso bancario francese Bnp Paribas.

L'ormai tradizionale ricerca orientata a individuare le attitudini dei consumatori e la loro possibile evoluzione si è infatti incentrata quest'anno proprio sulla fedeltà al marchio o al modello ed ha avuto una dimensione globale, con interviste rivolte a un campione di 10.600 consumatori, rappresentativo delle specifiche situazioni dei 15 Paesi a più elevata densità motoristica. Un impegno che ha coinvolto due autorevoli istituti specializzati – C-Ways per le analisi economiche e di marketing, l'indagine sul campo affidata a Kantar Tns – mentre la filiale italiana di Findomestic ha commissionato alla Doxa per un approfondimento relativo al nostro Paese.

Il quadro che emerge, e che ha anche la finalità di fornire ai costruttori e agli addetti ai lavori delle basi su cui costruire efficaci e creative politiche di fidelizzazione, disegna una sostanziale ed evidente dicotomia tra le dichiarazioni degli intervistati – di età compresa tra i 18 e i 65 anni – e i loro comportamenti reali.

Su scala globale, infatti, solo i consumatori giapponesi hanno dimostrato una certa coerenza: al 58% degli intervistati nipponici che si sono dichiarati «molto» o «abbastanza» fedeli corriponde il 50% che negli ultimi anni ha effettivamente acquistato una vettura dello stesso brand. Uno scarto tra promesse e comportamenti reali dell'8%, decisamente contenuto rispetto alla media dei 15 Paesi, dove al 78% dei fedeli auto-proclamati fa riscontro il 38% di quelli che lo sono effettivamenti stati. Percentuali che in Italia sono state rispettivamente dell'80 e del 26%, dato che colloca il nostro Paese nella fascia più alta della differenza tra «il dire e il fare», visto che nella classifica generale solo Portogallo e Cina hanno evidenziato scarti più elevati.

Una dicotomia, come sottolinea Claudio Bardazzi responsabile dell'Osservatorio, peraltro coerente con l'evoluzione di un mercato mondiale che nel 2017 ha registrato 94,5 milioni di immatricolazioni (+2,4% sui dodici mesi precedenti) e che quest'anno è atteso a una crescita analoga, con solo Usa e Regno Unito in controtendenza). Una marcia di avvicinamento ai 100 milioni di nuove targhe messe su strada annualmente propiziata anche dal costante aumento delle «tentazioni» che spingono i clienti a tradire i marchi con sempre maggiore disinvoltura.

Nel novero delle tentazioni non c'è solo la crescita esponenziale dell'offerta, che si arricchisce di nuovi modelli, di nuove tipologie di vetture e persino di nuovi marchi a un ritmo mai registrato in passato, e neppure l'incessate avvicendarsi di campagne promozionali sempre più aggressive, ma anche nell'affermarsi di modalità inedite di avvicinamento al prodotto-auto, puntualmente evidenziate dalla ricerca. Come il noleggio a lungo termine, che nell'ambito del gruppo Bnp Paribas è gestito da Arval. Seppure su valori assoluti ancora marginali (dal 3 al 6%), raddoppia la percentuale dei privati che vi si avvicinano con interesse, attratti soprattutto dall'idea di un canone mensile (che il 73% del campione ritiene accettabile tra i 200 e i 400 euro) fisso che libera dai pensieri di carattere amministrativo e burocratico.

 

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Mercoledì 20 Giugno 2018 - Ultimo aggiornamento: 17:23 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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